Capitolo 13

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Appena rientro in ufficio sento un cellulare squillare: il che mi sembra strano in quanto non ho il cellulare con me. Inizio a cercare il posto in cui possa essere questo telefono. Appena lo trovo nel cassetto della mia scrivania decido di rispondere. È un telefono usa e getta. Devo rispondere a una video chiamata. Inizialmente sono titubante ma poi decido di rispondere. Sempre una voce registrata, la stessa di prima,
mi fa vedere che in questo luogo tiene prigionieri i bimbi e le ragazze rapite. L'uomo o la donna ha un cappuccio nero e un passa montagna quindi non riesco ad identificarlo. "Salvatrice, visto che sei così coraggiosa, vieni a salvare tutte queste vittime. Le ragazze sono più che consenzienti a prostituirsi perché se si oppongono, vengono uccise. Questi bimbi? Beh sono al sicuro, abbiamo rapito i figli di persone influenti e ricche per avere un notevole riscatto. Sarò felice di parlare con te, faccia a faccia *ride*, visto che adesso sei libera dagli impegni puoi venire a farmi visita, DA SOLA. Mi trovo presso il raccordo autostradale fuori città; quasi vicino all'aeroporto." Senza darmi neanche il tempo di rispondere chiude la chiamata. Sarò folle ma devo andare per cercare di scoprire chi è quest'uomo/donna che fa tutto questo e chi lo/la aiuta. Persone schifose. Devo anche chiedere a Caleb di far mettere un sistema di sicurezza nel mio ufficio, se sono riusciti ad entrare tranquillamente e a mettere il telefono nel cassetto significa che non sono al sicuro quanto credo in quell'azienda. Prendo la borsa con dentro la pistola e velocemente mi avvio alla macchina. Nel corridoio incontro Harry che ignoro volontariamente nonostante le sue insistenti chiamate per farmi fermare, perché non ho tempo e perché non voglio sentire le sue giustificazioni. Entro in auto e ad una velocità superiore ai limiti concessi, mi dirigo verso l'aeroporto. Inutile dire che non c'era nessuno ad aspettarmi, forse in questa struttura abbandonata ci sono circa sessanta persone impazienti di uccidermi. Non ho paura di loro, sono cresciuta in queste situazioni, se morirò lo avrò fatto per una giusta causa. Al centro della struttura vedo quest'uomo/donna con il cappuccio e il passamontagna. "Lascia andare le ragazze e anche i bambini. Avrete tutti i soldi che vi servono." Urlo. L'identità di fronte a me non risponde anzi inizia ad avvicinarsi, indietreggio lentamente. Non devo permettergli/le di avermi in pugno. L'identità mi tira uno schiaffo così forte, da farmi girare il viso dall'altro lato. Devo trattenere le lacrime ed essere forte per tutti. Per fortuna ho continuato a fare palestra e ad allenarmi. Così con un calcio nella pancia è una gomitata in viso l'identità è stesa a terra. Finalmente posso togliergli il cappuccio ma sento pronunciare il mio nome dietro di me. Così mi giro, vedo un altro uomo/donna vestita allo stesso modo. Purtroppo per essermi distratta, l'identità dietro di me mi prende per i capelli e mi fa cadere a terra. Sono sdraiata a pancia in giù su questo pavimento freddo e l'identità mi blocca la testa mettendomi una pistola sulla tempia. Forse è arrivata davvero la mia fine, non sono poi così scontenta della mia vita; mi dispiace solo perché sarà un grande dolore per i miei genitori ma loro hanno Charlotte, Harry ha Kendall e io sono sempre di troppo. Chiudo gli occhi aspettando la mia ora ma stranamente tutti questi individui iniziano a scappare. L'identità che mi trattiene prima di andare via mi tira un calcio nella pancia. Mi alzò lentamente in piedi. Noto un graffio profondo sul braccio. Piano esco dall'edificio e vado verso la mia macchina. Ho dolori dappertutto e mi è molto difficile guidare. Appena arrivo a casa parcheggio la macchina in garage così non vedendo la macchina nel vialetto, penseranno che io non sia in casa e forse mi lasceranno in pace. Dopo essere rientrata in casa, medico il graffio e mando un'email a Caleb per chiedergli di andare domani mattina in azienda e di installarmi un sistema di sicurezza in ufficio e di riportarmi il cellulare. Dopo circa un'oretta suonano alla porta e dallo spioncino vedo Caleb, così lo faccio entrare. "Tutto bene?" Mi chiede con una faccia strana. "Sisi, allora cosa hai scoperto?" Chiedo evitando la sua prima domanda. "La fonte della telefonata è un edificio presso il..." "il raccordo autostradale vicino l'aeroporto." Non lo faccio concludere pensando ad alta voce. "Come lo sai?" Chiede sbalordito. "Lascia perdere, senti puoi dare un'occhiata alla mia auto? Per vedere se ci sono cimici o qualche manomissione. Ah e un altro favore, devi prestarmi una di quelle cimici microscopiche e devi iniziare di nuovo a lavorare per me. Ho davvero bisogno della tua collaborazione." Annuisce e poi Afferma "Relativamente lavoro già per te perché sono stato assunto presso l'azienda di Harry. Non dovrei dirtelo ma controllando la tua auto, dovrei far finta che non ci sia nulla; ma Harry mi ha ordinato di mettere un localizzatore sulla tua auto, se vuoi lo tolgo. Mi fido più di te; lui non mi piace per niente." Resto un attimo scioccata poi annuisco distrattamente e lo porto in garage. Mi fa vedere che il localizzatore era sotto l'auto e trova anche una cimice che però non aveva messo Caleb, una cimice strana, un nuovo modello che riesce a registrare anche le conversazioni quando è attiva. Per fortuna, mi spiega Caleb, che va in funzione solo quando accendo la macchina. Lo ringrazio e quando va via, torno di sopra per fare una doccia calda. Appena mi spoglio noto lividi dappertutto e un leggero graffio sulla guancia, provocato da quello schiaffo. Ormai non mi meraviglio neanche più dei comportamenti di Harry, mi ha deluso il doppio solo in una giornata. Decido di riposare e di non prendere più troppo sul serio questa faccenda, perché rischio di morire per salvare gli altri. Dovrei essere più egoista, ma non ci riesco per niente. Dopo questa giornata terribile con fati

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