AVERE FIDUCIA

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La campanella mise fine alla prima parte della giornata e i corridoi e il cortile della scuola si riempirono del vociare degli studenti che si riversavano fuori dalle aule per la pausa pranzo.
Le giornate cominciavano a essere sempre più calde e sempre più spesso, se il tempo lo permetteva, gli studenti preferivano consumare il pasto all'aperto, sotto l'ombra degli alberi, rilassandosi all'aria aperta e godendosi i primi tepori del sole.
Il gruppetto si avviò senza fretta verso il cortile sul retro della scuola e quando adocchiarono una panca di pietra libera poco distante Kaori si affrettò a raggiungerla per prendere posto. Fece un segno vittorioso verso le compagne e loro accelerarono il passo, chiacchierando con serenità.
L'avevano quasi raggiunta quando con la coda dell'occhio Hikari vide qualcosa poco lontano e rallentò fino a fermarsi.
-Hazumi, che fai?- la richiamò Shizuka. -Ti stiamo aspettando-.
La ragazza esitò un istante poi sollevò una mano nella sua direzione.
-Iniziate pure senza di me, vi raggiungo più tardi- e senza darle il tempo di rispondere tornò indietro.

Si fermò a pochi passi dalla panchina e rimase in attesa.
-Asahi-san?-
Il ragazzo era seduto da solo, un po' in disparte, e stava mangiando con calma. Perso nei suoi pensieri non si era accorto che qualcuno si fosse avvicinato, ma sollevò lo sguardo quando si sentì chiamare e si scontrò con due occhi grigi che lo osservavano con interesse.
-Hikari-chan...buongiorno- fece dopo un timido sorriso.
Lei si guardò attorno. -Come mai tutto solo?-
L'altro si strinse nelle spalle e tornò al suo pranzo.
-Daichi e Suga avevano un incontro con un professore per l'avviamento universitario e non hanno ancora terminato-.
Hikari continuava a guardarsi attorno, scorgendo tanti piccoli gruppi di studenti che pranzavano allegramente.
-E i tuoi compagni di classe?-
Vide l'espressione cambiare leggermente, diventando più malinconica, e storse il labbro.
-Non vai molto d'accordo con loro, eh?- domandò diretta.
Il ragazzo sobbalzò.
-Non...non è che non vada d'accordo. E' che...- esitò -è che sembrano essere sempre in soggezione...ecco-.
Fece un sospiro esasperato e si sedette accanto a lui. Preso alla sprovvista Asahi si ritrasse di lato e rimase a fissarla imbarazzato, poi sgranò gli occhi quando la vide spacchettare il suo bento.
-Anche io spesso preferisco pranzare da sola, e più delle volte declino l'invito delle mie compagne a pranzare tutte assieme, ma oggi è una bella giornata per non farlo in compagnia- commentò, rispondendo alla sua domanda inespressa, e cominciò a mangiare. -E non dovresti neanche essere così impacciato. Insomma, sono pur sempre i tuoi compagni di classe, no?-
L'Asso della Karasuno non trovò le parole adatte per rispondere e tornò al suo pranzo in silenzio. Con la coda dell'occhio vide un gruppetto di ragazze passare poco distante, lanciare delle occhiate nella loro direzione e allontanarsi parlottando tra loro a bassa voce. Si fermò con le bacchette a mezz'aria e gettò uno sguardo alla compagna seduta accanto. Era intenta a mangiare tranquillamente e non sembrava affatto turbata né dalla sua presenza né dagli sguardi incuriositi che gli altri lanciavano verso di loro. Sembrava totalmente a proprio agio.
-Non era necessario- mormorò.
Hikari gli rivolse un'occhiata sorpresa.
-Non era necessario...-
-Credi l'abbia fatto perché mi facevi pena?- domandò infastidita. -Eppure non ti sei preoccupato tanto la settimana scorsa, quando mi hai aiutato a rimettere il piccolo di corvo nel suo nido-.
Asahi si strinse nelle spalle. -E'...diverso. Ho solo aiutato un'amica in difficoltà. Ma...pranzare assieme...è un'altra cosa-.
-E' un'altra cosa? Davvero? E di cosa ti preoccupi, esattamente? Per me o per quello che potrebbero pensare gli altri che vedono un ragazzo e una ragazza mangiare assieme?-
Il pezzetto di carne gli cadde dalle bacchette e si volse a guardarla con un'espressione smarrita.
-No...cioè...E' che tranne Daichi e Suga, sei l'unica a non essere, credo, spaventata da me e non sono abituato a questo fatto insolito. Anche i ragazzi del secondo anno non sembrano esserlo, ma il loro atteggiamento nei miei confronti è in realtà...ecco...rispettoso più che confidenziale- posò le bacchette contro il bordo del bento. -Tu invece sembri diversa-.
-Forse perché non mi faccio angustiare da cosa possono pensare gli altri. In ogni caso, se a te fa piacere che rimanga, bene, altrimenti dimmelo e me ne vado. Non amo essere un incomodo-.
-No, non intendevo questo- assunse un'aria mortificata e abbassò lo sguardo.
-Hai il brutto difetto di preoccuparti sempre di quello che possono pensare gli altri di te ciononostante non ti rendi conto di quando ti vengono rivolti quei pochi sinceri gesti d'affetto- lo rimproverò seccata.
Asahi tornò a guardarla stupito mentre riprendeva a mangiare come se nulla fosse. Sembrava essere padrona della propria vita, una determinazione ben impressa sul volto serio e le spalle dritte, come se non avesse paura di nulla. Eppure ricordava perfettamente quando era giunta in palestra la prima volta da sola, esitante e per certi versi spaventata. Oppure il giorno che si era arrabbiata con lui quando aveva scoperto che aveva abbandonato il club per un certo periodo. Tutte sfaccettature di un carattere ben più complesso e decisamente indecifrabile. Un vulcano in continua evoluzione.
Involontariamente sorrise.
La sola presenza della ragazza era riuscita in qualche modo a togliergli di dosso quella sensazione di oppressione che lo stava soffocando. In realtà il suo malumore era dovuto anche al fatto che fosse particolarmente preoccupato per gli interscolastici che sarebbero cominciati il mese prossimo. Il professor Takeda, la sera prima, aveva comunicato loro gli abbinamenti e c'era una partita nello specifico, e che con molta probabilità avrebbero affrontato, a renderlo decisamente nervoso.
-Hai ragione, scusa- annunciò qualche istante più tardi e lei gli lanciò un'occhiata torva. -Allora, se... se ti fa piacere...- fece distogliendo lo sguardo, impacciato -...possiamo pranzare qualche altra volta assieme-.
-E non ti preoccupano di cosa penseranno gli altri?-
Le guance dell'Asso andarono in fiamme e Hikari storse il labbro, divertita.
-Grande, grosso e timido. Non so come facciano gli altri ad aver paura di te-.
-Tutta colpa del mio aspetto. Però non lo faccio apposta-.
-Allora perché darsi tanta pena? Ognuno di noi è diverso, ed è un bene. Dove è scritto che tu sei sbagliato?- Asahi riprese un po' di sicurezza. -Sarai anche timido, forse a volte un po' troppo, però hai altre qualità di cui vantarti, e questo è sufficiente per andare bene così-.
Sollevò lo sguardo su alcune ragazze che stavano parlottando sedute in un'aiuola poco lontano. -Prendi quella ragazza dai capelli neri al centro del suo cerchio di compagne, per esempio-. Il ragazzo seguì l'indicazione. -E' una di terzo, è molto carina e anche piuttosto popolare. E' venerata dalle compagne e diversi ragazzi le sbavano dietro. Nulla da togliere sul fatto che è oggettivamente molto bella-.
Asahi annuì senza capire dove volesse arrivare.
-E' un'oca patentata!-
L'Asso sobbalzò e tornò a guardare la ragazza seduta al suo fianco.
-Le ho parlato solo una volta, qualche giorno dopo il mio arrivo alla Karasuno. La classica fighetta della scuola con il quoziente intellettivo di una gallina, con tutto il rispetto per la gallina- e gli regalò un ghigno. -Quindi, come puoi vedere, non tutto quello che sembra migliore di te lo è in realtà-.
Asahi storse il labbro. -Quindi...mi stai dicendo che anche se sono un palo della luce sono comunque bravo a giocare a pallavolo?-
Gli occhi di metallo si ridussero a due fessure di ghiaccio.
-Devi avere davvero qualcosa fuori posto, Asahi-san- commentò aspra. Fece un sospiro profondo. -Ti sto dicendo che anche se agli altri potresti far paura, in realtà sei un ragazzo carino e gentile. Hai solo bisogno di avere più fiducia in te-.
Le sue guance tornarono a imporporarsi e Hikari esplose in una risata allegra.
-Non so se devo essere orgoglioso o depresso-.
Lei rise di nuovo. -Devi solo essere te stesso-.
Recuperato un po' di contegno il ragazzo spiò la compagna al suo fianco e riuscì a sorridere. Era la prima volta che la sentiva ridere così di gusto e, sebbene avesse riso della sua insicurezza, stranamente pensò che non gliene importava affatto. Anzi! Gli faceva persino piacere sapere di essere riuscito a strapparle una risata così sincera. E gli sarebbe piaciuto ancora di più sentirla ridere un'altra volta.

Io odio la PallavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora