Capitolo 13

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Filo all'entrata ormai quasi deserta ed entro. Corro più che posso fino alla classe di matematica. I capelli mi pizzicano il viso mentre corro. Da lontano vedo la professoressa di matematica camminare a piccoli passi per la gonna blu notte che, a parer mio, è troppo stretta. Il bidello cattura la sua attenzione. I due cominciano a parlare di non so cosa, la mia occasione per arrivare in tempo in classe.
Vedo la classe 28B con la porta ancora spalancata e mi fiondo dentro.
Osservo quali sono i posti ancora liberi, solo uno in prima fila accanto ad un ragazzo chino sotto il banco a raccogliere qualcosa. Mi siedo e sistemo le mie cose. Quando ho appoggiato l'astuccio e il quaderno sul banco il ragazzo accanto a me si rimette composto a sedere e finalmente capisco che lo conosco già.

«Ben!» dico sorridente.

«Chi si rivede.» mi saluta lui. Chiacchieriamo un po' del più e del meno. È un ragazzo molto timido. Ma da quando ci conosciamo un pochino meglio è davvero simpatico.

L'arrivo della professoressa di matematica interrompe la nostra conversazione.
Sono pronta ad un'altra ora.

Cinquanta minuti dopo la mano mi fa veramente male. Non mi sono mai fermata dallo scrivere appunti e adesso non ce la faccio più.
Cerco di minimizzare le scritte il più possibile, così da avere una pausa ogni tanto.
La professoressa ferma la sua spiegazione per bere e io ne approfitto per mettere la mia roba in borsa di nuovo. Prima che possa ricominciare a spiegare la campanella suona e io prendo il quaderno e la penna in mano e mi alzo in piedi. Esco fuori dalla classe dopo aver fatto cenno a Ben di vederci fuori dall' aula.

Pochi passi mi separano dall'uscita da quest'agonia che tutti chiamano lezione di matematica.
Ben arriva dietro di me pochi secondi dopo. Andiamo verso i nostri armadietti facendo qualche commento e battutina sulla lezione appena svolta. Raggiungiamo i nostri armadietti e ognuno prende i libri della lezione successiva.

Dietro di me sento il ticchettio di quelli che mi sembrano tacchi. Mi volto velocemente provocando la curiosità di Ben.
Michelle cammina per il corridoio come una diva di Hollywood. Fa passetti piccoli e veloci, così che chiunque si trovi nel raggio di trenta metri senta i suoi tacchi a spillo sulle piastrelle del corridoio. Mi sta passando accanto, mentre mi squadra dalla testa ai piedi, quando si ferma con entrambe le mani sui fianchi. 
Mi squadra di nuovo, come se non potessi vederla. 

«Allora, Haley...» pronuncia il mio nome quasi schifata. «Trovato il coraggio di venire alla festa da sola?» sghignazza.
«Oppure hai troppa paura?»

«Di cosa dovrei avere paura? Di te? Non farmi ridere» le rispondo. Le si legge in faccia che non si aspettava una risposta così veloce.

«Quindi verrai con qualcuno? Dimmi, chi è lo sfigato disposto a fare questo sacrificio? Uno del club di scacchi?»

«No. E comunque non sono tenuta a dirlo a te.».

«Peccato. Sono proprio curiosa di sapere chi sia il poveretto» incrocia e braccia sotto il seno.

«Piuttosto mi dispiace per il tuo povero ragazzo, a cui scoppieranno i timpani a starti accanto.» dico e sbatto l'anta del mio armadietto.

Lei va su tutte le furie. Stringe fortissimo i pugni e digrigna denti. Le guance pian piano assumono un colorito rossastro.
«Il mio ragazzo non si tocca» borbotta.
Le sorrido falsamente e faccio pochi passi in un altra direzione. Ben, che intanto soffoca una risata mi segue. Dietro di noi si sente un tonfo acuto. Giro leggermente la testa e si sente un altro tonfo. Michelle sbatte ripetutamente il piede a terra frustrata.
«Me la paghi Moore! Stanne certa!» urla e si sente il ticchettio delle sue scarpe super lucide di nuovo. Non capisco perché si sia arrabbiata così tanto: una come lei avrebbe trovato una risposta alla mia affermazione in un nanosecondo.

«Wow, non pensavo fossi così coraggiosa. Insomma, hai sfidato Michelle De Vito. Ce ne vuole di fegato.» ridacchia Benjamin.

«Non capisco perché tutti abbiano paura di lei. È una ragazza come tante. Non lo vedo questo suo potere.» rifletto ad alta voce.
Un'idea mi balena nella mente. Guardo Ben e sorrido. Lui si incuriosisce e mi guarda.
«Non mi piace quel sorriso.» afferma.

Io ridacchio, se sapesse quale è la mia idea avrebbe un motivo in più per disprezzare il mio sorrisetto.
«Non fai parte del club di scacchi, vero?»

«No, non più. Che vuoi dire?»

«Pensavo che potremmo andare insieme alla festa di Yarden Lewis. Come amici, ovvio.» dico e sorrido maliziosamente.

«Non lo so...» dice.

«Dai, ti prego!», sbatto ripetutamente le palpebre. Continuo a pregarlo finché non cede.

«E va bene! Ma lo faccio solo perché me lo hai chiesto così e perché neanche io sopporto Michelle.»
Si arrende.

«Grazie! Grazie! Grazie!» gli dico euforica.

*****

La campanella segna la fine dell' ultima ora, che ho passato a seguire la lezione di letteratura. Raccolgo in fretta le mie cose e le rimetto nella borsa. La lezione senza qualcuno che conosca accanto è dieci volte più noiosa.
Esco in fretta e furia dalla classe. Mentre percorro il corridoio la mia mente si affolla di troppi pensieri. Qualche pensiero sulle lezioni di domani, qualcuno sulla festa e qualche altro sul vestito che vorrei. Poi la mia mente si trasporta da sola alla mia migliore amica. Stamattina a matematica non l'ho vista.

Senza che me ne fossi accorta mi ritrovo davanti al mio armadietto. Inserisco al combinazione ma questo si blocca, di nuovo. Prima che possa imitare le mosse che Ben ha fatto ieri, un rumore metallico suona alla mia destra. Il tipo che stava picchiando quel ragazzo ieri pomeriggio, Wesley, ha appena appoggiato il gomito sull' armadietto del mio amico.
«Serve aiuto?» mi domanda.

«No, grazie.» gli rispondo guardandolo un momento negli occhi. Imito i movimenti di Ben, uno verso l'alto e uno di lato, tenendo in mano la chiusura dell'armadietto. Quest' ultimo magicamente si apre, permettendomi di prendere i libri c'è mi servono per i compiti a casa.

«Allora...» mi dice Wesley. Mi guarda negli occhi. I suoi sono di un blu elettrico davvero bello.
«Non mi hai ancora detto come ti chiami.»

«E io ti ho già detto che non ti riguarda.» chiudo l'armadietto e mi dirigo all'uscita con nonchalance. Sento dietro di me dei passi, mi sta seguendo.

«Sì che mi riguarda. Sai, non sono tutte carine come te in questa scuola.» mi volto in tempo per vedere il suo sorriso smagliante. Sbruffone.
Mi ha appena fatto un complimento, lo so, ma è la stessa persona che meno di ventiquattro ore prima stava pestando un ragazzo senza motivo.

«Haley», il mio tono non lascia trasparire nessuna emozione, gelido come volevo.

«Io sono Wesley.» sorride di nuovo, mostrando la sua perfetta dentatura bianca smagliante.

«Lo so. Me lo ha detto Julianne.» gli rispondo.

«Ah» è l'unica parola che dice.
«Stavo pensando... conosci Yarden Lewis?» mi fa a un certo punto, quando sto per andarmene.

«Certo.» il tono è un po' meno gelido di prima ma so dove vuole andare a parare. La festa di stasera.

«Be' vedi... da una festa stasera, a coppie. Mi chiedevo se ci fossi anche tu.»
Annuisco per indurlo a continuare.
«Sei libera o ti accompagna qualcuno? Pensavo che potrei accomp...»

«Mi dispiace per te ma ho già chi mi accompagna» lo interrompo.
Mi trattengo dal ridergli in faccia. È esilarante. Davvero pensa che posa andare con lui, una persona che conosco da appena due minuti, e che ha picchiato un ragazzo senza motivo, possa andare con lui a una festa?
Mi volto, nella speranza che stavolta non mi segua, per uscire finalmente da questa scuola.

«Be' allora come vediamo là!» riesce a dire un secondo prima che non riesca più a sentire la sua voce dalla lontananza.
Scuoto la testa divertita e mi lascio scappare una risatina.

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