Capitolo 1

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Sono sempre stata così. Penso e ripenso a qualcosa finché non ne posso più. Questa volta è il turno dell' aereo. È da prima di salire qui sopra che ci penso.

"Ce la farà questo aggeggio a riportarmi sulla terraferma sana e salva?" Rimbomba nella mia mente.

Guardo fuori dal finestrino mentre penso. Mi aiuta a calmarmi, a pensare ad altro.

Una parte di me ricorda che non è la prima volta che prendo l'aereo.

Non so perché ma il viaggio verso Seattle non mi ha messo così tanta ansia anzi, è stato come se quel viaggio mi avesse tolto un enorme peso di dosso.

Adesso non riesco più a capire per cosa sono preoccupata, per il viaggio in aereo oppure la sua meta, New York.

New York è la città in cui ho passato tutta la mia vita eppure mi fa uno strano effetto sapere che presto la rivedrò.

I miei pensieri vengono interrotti da una voce stridula, a me perfettamente familiare, che urla il mio nome.

«Haley! Haley! Dove sei?! Haley!» urla mia sorella mentre passa accanto alle file di posti prima della nostra.

Decido di alzarmi per farle vedere dove siamo evitando così che mi metta ancora in imbarazzo.

«Haley! Ha-» urla ancora finché non le copro la bocca con la mano in segno di stare zitta.

Appena compio il gesto sgrana gli occhi, probabilmente sorpresa. Quando capisce che sono io si calma e sento i suoi muscoli rilassarsi.

Avvicino l'indice della mano libera alla bocca per farle segno di stare ancora zitta. Allontano l'indice dalla bocca per indicare i nostri posti: 301 e 302.

Lei scappa dalla mia presa e va a sedersi al suo posto solnziosamente.

Prima di seguirla riesco a notare una signora anziana che mi guarda malissimo, all'inizio non  riesco a capire perché ma poi mi rendo conto che mentre io e mia sorella discutevamo stavamo per saltarle addosso.

Le mimo uno "scusi" con la bocca e lei ricomincia a lavorare a maglia indifferente.

Mi dirigo al mio posto con cautela e vedo mia sorella già seduta che aggeggia col computer.

Appena mi siedo tiro in sospiro di sollievo e chiudo gli occhi.

Sento mia sorella soffocare una risata e riapro gli occhi di scatto. Lei porta una mano davanti alla bocca e le scappa una risatina ottenendo un' occhiataccia da parte mia.

Mi guarda negli occhi e leggo puro divertimento nei suoi. Ride di nuovo ma più forte.

«Hai intenzione di far sapere a qualcun altro, oltre alle cinquanta persone qui presenti, il mio nome?» le sussurro.

Lei scuote la testa divertita e torna a dedicarsi al suo computer.

Mi giro dall'altra parte, quella del finestrino e torno ai miei pensieri.

Tutto si ripete nella mia mente. Dai miei pensieri sul viaggio all'accaduto pochi minuti prima.

Intanto continuo a scrutare attentamente tutti gli aerei presenti su quella pista di atterraggio, da quelli fermi a quelli in partenza.

Mi soffermo su un pensiero dei tanti che mi passano per la mente. Quello di New York e del suo stano effetto su di me.

Sento un brivido percorrermi la spina dorsale. Non so cosa mi succeda, ogni volta che penso a New York sento che qualcosa non va. Ignoro questo pensiero e mi siedo composta sul sedile, distogliendo lo sguardo dal finestrino.

La vista diventa sempre più offuscata finché Morfeo non mi accoglie tra le sue braccia.

Vedo lì davanti a me una ragazza che piange. I lunghi capelli biondi le ricadono delicatamente sulle braccia. Le ginocchia strette al petto con le braccia appoggiate sopra. Mi avvicino a lei con fare delicato mentre lei continua a piangere. Quei singhiozzi. So a chi appartengono. Mi inginocchio davanti a lei ma è come se non mi vedesse. Singhiozza ancora e, ogni volta mi spezza di più il cuore. La scruto attenta, in ogni minimo particolare. Sento dei passi dietro di me, quindi nella direzione della ragazza. Dopo poco non riesco più a sentirli, la persona artefice di quel rumore sull' asfalto si è fermata a pochi metri di distanza dalla ragazza e da me. Mi giro indietro di scatto e vedo la corporatura massiccia di un ragazzo. Non riesco a vedere la faccia per il sole acciecante che fa capolino dietro la sua testa. Noto che non mi ha rivolto nemmeno uno sguardo, probabilmente non mi vede, come per la ragazza. Il mio sguardo si posa di nuovo sulla ragazza che, pian piano smette di singhiozzare. Lentamente alza la testa dalle braccia poggiate sulle ginoccia e finalmente ho la conferma di chi sia. Quella sono io. Sono io. Ne ho la certezza.
Sono io che piango appoggiata a una parete. Sono io che guardo quel ragazzo proprio lì davanti.
Sono i miei occhi chiari che lo scrutano attentamente sprizzando tanta tristezza sottoforma di lacrime.
Mi giro di nuovo verso il ragazzo ma, essendo sempre inginocchiata davanti a quella che dovrei essere io, non riesco a vedere la sua faccia. Il ragazzo è immobile e anche i suoi occhi, per quel poco che si intravede, sembrano tristi. Mi giro di nuovo verso la ragazza che dovrebbe essere me e vedo che raccoglie la borsa e si alza appoggiandosi al muro. La seguo con lo sguardo mentre si sistema la borsa in spalla e, a passo svelto, costeggia il muro per andarsene. Mentre sta per girare l'angolo mi accorgo che il ragazzo non è più dietro di me ma che la sta seguendo a passo svelto con una mano tesa davanti, come se con quella potesse pernderla e riportala da lui. La ragazza intanto cammina a passo svelto, con una mano sulla tracolla della borsa e l'altra che si asciuga le lacrime, sporcandola di trucco colato. Lui la segue ma pian piano il suo passo rallenta fino a fermarsi. Io che intanto ho seguito i due ragazzi continuo a ripensare a quel che ho visto. Io che piango accasciata a quel muro. Io che alla vista di quel ragazzo, scappo via in lacrime. Io che non mi giro mai indietro. Io che sono seguita da una persona che probabilmente conosco e che sembra più affranta di me.
Vedo il ragazzo, ancora di spalle, andare verso il muro alla sua sinistra. Appoggia le mani sul muro di mattoncini rossi e lo sento singhiozzare. Finalmente riesco a vederlo in faccia. È un ragazzo alto, moro e dallo sguardo così profondo da potersi perdere nei suoi occhi. Due occhiaie non troppo profonde gli incorniciano le palpebre inferiori ormai bagnate dalle lacrime che scendono. Il suo sguardo, come indescrivibile. Rabbia, tristezza delusione si leggono nei suoi occhi. Nella mia mente caos più totale. Le domande continuano ad affiorarvi una dopo l'altra. Troppe.
Il ragazzo intanto, nel piangere, si accascia a terra. La schiena contro il muro, una gamba distesa, l'altra piegata. Il gomito appoggiato sul ginocchio e la mano del medesimo braccio che sorregge la testa. Mentre mi avvicino vedo che l'altra sua mano passa lentamente tra i capelli arruffati. Mi inginocchio davanti a lui mentre scruto ogni angolo del suo viso e della sua espressione affranta. Sposta il gomito dal ginocchio e vi posa la mano. Con la coda dell'occhio vedo due lacrime cadenti da entrambi gli occhi. Non so chi sia eppure provo pena per lui. La parte buona di me si dispiace per lui. L' altra pensa al motivo per il quale sono scappata da lui piangendo. Molte altre lacrime scendono dai suoi occhi e sembrano non volersi fermare. So che non mi vede.
Che sto sognando. Che quello che sto sognando, però, è,o è stato, reale. La parte buona di me ha come il sopravvento e una mia mano si posa sulla sua appoggiata al ginocchio. Lo sento sussultare, come se avesse sentito. Come se in quel momento il sogno non fosse più tale. Vedo il suo sguardo alzarsi per cercare ciò che in realtà non vede: me. Quella che sogna. Quella che non sa la realtà dei fatti. Quella che vorebbe saperla. Vengo colpita da un forte mal di testa improvviso e stacco la mia mano dalla sua. Scatto in piedi tenendo la testa tra le mani. Inizio a barcollare e vedo il ragazzo ancora con una lacrima che gli riga la guancia destra. Il mal di testa diventa più forte finché un lampo di luce non invade i miei occhi.

Mi sveglio di soprassalto e sono ancora in aereo sul mio comodo sedile rivestito di tessuto blu numero 301.

Mi giro alla mia sinistra e vedo mia sorella accoccolata su se stessa con le cuffiette nelle orecchie.

Mi giro di scatto dalla parte opposta e vedo un panorama bellissimo scorrere fuori dal finestrino.

—Spazio autrice—
Ciao a tutti questi era il primo capitolo di Remember, il mio primo libro. Spero che vi piaccia e scusatemi in anticipo per eventuali errori. Comunque sono Alessia, ho 14 anni e frequento il liceo classico.
Detto questo... ci vediamo al prossimo capitolooo.

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