Confessioni.

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Capitolo 29

Prima di andare in cerca di qualcosa per cena, presi il mio PC e, senza pensarci troppo, inviai la documentazione, presente sulla pen-drive di Andreina, a Lorena

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Prima di andare in cerca di qualcosa per cena, presi il mio PC e, senza pensarci troppo, inviai la documentazione, presente sulla pen-drive di Andreina, a Lorena. Non volevo restare in sospeso con la mia coscienza. A casa non avevo nulla da mangiare ma, oltre al cibo, era la fame che mi mancava. Così decisi di uscire ed andare in giro per Bogotà. In fondo, da quel momento in poi non sapevo cosa sarebbe potuto accadere e, quella città, l'avevo decisamente vissuta poco. Quindi presi il mio giubbotto di pelle, insieme alle chiavi della Bentley, ed uscii.

Bogotà era una città così contorta. Aveva un'atmosfera allegra e misteriosa, zingara e passionale. Ma l'altra faccia della città era l'unica cosa che avevo potuto conoscere davvero. I narcos avevano dilaniato l'economia e la vivibilità di Bogotà per anni e anche il governo ne aveva risentito. Questo l'aveva resa una città povera, vittima in parte degli Stati Uniti. Ecco perché gli americani erano così odiati in Colombia.

Continuai a guidare per le strade della città finché non decisi di parcheggiare e fare un giro per i negozi del centro. Una stangona come me, con dei tratti misti tra la Svezia e l'America e lo stile maschile che mi contrassegnava, di certo non passava inosservata. Ad un tratto mi ritrovai in una via piena di gioiellerie. Un oggetto in vetrina mi colpì. Entrai e decisi di comprarlo, senza pensarci troppo su. Avevo deciso di vivere giorno per giorno perché domani non avrei saputo cosa potesse accadermi. Mi fermai in un bar per mangiare un panino e bere qualcosa. La fame mi era tornata, l'atmosfera di Bogotà mi aveva messo di buon umore. Mentre ero seduta al bancone del bar, un uomo si accomodò sullo sgabello accanto a me. Non era lì per caso, lo avvertivo. Ad un tratto, vidi, con la coda dell'occhio, quell'uomo consegnare un blocchetto di molti pesos al barista che gli fece un cenno con la testa, accettandoli. Poi, sempre lo stesso uomo, appoggiò una pistola sul bancone. Quello fu il segnale definitivo che quell'individuo era lì per me. Decisi di lasciare i soldi del conto sul bancone e di alzarmi dallo sgabello per uscire dal bar, ma la mano di quell'uomo mi afferrò un braccio, fermandomi. " A donde vas?(Dove stai andando)" mi disse. Si alzò dallo sgabello e mi si parò davanti.

Mara: No entiendo (Non capisco).

Gli risposi scocciata.

"Allora parliamo tua lingua", mi disse in un inglese stentato. Mi puntò la pistola all'addome, nascondendola col suo trench. Mi fece cenno di uscire dal bar. Feci come ordinava perché non potevo fare diversamente. Giunti fuori, mi ordinò "Lì dietro", riferendosi ad un vicolo che sbucava al lato del bar. Camminai fino al vicolo con l'uomo dietro di me. Mi chiese di voltarmi, mettendomi spalle al muro. Ora la sua pistola puntava alla mia testa. "Così tu sei la socia de las Rodijos, ah?", mi disse in tono minaccioso. Io non risposi. "Mara Edwards.", sentenzió squadrandomi da testa a piedi. Fui sollevata quando sentii pronunciare il nome che avevo per copertura. La mia identità era ancora salva.

Mara: Si, sono io. Chi vuole saperlo?"

"Ora ascoltame, agli uomini de las Rodijos non gli piace che una gringa ha preso quello che era loro. Da quando tu sei en affari con "las hermanas" (le sorelle), succedono cose strane. Quello non è il tuo posto. Te ne devi andare!", mi disse minacciandomi.

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