23. Dream a little dream of me

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Quando riaprì gli occhi, la mattina seguente, il suo primo pensiero fu: l'ho fatto davvero?

Jennifer era stesa accanto a lui, il volto sul suo stesso cuscino, le gambe infilate tra le sue. Teneva gli occhi chiusi, stava ancora dormendo, la sentiva respirare, un respiro che gli accarezzava la pelle, lento, regolare, che infondeva calma.

Era serena, e sorrideva.

Anche lui sorrise, non poteva fare altrimenti di fronte allo spettacolo che la ragazza, inconsapevolmente, gli stava offrendo. Un assaggio di ciò che, da quel momento in poi, sarebbe stata la sua vita, una vita non più fatta soltanto di lavoro, ma da condividere con qualcuno. Di nuovo.

Restò immobile, sul fianco, a guardarla dormire. Nel mentre, continuava a chiedersi se fidarsi del suo cuore fosse stata la cosa giusta, se non avrebbe finito per pentirsene, prima o poi. Di nuovo.

Perché se l'immagine di Jennifer, nuda e bellissima tra le lanzuola di seta grigia, riusciva a mozzargli il fiato e a fargli desiderare di restare in quel letto per l'eternità, realizzare di aver commesso un errore - l'ennesimo - o di non essere più in grado di amare come sapeva fare un tempo lo mandava letteralmente fuori di testa.

Eppure, dopo averla vista fuggire via dalla stanza d'albergo, sconvolta e con gli occhi pieni di lacrime, dopo essersi reso conto che, stavolta, faceva sul serio, che non gli avrebbe più permesso di giocare con il suo cuore - e tra le sue gambe - non aveva avuto alcun dubbio: non poteva lasciare che finisse così, non poteva rinunciare a lei e a come lei lo faceva sentire.

Ed era corso a riprendersela, si era tolto la maschera e le aveva confessato il suo amore, lo aveva fatto d'istinto, cosa a cui non era per niente abituato.

Lui sulle cose ci doveva riflettere. Aveva rimuginato per settimane, prima di chiedere a Marlene di sposarlo, probabilmente avrebbe dovuto prendersi più tempo anche adesso, se non fosse che di tempo, Jennifer, gliene aveva concesso anche troppo.

Prendere o lasciare, si era detto. E alla fine aveva scelto di rischiare.

Stare con Jennifer, a ogni modo, era il suo più grande desiderio, restava soltanto da scoprire se sarebbe riuscito nell'impresa.

La ragazza si mosse piano, mugugnò qualcosa di incomprensibile, poi riaprì gli occhi e andò in cerca di lui.

«Che bel risveglio. Oserei dire... il migliore della mia vita...» disse con la voce impastata dal sonno, e si fece ancora più vicina.

Andrew l'accolse tra le sue braccia, le baciò le labbra e poi la fronte, ma non replicò.

«Il tuo letto è uno sballo, è comodissimo. Potrei farci l'abitudine, sai?»

Lui, con i capelli biondi e profumati di miele a solleticargli il mento ruvido, rise appena. «Nessuno ti impedirà di dormirci tutte le volte che vuoi.»

Jennifer sollevò la testa dal pettorale su cui era adagiata e lo guardò inarcando un sopracciglio. «Sai che non resterei per dormire...»

«Non ti piace dormire con me? »

«Mi piace, ma preferisco molto di più fare questo...»

La ragazza rise maliziosa, poi, senza smettere di guardarlo negli occhi, cominciò a tracciare una scia di piccoli baci dallo sterno all'addome di Andrew fino a raggiungere l'erezione mattutina più vigorosa che avesse visto.

Strinse l'asta turgida nella mano destra e si leccò voluttuosamente le labbra, rivelando, senza alcun pudore, tutto il desiderio che aveva di assaggiare il sapore di Andy ancora una volta.

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