GATTI VERSO CORVI

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I lamenti del piccolo corvo nella scatola la destarono e socchiuse debolmente un occhio. La luce del mattino filtrava attraverso la tapparella semichiusa della finestra e lentamente si sollevò su un gomito. Per qualche ragione aveva la strana sensazione che c'era qualcosa di sbagliato e si mise seduta, sbadigliò e si guardò attorno.
Scese dal letto e quando si avvicinò alla scrivania per controllare il piccolo corvo questi sollevò la testolina e cominciò a frullare le ali in attesa di cibo.
Sorrise divertita e si allontanò dalla stanza per recuperare dei pezzetti di frutta dal frigo, che aveva preparato la sera prima. Il pullo sembrò accettarli con gioia e quando fu finalmente sazio si accovacciò nella bambagia e si acquietò. Hikari gli accarezzò il capino e controllò delicatamente l'ala. Fortunatamente non era una ferita grave, si era rivelata essere solo una piccola escoriazione che nel giro di pochi giorni sarebbe guarita senza problemi. Presto avrebbe potuto liberarlo.
Richiuse la porta della camera e ritornò indolente verso la cucina per preparare la colazione. Trovò la zia in piedi davanti ai fornelli, che salutò, e ripose il contenitore con i pezzetti di frutta avanzati nel frigorifero. La donna interruppe il suo lavoro e la osservò sorpresa.
-Hikari?- fece seria. La ragazza spostò lo sguardo su di lei. -Che ci fai ancora a casa?-
La fissò senza capire. Dopotutto era domenica, e anche se non fosse stato l'ultimo giorno della Golden Week non ci sarebbero state lezioni. Rimase qualche istante ancora immobile, poi all'improvviso la mente le si schiarì e trasalì allarmata.

-Ma dov'è?- domandò il professore guardando nervosamente l'orologio al polso. -Tra pochi minuti dobbiamo partire o non arriveremo puntuali-.
-E' strano- commentò Hinata guardando verso i cancelli della scuola. -Di solito è la prima ad arrivare-.
-Ci avrà ripensato e non verrà- disse serio Kageyama ma Nishinoya gli lanciò uno sguardo feroce.
-No. Ha promesso che sarebbe venuta fino alla partita di oggi. Sicuramente avrà avuto un imprevisto, ma verrà-.
-In effetti non è mancata a nessun giorno di allenamento- convenne Daichi incrociando le braccia. -Ma nulla le vieta di decidere di non venire alla partita-.
-No!- ringhiò nuovamente il Libero. -Mi ha promesso che sarebbe venuta!-
-Nishi...- fece Asahi ma il ragazzo gli scoccò un'occhiata furiosa e l'Asso indietreggiò sollevando le mani.
-Verrà!-
-Non possiamo tardare ancora- annunciò il professore e il coach annuì deciso. -Aspettiamo altri cinque minuti poi dovremo partire, con o senza di lei-.
-Dieci!- rincarò Nishinoya e Tanaka, al suo fianco, annuì energicamente, dandogli manforte. -Solo dieci minuti-. I due uomini si scambiarono un'occhiata, indecisi.
-Perché non provate a contattarla?- domandò a un tratto Sugawara.

Hikari si vestì in fretta e uscì dalla camera. Diede un bacio allo zio che era seduto a tavola a leggere il giornale, si assicurò che si prendessero cura del piccolo di corvo fino al suo ritorno e si affrettò verso l'ingresso. Indossò le scarpe da ginnastica, urlò un saluto e si richiuse la porta alle spalle.
L'uomo abbassò il giornale e incrociò lo sguardo della moglie.
-Sono preoccupata- disse lei.
-Hikari sa meglio di chiunque altro cosa ha dovuto passare in questi ultimi terribili mesi. E' una ragazza intelligente, non getterà tutto alle ortiche. E poi è inutile starle troppo addosso, potremmo avere l'effetto contrario- e fece un sospiro profondo. -Dobbiamo darle fiducia-.

Non era possibile!
Hikari scendeva in fretta le scale, troppo ansiosa per attendere l'arrivo dell'ascensore al piano, e si morse il labbro. Era da tempo che non le accadeva di dormire così tanto. Era talmente abituata a svegliarsi la mattina presto dopo solo poche ore di sonno che non aveva più senso mettere la sveglia, che comunque suonava sempre dopo che lei si era alzata. Invece quella mattina aveva dormito fino a tardi e per lei era una cosa inconsueta. Ormai erano mesi che a causa degli incubi non riusciva più ad avere un sonno regolare, ma per la prima volta dopo tanto tempo si era addormentata senza problemi ed era riuscita a dormire. Non che la cosa non le facesse piacere, ma con tutte le mattine che aveva avuto a disposizione doveva accaderle di dormire fino a tardi proprio quel giorno?
Scese la rampa finale delle scale, presa dalla foga. Si sentiva così riposata ma maledettamente in ritardo che per un attimo la stuzzicò il pensiero di poter persino correre fino a scuola e superò gli ultimi gradini con un balzo.
L'urto del piede contro il pavimento le trasmise al corpo una serie di scariche elettriche e barcollò fino a scontrarsi con il muro dell'ingresso, dove vi rimase appoggiata. L'entusiasmo di aver dormito e l'energia che le aveva trasmesso le avevano per un attimo fatto dimenticare la cosa più ovvia e rimase appoggiata al muro, tremante, in attesa di riprendere il controllo del proprio corpo.
Un ringhio silenzioso denudò i denti e con rabbia colpì il muro su cui era poggiata con un pugno.
Fece un paio di profondi respiri per calmarsi e raddrizzò la schiena. Quindi, lentamente, uscì dal portone.

Io odio la PallavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora