Capitolo Ventiquattro. Ti odio, non lasciarmi.

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Punto di vista di Tom

Quando mi svegliai trovai accanto a me Jo, stava dormendo. Sapevo di essermi comportato da stronzo la notte scorsa, ma mi faceva arrabbiare facilmente il fatto che fosse l'unica ad avere delle domande. Avevo effettivamente trascorso la giornata intera con Michelle, e Jo lo sapeva. Non potevo negarlo.

Michelle era bionda e divertente, in un modo che mi aveva catturato sin dall'inizio. E poi era così diversa da Jo. Michelle era bionda, aveva un accento americano ed una finta abbronzatura, aveva un paio di taglie in più di reggiseno di Jo, e forse la differenza più sostanziale era il modo in cui mi parlava, come se cercasse sempre di farmi piacere.

Jo era molto più trasparente. La conoscevo come il palmo della mia mano. Era più magra e piccola, anche con i tacchi era più bassa di me, i suoi capelli erano castani, era sempre sorridente – non dovevo nemmeno comportarmi da scemo per farla sorridere – ed aveva un ottimo senso dell'umore. Non mi sentivo mai in obbligo di riempire i silenzi con lei e nemmeno lei doveva. Non reagiva mai a caldo, pensava sempre.

La guardai, era coricata di lato verso di me. La notte scorsa avevo fatto una scenata di gelosia, era stato più forte di me. Michelle mi aveva parlato di lei e quel ragazzo danese...sapevo di dovermi scusare, ma non ora. Ieri sera mi aveva detto di avere mal di testa prima di andare a letto, quindi la lasciai dormire. Forse avrei dovuto obbligarla ad andare dal dottore, ma per ora andava bene così.

Dopo aver fatto colazione ritornai a letto, e Jo era ancora addormentata. Cercai di svegliarla sedendomi accanto a lei sul letto e le parlai piano. Il suo volto era nascosto dalle coperte.

"Hey, è ora di alzarsi..." le accarezzai un braccio da sopra le coperte. Lei si allontanò. "Andiamo, si sono stato...sono stato uno stronzo ieri sera, ma andiamo, non fare così! Mi dispiace..."

Le accarezzai ancora il braccio ed attesi, non aveva nemmeno aperto gli occhi. Quando scostai le coperte notai che le sue guance non erano così rosa il giorno primo. Le misi una mano sulla fronte, non era solo calda, era bollente.

"Che hai che non va, Josefine...?" la scoprii, la sua fronte era sudata e lei protestò debolmente mentre la scoprii.

"Non...non..." provò a ricoprirsi. "Mamma non...mamma..." si lamentò, ma io la presi per le mani per farla smettere.

"Sul serio, Jo?" misi di nuovo la mano sul suo viso, si, era bollente. "Cosa faccio con te adesso?" la guardai. L'unica cosa che mi venne in mente fu di metterle qualcosa di freddo sulla fronte, ma non sapevo cosa.

Presi il telefono e mormorai qualcosa in spagnolo, c'era solo una persona che si era presa cura di lei quando aveva avuto la febbre prima: sua madre.

"Pronto, Maura? Sono Tom" cercai di sembrare amichevole, non conoscevo molto bene la madre di Josefine, la maggior parte delle volte avevo parlato con suo padre. Loro due erano intime ma sapevo molto poco di quella donna.

"Tom, hola!" sembrava allegra. Non avevo tempo di chiacchierare. "Come stai?"

"Sto bene, ma...Josefine è malata, immagino...ha la febbre, ed io...dovrei portarla all'ospedale?"

"Oh, no...usa il termometro, tesoro. Non portarla ancora all'ospedale. Noi li odiamo"

"Okay, ma...sta mormorando cose, è grave?"

"Bueno...si" aspettò mentre presi il termometro e lo misi nell'orecchio di Jo.

"È...molto alta, Maura" guardai il numero sul display.

"D'accordo...falle un bagno freddo e vedi se scende, se non migliora portala dal dottore" mi spiegò per quanto avrei dovuto lasciarla nell'acqua fredda. "Pero ya!" ("Adesso!")

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