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Sono allo stadio, secondo Anello Rosso, settore 226, posto 20.
Sono qui e piango per la disfatta dell'Italia, già ho gli ormoni a palla, questo non ci voleva proprio.

Guardo Buffon piangere e continuo a piangere con loro, qui è una bolgia, le persone spingono, buttano le bottiglie d'acqua cercando di prendere i giocatori avversari, o i loro tifosi.

Resto seduta fin quando le cose non si calmano, sono qui con le ragazze, Bonucci mi aveva detto di restare a Napoli, di non venire a vedere la partita, lui non sa che sono qui e mi spiace, perché in questo momento vorrei consolarlo.
Le sue lacrime, quelle di Buffon, di tutti gli altri, mi fanno star male.

Scusate se il San Siro non si è fatto sentire, ma noi facevamo il tifo per voi, noi siamo con voi. Avrei voluto stare in curva, urlare, cantare i cori, invece sono qui perché non posso fare altro.

«Mary, andiamo...» dice Sam, piange anche lei. Tutte noi stiamo piangendo, nessuno ci credeva e invece, siamo usciti.
Annuisco, tirando su col naso e ci incamminiamo fuori lo stadio. Non riesco a dire nulla, mi brucia la gola e gli occhi, sento il naso gelato e anche le mani, eppure dovrei avere 10 gradi in più nel corpo, per via della gravidanza che procede benissimo.

«Allora che facciamo?» chiede Alessia, sistemandosi gli occhiali. «Fede ci accompagni tu a casa?»
Federica annuisce e sospira, ha visto giocare Jorginho ma Insigne è marcito 90 minuti in panchina, che spreco.

Camminiamo verso la macchina, faccio le ultime foto a quel tempio calcistico e le guardo con tristezza.
Doveva andare diversamente. «Fede...» parlo, la voce roca, la prima cosa che dico da dopo il triplice finale. «Mi lasci fuori casa di Bonucci?» domando, sapendo che se lui mi vedesse si incazzerebbe di brutto.

Ma ho bisogno di sapere come sta.

Federica mi guarda e dopo un lungo sospiro annuisce. «Va bene, ma devi mangiare qualcosa.» punta il dito contro di me con fare minaccioso.

«Non ho fame, ma ho voglia di Bubblethe.» mormoro, quel the cinese è una specie di droga e in questo momento ho bisogno di qualcosa che mi tiri su.

Alessandra storce il muso, non l'è mai piaciuto, prima o poi le farò cambiare idea, oggi non ho la forza.

Dopo un bel po' in macchina, per via del traffico e della mia sosta per prendere la bevanda della salvezza, arriviamo fuori casa Bonucci.
Le luci sono tutte spente, lui non è ancora arrivato.

Saluto le ragazze e mi siedo sul gradone vicino al cancello.
Quando Bonucci comprò questa casa mi mandò le foto e la via, è davvero bella e non vedo l'ora di vederla dal vivo.
Bevo il mio The cinese, mangiando le palline di tapioca che salgono dalla cannuccia e si trovano sul fondo del bicchiere.

Sento il sonno impossessarsi di me, cerco di ascoltare la musica per distrarmi ma le palpebre sono pesanti; solo quando sento una macchina fermarsi accanto a me riapro di colpo gli occhi.
Vedo Bonucci venirmi incontro, un po' zoppicante e con una faccia triste, per ciò che è successo, e preoccupata, per me.

«Mary, cosa ci fai qui?» chiede, aiutandomi ad alzare. «Ti avevo chiesto di rimanere a Napoli.»

«Volevo vedere la partita e farti una sorpresa.» ammetto, stringendomi nelle spalle.

Lui non risponde, mi da un bacio tra i capelli e mi prende la mano. «Entriamo, si congela qui fuori.» sussurra. Annuisco e lo seguo, mano nella mano.

...

Pov. Bonucci.

Siamo stesi sulla penisola del divano: lei, la testa sul mio petto; io, una mano sulla sua pancia, tra poco si scoprirà se sarà maschio o femmina. Siamo così incastrati che sembriamo dei pezzi di un puzzle, mi sentivo solo senza di lei.

«Come stai?» domanda dopo un po', sospirando.
Mordo l'interno guancia, sono distrutto e non ne voglio parlare, non ci riesco. Continuo a toccarle la pancia ma non parlo. «Sono comunque orgogliosa di te. Non sai quanto mi sono preoccupata quando ti ho visto a terra, non capivo cosa succedeva. Poi ti ho visto entrare zoppicando e ho avuto ancora più paura e quando hai abbracciato Gigi mi sono emozionata. Sono fiera di te perché non hai mai mollato.» parla sottovoce e sento che tira su col naso.

Almeno tu sei orgogliosa di me, pensavo che fossi la prima a darmi la colpa e invece sei qui, con me, per me. Grazie.

«Guardami Little.» sussurro, accarezzandole la guancia, sentendo il viso bagnato. Nega con la testa e si allontana. «Mary, vieni qui.» dico, prendendo il polso.

Ormai è prassi: tu scappi ed io ti fermo.

«Sto di merda. Dovevamo vincere e invece...» sospiro, sentendo già le lacrime premere. «Non ho la forza di parlarne, voglio solo abbracciarti, vieni qui.» la voce trema, quasi prego di averla vicino.

Maria si gira a guardarmi, il viso inondato di lacrime e si morde il labbro. Si siede accanto a me, asciugandosi le guance e mi abbraccia. La gravidanza l'ha resa più dolce e mi piace il suo affetto, mi fa stare bene.
«Sono qui...» sorride.

Grazie, perché so che cu sei, sempre, anche quando non vuoi.

La stringo forte a me e la bacio, mi mancavano i suoi baci, sento che ritorno a respirare con le sue labbra sulle mie. Lentamente la spoglio e lei spoglia me, la faccio mia, perché possiamo farlo ancora e sento che è diverso: è la prima volta che la tocco da quando ho saputo che è incinta e, dio, quanto mi mancava.

«Mi eri mancato, Leonardo.» sussurra dopo essere venuta.

Sento di nuovo gli occhi lucidi e poggio la testa tra i suoi seni, mettendomi di lato, per non pesare sulla pancia. So benissimo che queste lacrime sono dovute anche a lei, a ciò che ho sentito da quando l'ho vista seduta sul marciapiede, ed ora che ha detto il mio nome ho sentito il cuore fermarsi un attimo.
«Grazie per essere qui sussurro.

Chiudo gli occhi, stanco, l'ultima cosa che sento sono le sue labbra sulla mia testa e delle parole che mi fanno sciogliere il cuore: «Sempre, Bon Bon

Fa schifo ma l'ho scritto un po' scazzata, spero che vi piaccia! Un bacio!

Challenge for Us || Leonardo BonucciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora