Fare i conti con il passato

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Alec si stiracchiò sulla poltrona in pelle del suo ufficio,il muscoli del collo si tesero,per poi rilassarsi un momento dopo. Era stremato. Da tre notti non chiudeva occhio,e le chiamate insistenti di sua madre non lo aiutavano a diminuire quel dolore martellante alle tempie. Sospirò e si accasciò sulla scrivani in mogano. Non sapeva più cosa fare per rimettere al suo posto quella donna,farle capire una volta per tutte che non poteva più mettere bocca nella sua vita,in particolar modo nella sua vita privata. Era grande abbastanza da riuscire a trovarsi una donna per conto suo,senza il bisogno insistete di organizzare appuntamenti al buio,incontri con figlie di noti imprenditori,solo per far gustare a sua madre le luci dei riflettori per alcune ore.

Il bussare alla porta lo riscosse da quei pensieri,borbottò un "avanti" poco garbato,e si raddrizzò sulla sedia. Il volto del suo socio,nonché migliore amico Caleb entrò nel suo campo visivo,mosse alcuni passi e chiuse la porta alle sue spalle,la faccia una maschera di freddezza che Alec aveva avuto il dispiacere di vedere poche volte nella vita. 

- Amico,che succede?- domandò infatti nel vederlo così serio.

Caleb lo fissò,lo sguardo duro e la mascella contratta. - Cosa cazzo è successo tra te e Béatrice?-

Alec gelò,proprio come quella sera di tre giorni prima. Il cuore prese a battergli prepotente nel petto,le mani si chiusero a pugno, e la voglia di prendersi a schiaffi da solo era cosi tanta,che dovette stringere la presa sui braccioli della poltrona.

- Caleb,io...- cercò di spiegare.

L'amico alzò una mano in aria,fermandolo. - Voglio sapere tutto Alec. Gwen e Béatrice non hanno aperto bocca,ma sò che qualcosa è successo,testimoni anche le parole che lei ti ha sputato addosso venerdì sera davanti a noi. Perciò ora mi spieghi come facevi a conoscerla e che cazzo le hai fatto!- 

Alec deglutì un fiotto di saliva. Un senso di nausea a bruciargli lo stomaco e la gola. 

- Io a Béatrice la conosco dai tempi del liceo. Ero un ragazzino problematico,la situazione in casa era delle peggiori. Papà era sempre fuori per lavoro,mamma si sentiva trascurata e non faceva altro che ingozzarsi di antidepressivi e urlarmi contro che ero un fallito,come mio padre... ero pieno di cosi tanto odio dentro di me che non riuscivo mai a trovare la giusta valvola di sfogo per liberarmene. Avevo quindici anni quando la conobbi per la prima volta. Era il nostro primo anno di liceo,e lei a quanto dicevano in giro si era appena trasferita dalla Francia... camminava da sola nei corridoi,aveva i capelli legati in due trecce lunghe e rosse,gli occhiali grandi appoggiati sul naso ed era... era tanta... era sovrappeso. Pesava più di cento chili...- si fermò,la bile che le stuzzicava le papille gustative,obbligandolo a buttare giù un sorso di caffè zuccherato.

Caleb lo guardava,gli occhi sgranati dalla sorpresa nel sentire che Béatrice, un tempo, era sovrappeso e non magra e con un fisico scolpito come lo era ora. 

Alec prese dei respiri profondi,la vergogna a scorrergli addosso come lava infuocata. - Quando ho visto che dopo una settimana ancora non aveva fatto amicizia... io... io mi sono scagliato su di lei-

- Che cazzo vuol dire che ti sei scagliato su di lei?- ringhiò Caleb,stringendo gli occhi in due fessure.

- Sono diventato il suo bullo... - sussurrò lui,abbassando lo sguardo pieno di imbarazzo e vergogna. 

Caleb quasi si strozzò con la sua stessa saliva. - Che cosa?- 

- Inizialmente mi divertivo a stuzzicarla: la prendevo in giro per le trecce,per gli occhiali grandi,per i vestiti osceni che indossava... lei era sempre con il viso rivolto verso il basso,il suo sguardo che non incontrava mai il mio... mi faceva incazzare il fatto che non reagisse,che non provasse a ribattere ai miei insulti. Allora ho iniziato a rubarle i soldi per la merenda,lei non mangiava mai in mensa,si comprava sempre qualcosa alle macchinette,cosi io gli prendevo i soldi e la lasciavo senza mangiare... se non aveva niente la obbligavo a farmi i compiti di tutta la settimana. I miei amici mi seguivano come cani,li dentro ero una specie di Re: ogni parola che pronunciavo era legge,nessuno mi contraddiceva, e lei era troppo impaurita e debole per ribellarsi- 

- N.E.R.D. - Nata. Emarginata. Rigenerata. Desiderata.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora