Vie di fuga

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                                                                                     Capitolo 10

Carla continuava a fissare Arnaldo, con gli occhi in fiamme. Decisi di interrompere quella scena, prima che degenerasse in qualcosa di irreparabile.

Mara: Miss Rodijo! Che piacere!

Carla distolse lo sguardo da Arnaldo e mi guardò come se non si fosse ancora accorta della mia presenza. In realtà, se ne era accorta ma non voleva farmi godere della sua considerazione, in quel momento.

Carla: Non sono venuta per lei, signora  Edwards.

Nonostante la sua frase suonasse scontrosa, in realtà sembrava volesse tranquillizzarmi. Ritornò con il suo sguardo su Arnaldo.

Carla: Tu, Arnaldo Gaviria, eres un hombre muerto! Hijo de puta! (Tu, Arnaldo Gaviria, sei un uomo morto! Figlio di puttana!)

Era davvero feroce quando rivolse quelle parole ad Arnaldo. Non capivo nulla, né di quello che stava succedendo né di quello che aveva detto Carla. Dopo quella sentenza, Carla si voltò alla porta, aprendola, e la chiuse dietro di sé,  sbattendola con forza.

Non appena la signora Rodijo uscì, Arnaldo iniziò ad agitarsi. Non sapeva cosa fare. Fece un paio di chiamate ma io non capii nulla, poi andò in camera sua e, dopo una decina di minuti, tornò con un borsone dove aveva messo il necessario per andar via. Ad un certo punto, si fermò e si ricordò della mia presenza.

Arnaldo: Devo andare via, Mara.

Mi disse, in preda al panico.

Mara: Che significa, Arnaldo?! Che sta succedendo?

Arnaldo: Devo estar lontano de qui per un poco de tempo. Tu puoi restare, tranquilla.

Mara: Ma...Perchè devi andare via? 

Arnaldo: Mara, non farme domande porchè non posso respondere adesso.

Mi disse quella frase con la paura di morire nei suoi occhi. Temevo che sarebbe scoppiato a piangere lì, davanti a me. Prese il suo borsone e andò via, fuori dalla porta di casa. Io restai lì, immobile, senza capire cosa farne di quella prigione lussuosa. Arnaldo aveva portato con se anche i suoi inservienti, per non lasciare testimoni riguardo a dove fosse andato. Il mio primo pensiero andò alle telecamere che continuavano a spiarmi, ma non potevo ancora disinnescarle. Ciò voleva dire che avrei dovuto continuare ad aspettare domattina per poter inviare le registrazioni del microchip a Lorena. In tutto ciò, il mio micro-trasmettitore era ancora attivo. Lo tolsi dal corrimano,  facendo finta di salire le scale appoggiandomi a questo, dato che ero ancora sotto l'occhio delle telecamere e non sapevo chi ci fosse a guardare quei filmati. Lo rinfilai nel mio smart-watch. Poi decisi di inviare un sms in codice a Lorena. Le scrissi "Mamma, come stai? Qui tutto bene. Volevo spedirti un bel souvenir da questa splendida città ma devi ricordarmi il tuo indirizzo."

Lorena mi rispose prontamente "Ciao figliola, sto bene. Non preoccuparti dei regali ma, piuttosto, potresti farmi una chiamata qualche volta. Che ne dici di farti sentire domattina?"

Risposi "Va bene, mamma."

Così, nell'attesa che la serata passasse, decisi di andare in cucina e prepararmi qualcosa, dato che ormai ero completamente sola. Mangiai del riso con verdure che trovai nel frigo. Pulii e sistemai al meglio e poi decisi di scendere in palestra. Sapevo che, se non avessi fatto qualcosa di estenuante, la notte non avrei dormito, con quello che era successo. 

Mi svegliai alle 6:00. Il sonno era durato poco ma era una cosa stato profondo. Decisi di fare colazione, quindi scesi al piano di sotto e iniziai a preparare un po' di uova strapazzate e del pane abbrustolito con del burro spalmato sopra. In Colombia avevano dell'ottimo caffè e, a casa di Arnaldo, era davvero tutto di buona qualità. Quindi mi preparai anche un buon caffè. Come al solito, dopo aver finito, sistemai tutto. Era una mia mania, come se volessi sistemare quell'enorme confusione che era la mia vita. Mentre ripulivo, a volte, mi soffermavo a pensare come sarebbe stato avere una donna al mio fianco, per condividere quei momenti quotidiani. Poi m'interrompevo subito, perché non avevo il tempo materiale per pensare ad una donna quando dovevo pensare prima a come salvare la mia vita. Mentre passavo da un dubbio esistenziale all'altro, ero già sotto la doccia. Finii di prepararmi e mi precipitai fuori casa. Con mia grande sorpresa, Arnaldo aveva portato via con se la sua Mustang ma la Bentley era proprio lì che sembrava volermi dire "Sono rimasta per te". Così rientrai in casa e mi ricordai di aver appoggiato le chiavi di quella macchina su un tavolino "consolle" all'ingresso. Erano ancora lì e, con un ghigno di soddisfazione, le afferrai. Misi in moto la Bentley e partii.

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