Capitolo Trentacinque. Fermati e guarda.

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Terminai tutti i disegni per Dasha in una settimana, ma avrei finito prima se non avessi dovuto prendermi cura di Gunther. Non me ne lamentavo poiché stavo iniziando ad abituarmi alla vita da mamma. Trovavo ancora strano l’essere definita mamma, ma fortunatamente mio figlio non mi avrebbe definita in tal modo in tempi brevi.

Ero sorpresa da quanto Tom mi stesse aiutando. Durante il giorno non faceva molto, ma di notte si alzava a controllare il bambino. Non mi mossi nemmeno, se non una notta in cui Tom decise che ne aveva avuto abbastanza e ad un certo punto sentii il pianto del bambino vicino a me, non attraverso il baby monitor. Quando mi voltai trovai Gunther nel letto in mezzo a noi.

“Cosa stai facendo, Tom?” domandai con voce stanca.

“Scusa ma se ha paura mettiamolo qui, tu non ti muovi nemmeno e sono sicuro che non lo schiaccerò” spiegò Tom mettendosi a letto.

Misi una mano sul fragile corpo di Gunther.

“Ha una culla, si deve abituare a starci da solo” sussurrai.

“Può abituarsi quando sarà in tour, adesso deve dormire e lasciarci dormire” sorrisi chiudendo gli occhi.

“Cosa dici, Gun?” sussurrai al bambino prima di dargli un bacio sulla testa, forse si era già addormentato.

Tom mise la mano sulla mia e disse a voce molto bassa, “Quanto vorrei che voi due veniste con me in tour…”

Il mattino seguente la prima cosa che feci fu cambiare il pannolino a Gunther, ero così abituata a farlo che svolsi l’operazione molto velocemente. Tom ci guardò appoggiato allo stipite, sembrava colputo.

“Ti meriti un premio”

Mi voltai verso di lui e gli sorrisi, dovevo ancora pulire un po’ in casa ma ovviamente diedi la priorità a dar da mangiare a Gunther.

“Mi merito di sapere perché stai già uscendo” ribattei assicurando il pannolino attorno alla vita di Gunther. Tom indossava già un paio di jeans, una maglietta ed una giacca ed i suoi capelli erano raccolti uno strano chignon. Aveva gli occhiali appesi alla maglietta ed il cappello attaccato ai jeans.

“Un’altra intervista” rispose Tom sbadigliando. “Sul serio, quanto tempo ci vuole perché usi il water? È disgustoso” aggiunse arricciando il naso. Avevo finito di cambiargli il pannolino e stavo giocando con i suoi piedini, ma dovevo ancora dargli da mangiare e fargli il bagnetto per portarlo con me ad un appuntamento con il mio management. Nonostante Simone si fosse offerta di prendersi cura di Gunther mi piaceva portarlo con me, e non avevo intenzione di lasciarlo con qualcuno ogniqualvolta avevo qualcosa da fare a LA, era meglio imparare a gestirlo.

“Ha tipo due mesi, ci vorrà un po’ Tom” chiusi la tutina di mio figlio e lo presi in braccio. “Chi è pronto per la colazione?” guardai Gunther fra le mie braccia.

“D’accordo, basta” Tom mi raggiunse e prese il bambino dalle mie braccia. “È il mio turno”

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