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Approdarono sulle bianche spiagge di Agata il mattino seguente. Il sole stava sorgendo all'orizzonte e ciò rendeva il castello della strega visibile a loro. Scesero dalla barca uno ad uno, in silenzio, mentre il primo pensiero che gli attanagliava le menti non era cosa fare, ma semplicemente paura.

«Cosa facciamo adesso?» chiese Roccia.

Mia lo guardò, scoprendosi osservata da tutti, avrebbe voluto rispondergli, ma in realtà non lo sapeva neanche lei. Il castello della strega non era molto lontano, avrebbero forse dovuto camminare fin laggiù e poi bussare? Ma soprattutto, la strega si trovava lì? Aveva già passato tutti gli altri Regni per tornare al proprio castello? Nessuna di queste domande aveva risposta.

Prima che Mia aprisse bocca, qualcosa spuntò davanti a loro, oltre le distese di sabbia bianca del regno: i Pietrasoldati.

Avanzavano verso di loro imponenti, grandi come giganti, senza scomporsi, a passo lento. Erano lì per loro, segno che la strega sapeva che erano arrivati. Decine e decine, se non centinaia; quegli esseri fatti di pietra e magia nera, comandati dalla malata mente di Zefonia, erano lì per un solo scopo: prendere la principessa.

Roccia si colpì i pugni insieme deciso «Proteggiamo la principessa! Ciàciàcià!» gridò prima di lanciarsi alla carica: si buttò in mezzo ai Pietrasoldati, che cominciarono a cadere sotto i suoi colpi in piccoli pezzi di pietra.

Lufe non si fece trovare impreparato, e sfoderò la sua ascia «Gli farò assaggiare l'acciaio della mia ascia». Basa impugnò il suo arco «Freccia su freccia li finirò mentre il mio amico li accascia!» poi anche loro partirono.

Fiamma guardò la principessa «Ti auguvo buona fovtuna» disse chinando il capo, poi guardò Greica «Tu pvoteggi la pvincipessa, noi vi apvivemo un vavco» lanciò un ruggito che li fece scuotere, poi con le sue fiamme si gettò sul nemico.

Manny prese per mano Mia «Andate prima che sia troppo tardi!». La principessa lo guardò senza capire «No, non andare» disse con voce spezzata, poi Manny l'avvicinò a se, e la baciò sulle labbra «Siamo qui per una missione, non posso abbandonare gli altri. Spero non sia il nostro ultimo bacio» le disse con un sorriso, poi corse anch'egli nella mischia.

Mia rimase scioccata da quel bacio, senza sapere cosa dire. Meno di ogni altra cosa avrebbe voluto vedere Manny che affrontava i Pietrasoldati, ma ormai era troppo tardi.

«Mia, dobbiamo andare! Ora!» gridò Lavi. La principessa montò in sella all'unicorno, mentre Greica prese sulle spalle Rika. In quel momento, la forza di Roccia assieme all'aiuto degli altri aprì un piccolo varco tra quelle orribili creature «Presto! Ciàciàcià» il quartetto scattò all'istante, per dirigersi verso il nero castello dove sicuramente Zefonia si trovava.

Nessuno era a guardia dei cancelli, quindi le quattro passarono senza problemi le difese del castello. Il grande portone si aprì senza che loro facessero niente «E' Zefonia. Ci sta aspettando» disse Greica.

«Sta aspettando me, non voi. Andatevene finché potete» disse Mia con preoccupazione mista a paura.

«Siamo arrivati qui insieme, abbiamo compiuto questo viaggio insieme, e lo finiremo insieme. Costi quel che costi» disse Lavi.

Rika saltò giù dalla spalle di Greica «Nessuno ti toccherà principessa! Ci penseremo noi!».

«Grazie dell'aiuto amiche mie, non me ne dimenticherò» disse Mia, poi varcarono la soglia del portone.

La sala del castello era spoglia, priva di addobbi, con due grandi scale poste ai lati. Un rumore di ferraglia arrivò dai piani superiori «Qualcos'altro sta arrivando» disse Greica estraendo la sua frusta d'acqua. Dalla scala alla loro sinistra, una decina di soldati in armatura nera vennero nella loro direzione armate di spade e scudi, decisi a fermarle.

«Lavi, porta Mia dalla strega, io e Greica le tratterremo» disse Rika decisa.

«No!» si impose la principessa «non posso abbandonare anche voi». Ma prima che Rika potesse ribadire, Lavi partì al galoppo su per le scale alla loro destra.

Lavi salì le rapide scale del castello sino alla torre più alta, da dove il fetido odore della strega proveniva. Mia e Lavi entrarono nella sala, e lei era lì, ad aspettarle.

«Benvenuta, mia cara» disse con la sua voce stridula. Zefonia era seduta su uno scranno di grandi dimensioni; un trono forse, lasciato marcire per anni.

Mia scese dal dorso di Lavi, senza distaccare lo sguardo dalla zia.

«Come sei cresciuta, sei uguale a tua madre...» la strega scattò in piedi, con il fedele bastone in mano «...quella ladra!» urlò impazzita.

Quella voce fece rabbrividire Mia. Lavi era al suo fianco, e sapeva che l'amica l'avrebbe protetta fino all'ultimo «I-io...» balbettò.

«T-tu cosa?» la prese in giro la strega ridendo.

«Io sono qui per chiederti di fermare la tua follia e ripristinare il tempo ai regni a cui hai imposto il tuo maleficio» disse la principessa d'un fiato.

Zefonia rise più forte «Mai!» gridò «Ormai la mia vendetta è giunta al termine! Cosa può fare un'adolescente con un unicorno?» le puntò il dito contro «Appena avrò lanciato il mio incantesimo su di te ed i tuoi stupidi amici, prenderò il trono della Città d'Argento, e comanderò su una Ametist persa nel tempo, per l'eternità!» una risata più agghiacciante delle altre uscì dalla sua bocca.

«No, noi te lo impediremo!» urlò l'unicorno.

«Basta! Per voi la storia finisce qui» un lampo di luce uscì dal bastone di Zefonia, per schiantarsi su Mia. La principessa estrasse il medaglione Spezzatempo, sperando che anche senza gli otto segreti sarebbe stato utile a qualcosa, ma in quel momento davanti a lei si parò Lavi, per salvargli la vita. L'unicorno si frappose tra lei e Zefonia, così che quel raggio di luce colpisse lei, e non la sua principessa. Il corpo di Lavi si irrigidì, cadendo a terra, e d'un tratto perse colore, divenendo bianco pallido.

«No!» il gridò disperato di Mia riecheggiò in tutta la stanza.

«Stupido cavallo!» strillò Zefonia.

«Smettila!» le urlò contro Mia, che in lacrime, si accasciò sul corpo dell'amica priva di vita. Non poteva credere che in un attimo, Lavi se ne fosse andata; dopo tutte le avventure che avevano passato insieme, ora lei non c'era più. Le accarezzò dolcemente la criniera, quando l'ultima lacrima dell'unicorno, cascò sul medaglione di Mia, illuminandolo. La principessa guardò senza capire il ciondolo che portava al collo accendersi.

La strega si diresse a grandi passi verso di lei, quando sentì un mancamento. Mia la guardò rallentare, come se Zefonia ed il medaglione fossero collegati in qualche modo. «Le otto virtù che la strega ha perso...» bisbigliò la principessa intuendo qualcosa. Ma prima che potesse anche solo pensare, la strega fu su di lei, staccandola da terra con la sua forza, sbattendola contro la finestra alle sue spalle. Il vetro si frantumò in mille pezzi, andando a rivelare l'altezza che la distaccava da terra «Tu, ragazzina... Ho speso anni nella tua ricerca, solo per distruggere la prova finale dell'amore di tuo padre e tua madre. Non so chi ti ha dato quel medaglione, ma sta pur certa che non sprecherò altra magia su di te!» detto questo, la strega lasciò andare la presa, facendo cadere Mia nel vuoto.

La Principessa del TempoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora