Capitolo Quattro. Divino.

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Trascorremmo i due giorni seguenti in ospedale, Bill mi aveva convinta ad andare a vedere la mia sorellina, la quale era bellissima quando giocava con un'altra bambina sul letto – mi resi conto in quel momento di quanto doveva essere all'oscuro di tutto.

"Hey, guarda chi c'è!" disse Bill ottenendo l'attenzione di Lily, la quale tese le braccia verso di me.

"Jo!" la tenni in braccio con attenzione, avevo paura di ferirla. I suoi capelli biondi e lunghi erano ancora più lunghi di quanto mi ricordassi, ed i suoi occhi si erano scuriti appena.

"Come stai, Lily?" le diedi un bacio sulla guancia e lei ridacchiò.

"Sto bene, ma mi hanno dato dello schifoso sciroppo e mi hanno messo una cosa sulle gambe" arricciò il naso. "Puzza". Io arricciai il naso a mia volta mentre la stringevo ancora a me; si capiva che stava bene. Vedevo le bende sulle sue gambe, dove aveva le bruciature...mi ricordava Jazz. "Dov'è Jazz?" mi chiese proprio mentre pensai a lei.

"È...è altrove" Bill accarezzò i capelli di Lily, erano così lisci, ovviamente un tratto che aveva ereditato da Ulrike.

"E mammina?"

"È con Jazz" disse Bill. "Sono insieme, e stanno bene dove sono". La mano del ragazzo trovò la mia, non riuscivo ad articolare un pensiero coerente. Annuii, e Lily ritornò a giocare con la sua amica.

Quella notte i ragazzi mi convinsero ad andare a dormire all'hotel. C'eravamo stati qualche ora, ma non avevo trascorso una notte lontana da papà.

All'hotel mi infastidì quanti fans dei ragazzi si erano radunati all'ingresso, anche all'ospedale era così – ero stanca e non volevo gestire questa situazione. L'attenzione rendeva tutto più difficile.

Tom mi cinto la vita quando eravamo andati a dormire, ed era stato così tutta la notte. Era una di quelle notti in cui sei troppo stanco per muoverti. Sognai Jazz e Lily, quando le avevo portate allo zoo a New York, avevano corso e riso facendo faticare me e Matt. Sembrava irreale che non avrei mai più rivisto il sorriso di Jazz, la bambina che aveva chiesto a Tom di sposarla...la stessa bambina che si era offerta di cedermelo in modo che non avessi sposato nessun altro. Ero lì quando erano nate, avevo visto Jazz compiere un anno e mi ero arrabbiata con lei quando aveva rotto la collezione di matriosche che uno dei compagni di mia madre mi aveva spedito dopo un suo viaggio a Mosca. Mi svegliai con le guance rigate di lacrime e sudata, terrorizzata dall'immagine orribile del cadavere di Jazz che si era insinuato nei miei sogni. Tom mi aveva porto l'inalatore, ma non ne avevo bisogno – dovevo piangere. Dovevo mettermi questa cosa alle spalle, nonostante mi sembrasse così strano dimenticare coloro che amavo, ma andava a fatto.

"Sto bene" dissi a Tom, il quale era riuscito a non scomporsi. "Fidati" rifiutai l'inalatore, quindi lui lo ripose nella sua valigia.

"Ho bisogno che mangi, poi mi fiderò di te" Tom mi spostò i capelli dal viso e mi diede un bacio sulla guancia. "So che è dura, ma tu sei più forte Jo". Mi baciò nuovamente la guancia e mi asciugò le lacrime dall'altra.

"Non ce la faccio" mormorai.

"Si che puoi" rispose accarezzandomi il braccio. "Ce la puoi fare, proprio come quando Bill si è fatto operare – ti ricordi?"

"Era diverso. Non rischiava di morire, Tom"

"Era spaventatissimo – tutti noi lo eravamo" si interruppe. "Ti ricordi che volevamo che tornassi a scuola? Pensavamo che avresti perso un semestre...e poi non l'hai fatto, perché sei intelligente". Lui ridacchiò e riuscii a sorridere. "Non hai mai permesso a Bill di vederti giù". Capivo cosa stava cercando di fare, cercava di distrarmi.

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