Capitolo 12

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«Devi assolutamente venire!» mi urla Chloe al telefono.

«Te l'ho già detto, non ho intenzione di essere l'unica sola lì in mezzo.» ribatto. In effetti è vero, sarei l'unica a non avere un accompagnatore, e so già dal mio carattere che me ne andrei subito.
«Ma perché la festa di Yarden deve essere a coppie?» borbotto.

«Credo... credo volesse "essere il mio cavaliere" per ufficializzare l'inizio della nostra relazione...» dice pensierosa.
«Che cosa devo fare per convincerti?» torna subito in sé

«Non ho intenzione di andarci»

«Facciamo così, tu domani alla festa ci vieni. Quando ti stai annoiando o vuoi andartene me lo dici e ce ne andiamo. Ti va?»

«Non lo so» sbuffo.
«Non sei tenuta a farlo, insomma dovresti passare la serata col tuo ragazzo senza pensare a me.»

«Sono sicura c'è Yarden capirà. Ti prego.» dice allungando la e in prego.

Sospiro pesantemente. Non mi va di andare a quella festa, ma niente mi vieta di filarmela senza avvertire Chloe. Così io me ne andrei e lei rimarrebbe lì, come è giusto che sia.
«D'accordo».

Dall'altra parte della linea si sentono svariati urletti. «Perfetto, domani pomeriggio andiamo a comprare un vestito per te e uno per me. Ti faccio trucco e capelli! Sarai il mio manichino!» urla.

Io mi limito a roteare gli occhi. Ci salutiamo e finalmente chiudo la chiamata. Mi butto sul letto a peso morto.

Dovrei uscire per rilassarmi un po'. Magari mi faccio un giro. Prendo velocemente la borsa e mi fiondo fuori dalla stanza. Scendo le scale velocemente e avverto mia madre. Ripensandoci, la sera in cui sono svenuta a casa di Yarden non ha fatto tante storie.

Chiudo la porta di casa. Tiro fuori dalla borsa le cuffiette e le collego al telefono. Non appena indosso gli auricolari mi sento già in un altro mondo.

Il sole è ancora lassù, dal momento che l'estate non è ancora finita. Mi godo la sensazione del calore che penetra nella mia pelle.

Cammino verso una meta indefinita. Le gambe vanno da sole. I passi risuonano uno dietro l'altro tra le note delle canzoni.
Quando finalmente torno al mondo reale, sono già davanti alla scuola. Qualche volta potrei venirci anche a piedi.

Da lontano si vede un gruppo di ragazzi vestiti tutti con la felpa della squadra di football della scuola. Tutti tranne un ragazzo bassino, lui ha degli occhiali squadrati e una camicia bianca veramente orribile.
Pochi secondi dopo quello bassino è già a terra, spintonato da quelli della squadra di football.
«Fermatevi!» urlo. Non mi ero neanche accorta di essermi avvicinata al gruppo.

«Fermi!» urla un'altra voce femminile da dietro alcuni ragazzi. Questi si aprono come le acque nella bibbia mostrando la figura snella di una ragazza. Gli occhi marroni sembrano preoccupati e si spostano da me al ragazzo steso a terra. Insieme lo aiutiamo a rialzarsi.

Lui si aggiusta gli occhiali sul naso e ci fissa timoroso.

«Mi spiegate cosa diavolo vi è saltato un mente?» urla la ragazza.

Uno di loro si mette a ridere. Non capisco cosa ci trovi di divertente.
«Era lì, impalato, in mezzo a cortile col suo libro del cazzo. Mi sono ricordato c'è mi stava già sui coglioni da tempo, così mi sono fatto aiutare.» sghignazza. Mi guarda negli occhi, solo ora mi accorgo del colore di questi.
I suoi occhi blu mi squadrano da capo a piedi senza far trasparire alcuna emozione.

«Ti sembra una buona ragione per picchiare qualcuno? Non che ce ne siano, ovvio.» sbotto, a un certo punto. Lui fa spallucce e sorride strafottente.

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