La mattina seguente, nonostante non dovesse recarsi al lavoro, si alzò dal letto molto presto.
Aveva dormito poco, troppo scossa dagli avvenimenti di quelle ultime ore per riuscire a rilassarsi come avrebbe voluto, quindi, dopo una bella tazza di latte e cereali, indossò uno dei tailleur che metteva in ufficio, quello rosso, il suo preferito, prese con sé il portatile e uscì.
Doveva reinventarsi le giornate, ora che non aveva più un'occupazione, ma soprattutto doveva trovarsene un'altra, e anche in fretta, dal momento che viveva in un appartamento piuttosto costoso, arredato a sue spese con l'aiuto di un interior designer, a cui non avrebbe mai rinunciato. E poi era abituata al lusso, nonostante non fosse mai stata ricca. Aveva sempre lavorato sodo per potersi permettere una vita agiata, vestiti firmati, la casa dei suoi sogni, vacanze nei posti più suggestivi. Era cresciuta contando sulle sue sole forze, facendo perfino da madre e da padre a sua sorella minore Deborah, dal momento che quelli veri avevano molto più a cuore le rispettive carriere, mai decollate, anziché la famiglia che avevano deciso di creare insieme. Si era presa cura di sua sorella anche durante gli anni del college, pagati lavorando come commessa al Macy's e, in seguito, come ballerina di lap dance in un night club di Brooklyn, fino a che Deborah non aveva trovato l'uomo della sua vita e, alcuni anni dopo, lo aveva sposato a Las Vegas. Adesso viveva a New Orleans con un marito affettuoso e due splendidi e pestiferi gemellini di sei anni che Jennifer adorava.
Voleva rivederli al più presto, proprio come aveva detto a Julian, ma prima era necessario ricomporre quel complicato puzzle che era la sua vita, ancora una volta. Era necessario ritrovare la stabilità perduta e tornare a essere serena, anche se, ne era certa, non sarebbe stato semplice. Nulla lo era mai per lei.
Varcò la soglia del suo bar preferito, per fortuna non troppo affollato a quell'ora, e prese posto a un tavolo di fianco alla vetrina. Poi ordinò un caffè lungo, infilò un paio di occhiali da vista con la montatura nera e spessa e accese il PC. Un attimo dopo era già intenta a sorseggiarlo e a spedire, al contempo, il suo curriculum a tutte le aziende che cercavano impiegati da assumere.
«Ehi, Jenny! Non lavori oggi?»
La voce squillante di Sophie, figlia adolescente della sua vicina di casa, la indusse a sollevare gli occhi dal monitor. La ragazza si era accomodata di fronte a lei, masticava un chewing-gum alla fragola - sì, l'odore che emanava era inconfondibile - e si rigirava una ciocca di capelli fucsia tra le dita. Aveva ordinato un frappè che stava bevendo dalla cannuccia nonostante la gomma.
«Oggi no» le rispose sospirando. Poi si sfilò gli occhiali e li posò sul tavolo. «A dire il vero, non lavoro più per la All for you. Mi hanno licenziata» ammise con una scrollata di spalle.
«Davvero? Che hai combinato?» Sophie fece un palloncino con il chewing-gum e la fissò incuriosita.
«Ho fatto un casino con lo shop online, tutti i prezzi dei prodotti erano sbagliati e il mio superiore non me l'ha perdonata.»
Sophie inarcò un sopracciglio. «Potevi sistemarli, che cavolo! Mandarti via così, per una sciocchezza, dopo tutti questi anni!» esclamò, contrariata.
«Non è il primo errore che faccio, a dirla tutta. Ho la testa da un'altra parte e Kayla è stata fin troppo paziente con me nell'ultimo periodo.»
«E a che pensi? Qualcosa ti turba?»
Jennifer sentì le guance farsi calde. «Niente di importante» tagliò corto. Non intendeva confidare le sue pene d'amore a una sedicenne.
Sophie annuì, ma non sembrava convinta. «Quindi adesso che pensi di fare? Sei già in cerca di un nuovo lavoro?» chiese indicando col mento il PC.
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Blue velvet
ChickLit#2 || The Colors of Desire Series || Jennifer Clark e Andrew Keller sono come il giorno e la notte. Nulla li accomuna, a parte le sventure in amore e l'antipatia reciproca, eppure il destino continua a metterli l'uno di fronte all'altra. Lei è decis...