24. There's no time for us

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La mattina delle nozze, negli Hamptons, il sole brillava alto nel cielo e l'aria era più calda e afosa del solito.

Daisy Keller aveva detto sì dinanzi a circa duecento invitati, e ora sorrideva, bella più che mai, all'indirizzo del fotografo che la stava immortalando, insieme ad amici e parenti, nel giardino della villa dei suoi genitori, dove, tra siepi adornate di nastri di tulle e cespugli di magnifiche rose bianche, era stato allestito il banchetto nuziale.

Era davvero raggiante la sposa, e Jennifer non poté fare a meno di immaginarsi al suo posto, bellissima e felice proprio come lei, salvo poi scacciare via quel pensiero sentendosi decisamente stupida.

Aveva un fidanzato, adesso, finalmente le cose sembravano aver preso la piega giusta anche per lei, dopo mille delusioni e storie sbagliate, ma di sicuro non era il caso di pensare al matrimonio, non di già, soprattutto dal momento che, probabilmente, Andrew di compiere il grande passo non aveva affatto voglia, non dopo il fallimento delle sue precedenti intenzioni.

E, purtroppo, non poteva biasimarlo.

Osservò ancora un po' Daisy e l'abito a sirena bianco avorio che indossava, e sospirò. La ragazza somigliava molto al fratello maggiore e, da come gli aveva sorriso e cercato il suo sguardo per quasi tutto il tempo della cerimonia, doveva anche volergli un gran bene.

Lui, dal canto suo, non l'aveva persa di vista nemmeno un secondo e anche adesso la teneva d'occhio a distanza e si aggirava per il giardino con fare frenetico per sincerarsi che tutto fosse in ordine, che il buffet fosse sempre fornito, che ci fosse champagne per tutti e che i camerieri, e il dj, svolgessero al meglio il loro lavoro.

Doveva tenerci davvero molto a quella festa, si disse Jennifer, malcelando un lieve dispiacere, dato che, per via dell'impegno che stava investendo nella riuscita dell'evento, si erano scambiati sì e no qualche parola.

Non voleva mostrarsi contrariata per quelle attenzioni che, fino a quel momento, l'uomo non le aveva rivolto, ma, allo stesso tempo, sarebbe stato da ipocrite fingere di non sentirne la mancanza, non dopo aver vissuto i giorni precedenti quasi sempre tra le sue braccia, a fare l'amore ovunque si potesse, a sentirsi dire quanto fosse speciale e lui un idiota per non averlo compreso prima.

A Jennifer sembrava ancora di sognare, a volte, soprattutto quando di notte poteva stringersi a Andrew e ascoltarne il respiro, il battito del cuore, addormentarsi stretta nel suo abbraccio e non più tutta sola e depressa in un letto troppo grande per lei.

L'uomo, oltretutto, sembrava essersi trasformato, di punto in bianco, in tutto ciò che aveva sempre desiderato: era attento e premuroso, rideva sempre più spesso, non la stuzzicava né prendeva in giro come, invece, faceva fino a qualche settimana prima, cercava di trascorrere con lei gran parte del suo tempo libero, cucinava per lei, le faceva regali.

Jennifer sperava con tutta se stessa che si fosse allontanato dal passato in maniera definitiva, che Marlene fosse, ormai, soltanto una parentesi spiacevole della sua vita, che fosse realmente pronto a ricominciare, a darsi un'altra possibilità e a volerla dare anche alla loro relazione che, almeno per come era cominciata, pareva promettere bene.

Tuttavia, nonostante Andrew fosse reale come lo erano le sue attenzioni, i suoi baci, la sua pelle calda sotto le lenzuola e il suono profondo e sensuale della sua voce, Jennifer faticava non poco a credere che tutto fosse vero, probabilmente perché il passato, alla fine, non aveva fatto sconti nemmeno a lei.

Ecco perché il fatto che la stesse ignorando, seppur in buona fede, le stava facendo venire l'ansia.

Mosse qualche passo sui tacchi delle sue Manolo Blahnik e "rubò", con un gesto deciso ma elegante, un calice di champagne dal vassoio di un cameriere di passaggio. Forse le bollicine l'avrebbero aiutata a non pensare, e, prima o poi, Andrew sarebbe corso da lei per chiederle un ballo.

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