Capitolo Trenta. Vorrei averti con me.

250 6 0
                                    

Stare a casa era noioso. Ero così abituata ad essere sempre impegnata a viaggiare qua e là, ma dato che il Dottore mi aveva proibito di spostarmi ero diventata una mamma che stava a casa.

Non era così male, avevo tempo per fare qualcosa, il problema era che non sapevo cosa fare. Avevo provato a dipingere, ed il risultato era una lunga linea rossa nel mezzo della tela – era tutto ciò che ero riuscita a fare. Simone mi chiamava spesso ed era una bella sensazione, era come avere mamma a casa con me, nonostante era strano perché non era mia mamma. I ragazzi non si sarebbero presi presto una pausa, stavano per iniziare il tour a partire dalla Germania ed avrebbero girato l’Europa fino a Maggio, ed io trascorsi male i primi due mesi dell’anno perché non potevo divertirmi con loro in tour.

Simone mi accompagnò a tutte le visite dal Dottore ed Allison continuava a scrivermi per assicurarsi che andasse tutto bene. Molto probabilmente non sarebbe riuscita a venire presto ad Amburgo, ma apprezzavo il suo sforzo di restare in contatto con me.

A volte avevo pensato che Allison non mi fosse così vicina come amica, ma in realtà era l’amica più cara che avessi mai avuto, nemmeno le mie compagne delle superiori erano vicine a me quanto lo era lei.

Tom non era emozionato quanto Bill per scoprire che aspetto avrebbe avuto nostro figlio, ma gli mandai comunque le foto dell’ecografia. Il bambino non aveva fatto si che il Dottore stabilisse se fosse maschio o femmina, il che mi rendeva ancora più curiosa al riguardo.

Con così poche cose da fare avevo iniziato a leggere tanto, a mangiare ed a fissare la linea rossa sulla tela. Ero determinata a ricominciare a dipingere, quindi in questo momento mi trovavo davanti alla tela durante una delle mie tante telefonate con Tom. Stavo facendo un grosso sforzo per dimenticarmi della situazione e perdonarlo, ma alla notte mi domandavo se Tom trascorresse le nottate da solo o in compagnia della sua spudorata ragazza. O forse ne aveva trovato un’altra…

“Si e Georg è molto agitato perché l’ha chiamato Allison, non voglio sapere…le sta scrivendo in questo momento” ridacchiai ricordando che Allison mi aveva scritto qualche giorno fa dicendomi quanto si sentisse stupida ad essersi rotta la caviglia camminando per strada. Era una di quelle storie divertenti che in fondo non lo sono, perché era caduta ed era atterrata male sulla caviglia. Non aveva nemmeno sentito il rumore dell’osso che si rompeva, semplicemente non era più riuscita a risollevarsi. Una ragazza l’aveva aiutata ed aveva atteso con lei l’arrivo dell’ambulanza.

“Sta bene, dillo a Georg” sentii Tom passare il messaggio a Georg prima di tornare al telefono con me.

“Mi ha fatto il dito” disse con nonchalance. “E tu come stai? Mamma dice che mangi come un maialino”

“Non ha usato quel termine, vero?” domandai, e lui scoppiò a ridere.

“No, no…non l’ha fatto” disse. “Ma hai messo su peso”

“Ci sto provando davvero, ma è dura! Pensavo sarei stata enorme a questo punto!” gli dissi. Mi sentivo enorme ma ogni volta in cui andavo alla visita il Dottore mi diceva di mettere su peso. La mia pancia era evidente ed ora capivo le lunghe docce che si faceva Tom, perché dovevo ricoprirmi di crema per evitare le smagliature. “Non so ancora se Sam o Nadia” cambiai l’argomento.

2. Are you still mine? |ITA|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora