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Il Regno di Zaffiro era ormai alle loro spalle, i vasti prati di rose blu si erano trasformati in distese di fiori incolore, come del resto tutto il paese. Un velo oscuro era calato sul regno, un altro su cui la strega aveva espanso il suo dominio.

Lavi e Mia guardavano quell'orribile spettacolo dalla erra di nessuno, ai confini del Regno di Zaffiro. Qualsiasi incantesimo avesse lanciato la perfida strega, non era arrivato sino a loro, forse proprio perché si trovavano fuori dal Regno.

«Ha stregato la città. In questa piccola landa che precede il Regno d'Ossidiana, non vi è nessun padrone, per questo siamo salve» spiegò Lavi. Mia montò di nuovo a dorso dell'unicorno, si mise il mantello dello zio sulle spalle e ripresero il cammino.

Non sapeva cosa significava quello che suo zio le aveva detto del mantello e di come avrebbe potuto proteggerla, ma si fidò delle sue parole.

La luna si alzò alta nel cielo, la sua luce rischiarava l'orizzonte; fino a quel momento erano rimaste entrambe in silenzio «Quello che è successo al regno di tuo zio, è ciò che accadde al nostro» disse Lavi.

Mia scosse il capo senza capire «Ma cosa è accaduto a Zaffiro e alla Città d'Argento? Perché le rose hanno perso colore? Cos'era quel velo nero?» migliaia di domande affollavano la mente della ragazza.

«I Regni di Zaffiro, Argento, e molti altri, sono caduti vittime dell'incantesimo del tempo: tutto ciò che si trova entro i confini si ferma, per sempre. Tutti restano immobili, come statue di sale».

«Ma perché?» chiese Mia senza capire «Chi mai potrebbe fare una cosa del genere?».

«La strega Zefonia, duchessa del Regno d'Agata, nonché tua zia» disse Lavi. Mia rimase scioccata da tale rivelazione «Mia zia? Sorella di mio padre?».

«Di tua madre, Melodia. Zefonia sarebbe dovuta diventare la regina della Città d'Argento e delle terre di Ametist assieme a Re Argo. Ma tuo padre non era innamorato di lei, il suo cuore apparteneva a Melodia, tua madre, quindi la sposò e tutto quello che doveva andare a Zefonia, andò a lei».

«Cosa accadde allora?» chiese la ragazza.

«Zefonia promise di vendicarsi, così trasformò la sua bianca magia in magia nera, ed impresse il suo dolore e la sua rabbia nei suoi incantesimi. Una sera giunse alla Città d'Argento e pronunciò l'incantesimo del tempo. Da allora niente è cambiato» spiegò Lavi.

«Perché mi sono salvata?».

«Re Argo ti affidò a me prima che tua zia entrasse a palazzo: mi disse di portarti ai limiti dei confini delle terre di Ametist, così arrivai da tuo zio Atemio. Mai avrei pensato che la strega sarebbe arrivata fin qua».

«Ma cosa vuole ancora?».

«E' determinata più che mai a trovarti; Mia, lei vuole te, tu sei la principessa della Città d'Argento. Ma io ti proteggerò, non preoccuparti».

«La principessa della Città d'Argento» ripeté quelle parole incredula. Era una principessa! «Perché me? Non le ho fatto niente!» disse Mia spaventata.

«Tu sei la prova vivente dell'amore dei tuoi genitori, il solo fatto che tu le sia sfuggita e che continui a sfuggirle, rende tua zia più furiosa che mai. Non si fermerà fino a che non ti avrà trovato».

«Sembra incredibile... Perché né tu né lo zio mi avete mai detto niente?».

«Volevamo proteggerti, non pensavamo che la strega sarebbe arrivata fino a questo punto. In tutti questi anni non ha fatto altro che cercarti, colpendo ogni regno tra Agata e Zaffiro con i suoi poteri».

Un bagliore arancione illuminò la notte per un secondo, entrambe guardarono verso l'alto, e lì la videro, bella come non mai: una fenice. Solcava il velo della notte con una luce chiara e avvolgente. Restò impressa nei loro occhi e nei loro cuori, prima di scomparire.

«Una fenice» disse Lavi «ci porterà fortuna».

La Principessa del TempoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora