capitolo ventuno

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Il mattino successivo mi svegliai al suono della porta principale al piano inferiore che si chiudeva. Mia madre doveva essere tornata da lavoro o doveva essere andata a lavoro. O magari stava andando da qualche altra parte, ma non mi informava mai dove andava.

Avevo imparato ad agire come se non mi importasse dei suoi spostamenti.

Sbattei le palpebre un paio di volte, cercando di svegliarmi completamente, prima di voltarmi lentamente. La vista mi provocò un piccolo sorriso e per un momento il pensiero di mia madre lasciò la mia mente. Harry dormiva accanto a me, i ricci scuri gli coprivano leggermente gli occhi chiusi. A un certo punto della notte aveva avvolto gentilemente il braccio intorno alla mia vita e potevo sentire il suo calore anche attraverso i vestiti. Aveva un'espressione così tranquilla che non mi permisi di svegliarlo. Invece, scivolai attentamente sotto il suo braccio e mi alzai. Flashback della serata precedente riempirono la mia mente, facendomi sorridere ulteriormente mentre uscivo silenziosamente dalla stanza, lasciando dormire Harry. Riuscivo a ricordare noi stesi sul mio letto a parlare delle nostre infanzie, soprattutto delle cose più felici che erano successe. Harry mi aveva tenuto per mano, accarezzandola lentamente col pollice, e ogni tanto mi guardava con dolcezza, ma comunque ascoltando con attenzione ogni parola che dicevo.

E fu come se i miei sentimenti per lui avessero continuato a crescere.

Sentii mia madre sferragliare in cucina mentre mi dirigevo al bagno. E improvvisamente il sorriso che avevo da quando ero sveglia, scomparve. Invece sentii un dolore familiare al cuore e ciò mi fece affrettare lungo il corridoio, chiudendomi la porta del bagno dietro. Il mio respiro era accelerato e continuavo a deglutire, cercando di allontanare il dolore e la tristezza.

Non avrei dovuto sentirmi triste perchè mia madre era a casa, per poi andarse fra sole un paio di ore. Non avrei dovuto sentirmi triste perchè non avevo quel rapporto che ogni madre e figlia avrebbero dovuto avere. Non avrei dovuto sentirmi triste perchè mia madre passava più tempo fuori casa, evitando piuttosto sua figlia. Non avrei dovuto sentirmi triste per tutto, perchè tutte quelle cose erano colpa mia. Io avevo provocato tutto ciò, quindi perchè dovevo esserne triste? Il mio comportamento era stata una mia scelta e potevo soltanto incolparmi per aver rovinato tutto dopo che mio padre se ne era andato.

Chiusi gli occhi e obbligai il dolore a tornare nel retro del mio cuore. Quando aprii di nuovo gli occhi, non sentii altro che torpore. Dopo essermi lavata il volto, afferrai lo spazzolino e velocemente mi lavai i denti. Ma, prima di uscire dal bagno, mi guardai per sbaglio allo specchio. E vidi un bagliore nei miei occhi.

Il torpore non aveva raggiunto gli occhi, nonostante l'avessi voluto.

"Heather?"

La voce di mia madre echeggiò in tutta la casa.

Lentamente uscii dal bagno e chiusi la porta. I miei movimenti erano meccanici mentre mi dirigevo al piano inferiore con un'espressione apatica sul volto. Quando mi fermai sulla soglia della cucina e incontrai lo sguardo duro di mia madre, non mi sorpresi di non provare quasi nulla.

"Chi ti ha dato il permesso di portare un ragazzo in casa nostra? E lasciarlo rimanere tutta la notte?!"

Probabilmente aveva visto le scarpe di Harry all'entrata. Non c'era altro modo perchè lei sapesse che qualcun altro era qui.

Quando non la risposi, prese un paio di respiri profondi, cercando ovviamente di non sgridarmi, ma i suoi occhi fiammeggianti rivelarono quanto fosse arrabbiata. All'inizio non capii pienamente perchè, ma le parole successive mi chiarirono tutto.

"Heather, sai che non ti ho mai proibito nulla. Puoi fare quello che vuoi finchè lo fai fuori casa. Alla fine sei tu che devi portare il fardello dei tuoi propri errori. Ma non ti permetterò di portare i tuoi errori vicino a me. Non voglio vedere nessuno con cui esci, nè in casa mia, nè vicino casa mia. Puoi continuare a rovinarti con i tuoi amici, ma non portarli vicino a me."

La guardai dritta negli occhi e nonostante provassi a sentirmi intorpidita, non riuscii a fare a meno di provare una leggera rabbia e dolore dentro di me. Tuttavia, mantenni la bocca chiusa, sapendo che non importava come le avrei risposto, sarebbe sembrato pieno di rancore e...ferito.

Nonostante avesse ragione riguardo al fatto che avevo fatto un sacco di errori, lei comunque non aveva idea che l'unico amico che avevo ora era Harry ed era ben lontano dall'essere qualcuno che poteva rovinarmi.

"Dato che ti stai comportando da testarda e non mi rispondi, voglio che tu sappia che voglio quel ragazzo fuori di qui e velocemente. E se vedo di nuovo qualcuno in casa mia, sappi che ci saranno delle conseguenze. E saranno i tuoi amici a soffrirne. Se sei almeno un po' protettiva, allora saprai bene che è meglio non andare contro la mia volontà."

Mia madre mi voltò le spalle e camminò verso il tavolo da pranzo per continuare a versare lo sciroppo sui suoi pancakes. E fu allora che non riuscii più a trattenermi.

"So di non essere il tipo di figlia che vorresti io fossi e so di aver fatto molti errori. Puoi continuare a incolparmi e a guardarmi con disappunto ogni volta che mi vedi. Ma non puoi farmi più stare sola in questa casa. Non hai idea di come ci si sente a starsene seduti in un angolo della tua stanza buia in una casa vuota e a lottare contro i tuoi pensieri che lentamente ti distruggono la mente. Quindi, se ti importa ancora un po' di me, mi lascerai portare Harry qui almeno quando non sei a casa. Non ti chiedo altro, solo non obbligarmi a rimanere sola di nuovo..."

La mia voce si spezzò alla fine, ma velocemente mi ricomposi. Mia madre si era bloccata sul posto, ma il suo sguardo era puntato sul tavolo, quindi non riuscivo a vedere che tipo di emozione avesse nei suoi occhi. Dopo il mio sfogo, il silenzio divenne oppressivo e iniziai a pensare se le avessi rivelato anche troppo di come mi sentivo davvero. Non riuscivo neppure a ricordare quando era stata l'ultima volta che le avevo parlato apertamente delle mie emozioni, forse era stato quando ero appena una bambina.

Vidi mia madre posare lentamente lo sciroppo sul tavolo, prima di voltarsi finalmente a guardarmi. E il suo sguardo di ghiaccio non era quello che mi aspettavo.

"A volte è difficile credere che tu abbia quasi diciotto anni. Cresci, Heather. Non hai bisogno di una babysitter per assicurarsi che non ti senta sola."

Le sue parole taglienti mi colpirono come un coltello e immediatamente realizzai di aver fatto un grande errore provando a dirle come mi sentivo. Non avrebbe mai capito.

Deglutendo, indietreggiai, pronta ad andarmene, ma lo sguardo di mia madre mi disse che non aveva ancora concluso.

"Nemmeno una singola anima entrerà in questa casa senza il mio permesso. Specialmente..."

E all'improvviso si fermò nel mezzo della frase e il suo sguardo freddo si posò su qualcosa dietro di me. E senza neppure guardare, seppi chi era comparso.

Non sarebbe finita bene.

The Blue Rose [h.s. - italian translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora