Chapter III: How are you?

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Non avevo praticamente dormito, per la testa mi giravano troppe domende e troppi dubbi.

Chi ero adesso? Se mi guardavo allo specchio chi vedevo? Una due, una uno o una quattro? Una principessa, una regina o una lavoratrice?

Avevo solo sedici anni, l'età minima, non volevo sposarmi, non volevo avere figli, non volevo innamorarmi, volevo solo essere una ragazza come tante altre.

Piansi silenziosamente tutta notte.

Volevo stare a casa con Momo e con Liset, soprattutto dopo l'incidente e per la prima volta dopo diverso tempo ripensai a mio padre.

Piansi pensando anche a lui. Cosa direbbe se fosse qua? Lui sarebbe d'accordo? Come potrebbe aiutarmi? Cosa mi consiglierebbe?

Verso l'alba però trovai un'affermazione molto simile ad una risposta: io sono Kristen Style, ho sedici anni, vivo nell'Oregon e sono una quattro.

Niente e nessuno avrebbe cambiato quella frase.

Alle nove di mattina mi alzai dal letto asciugandomi gli occhi gonfi ed andai in cucina a fare colazione, presi le pillole e mi diressi in camera.
Mi concentravo sulle azione non pensando, se mi fossi lasciata andare avrei rotto quella sottile linea di tranquillità che mi sforzavo di avere.
Così mi fermai di fronte allo specchio fissandomi e provando a pensare a come sarebbe stato meglio presentarsi.

-Aiuto Klis?- chiese Liset entrando in camera seguita da mamma e Momo.

Sospirai.

-Dipende da cosa avete in mente- sorrisi tristemente.

Mi diressi verso l'appendino con appeso il vestito rosa e iniziai a svestirmi per infilarlo.

-Volevamo metterti un pò di trucco, acconciarti i capelli e...-

-No- fermai duramente mia madre -io sono una quattro e resterò una quattro. Di solito andiamo in giro truccate? Andiamo al lavoro tutte acconciate?- chiesi retoricamente.

Mia madre scrollò la testa senza ribattere, strano per lei, ma probabilmente poteva intuire come mi sentissi in quel momento.

-E allora io non mi truccherò e non mi acconcerò. Sono quella di sempre- fini di sistemarmi l'abito e guardai il risultato all'effetto.

Liset mi corse incontro e mi tirò la gonna.

-Tu belisima- disse lei mettendosi il pollice in bocca e ciucciandolo teneramente.

Le scompigliai dolcemente i capelli.

-Momo, hai ancora i nastri per capelli rosa? Io non li ho quel colore... anzi, bianchi?- le chiesi mordendomi un labbro tattenendo un sorriso tenero.

Lei sorrise e corse in bagno; mia madre mi guardava rapita.

-Kristen, sarai bellissima, anzi lo sei già. Non voglio che diventi come loro, sei già perfetta così come sei- disse mia madre trattenendo delle lacrime di gioia.

Le piacevo davvero? Davvero non desiderava che mi abbellissi per sforzarmi di piacere a tutti?

-Mamma, voglio che tu mi stia vicina, ti prego, ho bisogno di appoggio- la guardai in modo maturo. Annuì semplicemente.

Montgomery tornò di corsa dandomi i nastri.

-Cosa vuoi fare?- chiese lei sedendosi sul letto e guardandomi con occhi sognanti.

-Mi farò una coda- presi la spazzola dalla via scrivania e mi spazzolai i lunghi capelli nocciola poi li rilegai in una coda alta lasciando fuori una ciocca che mi ricadeva al lato del viso.

Incamminai un pò impacciata verso la scarpiera e presi un paio di ballerine bianche.

Mi specchiai. Ero soddisfatta di me stessa: sembravo una quattro vestita bene, non una uno o una due.

Bussarono alla porta e mia madre andò ad aprire.

-Lady Kristen è pronta?- disse un autista in livrea.

Io mi presentai trionfante di fronte a lui e con sguardo fiero uscii dalla porta di casa.

Attorno alla casa c'erano miliardi di persone e di fotografi, sentivo urlare il mio nome mischiate a grida di apprezzamento, ma anche di disapprovazione.

Camminai a testa alta fino alla macchina quando venni fermata da una giornalista.

-Come si sente adesso?- chiese lui puntandomi un microfono davanti alla bocca.

Come mi sento adesso? Emozionata? Paurosa? Imbarazzata? Sicura?

-Se lei venisse ribaltato in una realtà totalmente diversa dalla sua e contro la sua volontà, come si sentirebbe?- risposi guardandolo freddamente.

Lui aprì la bocca e abbassò il microfono.

Ero determinata a mostrare al mondo di che pasta ero fatta e non mi importava vincere la corona.

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