Capitolo Sei. Non si fanno prigionieri.

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Il giorno dopo il funerale ero completamente stremata, Tom aveva cercato di farmi alzare dal letto, ma io gli chiesi di fare un'altra cosa.

"Potresti per favore portare fuori Lily?" gli chiesi a bassa voce. Lui era in piedi di fronte a me ed io giacevo coricata sul fianco con le coperte fino alla vita. "Penso di dover restare da sola per qualche ora, se per te non è un problema"

Tom si sedette sul bordo del letto e mi baciò la guancia, qualcosa che faceva spesso ultimamente. Poi prese la mia mano nella sua e me la strizzò appena.

"Torneremo per pranzo, ce la fai ad essere pronta per quell'ora, giusto?" mormorai un "si". Poi lui uscì. Feci fatica ma in qualche modo mi misi a sedere.

Era così strano, perché anche se non stavo fisicamente male il mio corpo si comportava come se lo fossi stata. Avevo sentito di persone che avevano rigettato un organo dopo averne subito il trapianto, nel mio caso il corpo stava rigettando la perdita. La parte peggiore era che non piangevo più. Dopo essermi svegliata nel bel mezzo della notta causa un altro incubo non riuscivo più a piangere, faceva male e mi spaventava che i miei occhi non producessero più lacrime...

Feci passare le foto sul mio telefono tentando di trovare qualcosa da fare. Sorrisi a me stessa quando trovai una selfie che ci eravamo fatti con Jazmin e Lily due anni fa quando erano venuti a trovarmi. Poi un'altra di me, Bill e Tom. Jazmin aveva adorato il tramonto, avevo scattato quella foto per mostrargliela e per conservarla quando sarebbe stata più grande in modo da ricordarle quei momenti.

Jazmin non avrebbe mai più guardato questa foto ricordandosi di quel momento. Sarebbe rimasto solamente qualcosa per Lily, per ricordarle che una volta aveva anche un'altra sorella.

Avevo poi altre foto di famiglia - quel tipo di foto scattate da mio padre quando non sapeva dove si trovasse la fotocamera frontale, quelle scattate da Jazmin che ritraevano lei e Georg dopo che il matrimonio era stato annullato, foto di Ulrike e le bambine che davano da mangiare agli animali dello zoo. Io e papà al bar a New York. Io e Jazz che mandiamo un bacio in camera. Noi quattro, le ragazze di papà, in una foto. Altre foto risalenti a Natale e Capodanno...bloccai la tastiera del telefono e ripensai a ciò che mi aveva detto papà quando Bill era entrato in stanza.

"Felice ed intelligente". Mi sforzai di alzarmi e guardarmi intorno. Mi pizzicai le guance nel tentativo di sentirmi viva, andai poi in bagno e mi sciacquai il viso con l'acqua fredda, non avevo idea di cosa fare.

Mi trascinai in camera e mi tolsi il pigiama; qualcosa mi implorava di non indossare capi neri perché quel colore mi faceva sentire ancora più disperata. Dentro di me volevo stare meglio, quindi decisi che non sarei stata così triste, avrei sofferto adesso e mai più nel futuro...come avevo fatto per mio fratello. Indossai quindi una felpa sopra la maglia a maniche lunghe e jeans prima di scendere al piano inferiore.

La cucina – come il resto della casa – era silenziosa. La macchina del caffè era accesa, quindi me ne feci una tazza e mangiai qualche biscotto del tipo che mancava a Lily quando eravamo in America. Sedetti quindi al tavolo da pranzo e guardai nel vuoto. Capodanno dell'anno scorso in questa stanza era successo il finimondo, Jazmin e Lily avevano cantato e ballato, e sia Ulrike che papà che io avevamo applaudito la loro piccola band. Ora non c'era più nulla ed il silenzio mi fischiava nelle orecchie, era insopportabile. Chiamai Bill, sapevo che era con suo fratello e Lily.

"Pronto?" rispose. "Che succede, Jo?"

"Potreste...scusa se te lo chiedo, non pensavo mi sarei sentita così – potreste venire a casa?"

"Certo, arriviamo subito" mi rassicurò Bill. "Stai bene?" scossi il capo, ma lui non mi avrebbe vista, che stupida. Ridacchiai amaramente.

"No. Sto abbastanza male..."

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