53. Al punto di partenza

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La casa dove ho vissuto la mia infanzia felice è davanti a me, la piccola e modesta struttura è trasandata e mi si stringe il cuore a vedere così la casa in cui sono nata e cresciuta...

Nessuno è più venuto qui sin dal giorno del funerale dei miei. Nessuno ha mai avuto il coraggio di entrare nella casa dove, Eryn Dallas e Hendric Harvey, hanno vissuto felicemente la loro breve vita prima d'ora...

Cazzo, non doveva andare così... Non dovevano morire così presto! Avevano ancora molti anni da vivere.
Vorrei che fossero qui per accogliermi a braccia aperte.
Vorrei che potessero vedermi nei giorni più belli della mia vita.
Vorrei poterli abbracciare in questo istante.

Stranamente non piango. Forse dovrei, ma le lacrime non scendono... c'è soltanto dolore.
Ho pianto troppe volte e ho capito che anche se piango loro non ritorneranno mai indietro...

Quando afferro la maniglia della porta e giro la chiave nella serratura una marea di ricordi mi travolgono.

Mio padre ride spensierato e mi guarda con la schiena appoggiata alla porta. Scuote la testa con finta disapprovazione.

«Astrid! Ma che hai combinato?!» chiede continuando a ridere e squadrandomi da capo a piedi.

«Eh, sono caduta nella fontana! Che schifo!!» piagnucolo esibendo i miei nove anni.

Mio padre continua a ridere ed io mi arrabbio ancora di più. Lo supero lasciandolo in veranda e vado da mia madre in cucina.

Appena lei mi vede scoppia in una fragorosa risata. Tutti ridono di me ed io, da bambina di nove anni quale sono, mi metto a piangere.

Mia madre smette di ridere e si avvicina a me accarezzandomi i corti capelli biondi. «Astrid devi imparare a scherzare sui tuoi errori. Non devi prendere tutto sul personale, altrimenti il mondo che c'è la fuori ti sbrana in due secondi!» dice sorridendomi.

Le parole di mia madre rimbombano nella mia testa e tutto mi fa pensare a lui... tutto mi fa pensare a Heden.

Io so che mi sto comportando come una bambina di cinque anni, ma non voglio ammetterlo.
Io so che lui aveva tutte le ragioni per non dirmelo.
Io so che a parti invertite non gli avrei confessato una cosa così personale, mi sarei comportata esattamente nello stesso modo in cui si è comportato lui.

La verità è che mi manca da morire e il pensiero di averlo salutato con un semplice "ciao" seguito da un insulto, mi fa impazzire.

Lascio i bagagli all'ingresso e mi butto sul divano con un sospiro stanco. Mi sdraio supina e afferro il cellulare.

Non ce la faccio, è più forte di me... devo assolutamente sapere di non averlo fatto troppo soffrire.

So di essere una viscida merda. Prima lo respingo, poi parto salutandolo con un insulto e infine lo cerco...
Non pretendo che lui debba capirmi perché sinceramente non mi capisco neanche io, ma una volta non ero così insopportabile.
Heden ha conosciuto una parte di me che non doveva conoscere. Si merita di meglio.

Scrivo rapidamente un messaggio.

Da Astrid
Sono arrivata, mi dispiace per quello che ti ho detto prima di partire.
Scusa se non so restare.

Invio il messaggio senza pensarci troppo su e prima che possa cambiare idea premo il tasto invio sul display del mio cellulare.

Mi alzo controvoglia e porto i miei bagagli nella mia vecchia stanza. Dopodiché faccio qualche telefonata per avvisare del mio arrivo, le persone più importanti.

Questione di scelteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora