14. Rimorsi

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Otto canzoni e sei cocktail dopo sono immersa nella musica. Non capisco più nulla, voglio solo divertirmi. So che domani mi pentirò di tutto quello che sto facendoi, ma almeno sarò consapevole che tutto quello che sta succedendo questa sera è solo a causa mia. Non potrò incolpare nessuno delle mie disgrazie.
Sophie, Lexie e Julia mi hanno ripetuto innumerevoli volte di fermarmi al secondo, o per lo meno al terzo cocktail, ma voglio divertirmi per una volta. Alle conseguenze ci penserò domani.
«Devo pisciare» dico alle ragazze alzando la voce per farmi sentire sopra la musica. Loro sono colpite quanto me della volgarità che c'è nelle mie parole.
Quando ha finito di ridere, Sophie mi indica il bagno. La ringrazio e mi dirigo verso la porta.
Sono quasi arrivata, quando qualcuno mi spintona ed io vado a finire contro qualcun'altro.
Impreco a gran voce. (L'alcol mi rende molto, ma molto, volgare)
«Ma che cazzo!» sbraita la persona su cui stavo per cadere.
Mi giro a sinistra per vedere chi mi ha spintonato. Il ragazzo mi guarda e alza una mano per chiedere scusa, per tutta risposta lo incenerisco con lo sguardo.
Mi giro a destra per vedere la persona su cui stavo cadendo e mi accorgo, con grande sorpresa, che è Heden.
Heden frequenta questo tipo di locali? Sinceramente non me l'aspettavo. È normale, alla fin fine non lo conosco. Potrebbe essere un drogato e io sicuramente non lo saprei.
Non è proprio uno sconosciuto. Diciamo che è un conoscente.
Un conoscente a cui penso da quando mi ha fatta spaventare nel boschetto. Dettagli.
«Cosa ci fai tu qui?» mi chiede con voce carica di... disprezzo?
«Faccio quello che voglio.» rispondo decisa a terminare la conversazione, non voglio sprecare altro tempo per parlare con questo ragazzo bipolare.
Mi volto e faccio qualche passo per arrivare al bagno ma lui mi afferra il braccio e non mi lascia proseguire.
«Hai bevuto?!» lo fulmino con lo sguardo.
«E se anche fosse? Da quando te ne importa qualcosa?» chiedo stupita dalla sua domanda.
«No, appunto... non mi importa.» si gira e se ne va.
Una parte di me è felice che lui se ne sia andato, ma l'altra parte, quella più grande, ci è rimasta molto male per il suo comportamento.
Entro in bagno, faccio quello che devo fare e mi lavo le mani. Vorrei sciacquarmi anche la faccia, ma il trucco, che è ancora ben steso sul mio volto, non me lo permette. Devo farmi insegnare da Vanessa a truccarmi così bene.
Uscendo dal bagno mi aggiusto le pieghe del vestito.
Faccio qualche passo nella direzione dalla quale sono arrivata, sperando di ritrovare le ragazze, ma mi sento afferrare il braccio con un tocco forte, deciso ma delicato al tempo stesso.
Subito penso al peggio... e se é un ubriaco? O un violentatore? O peggio ancora, un killer?
Ogni preoccupazione svanisce quando scorgo il volto di Heden alle mie spalle che mi sta trascinando fuori dal locale.
Mi sale la rabbia. Ma chi si crede di essere? Pensa di potermi prendere e portare fuori dal locale come fosse mio padre? Io proprio non lo capisco. Sono stufa dei suoi sbalzi di umore... prima è simpatico, poi è scostante e adesso è... protettivo?
Arriviamo fuori dal locale e l'aria gelida mi provoca un brivido.
«E così ti comporti come fossi mio padre, adesso?» sbraito
«Sei ubriaca Astrid!» mi risponde gridando.
«Lo so.» rispondo in tono triste. I rimorsi iniziano a mangiarmi dentro.
«Non credevo che fossi quel tipo di persona» dice in tono di voce molto basso.
«Neanch'io credevo di esserlo.» dico più a me stessa che a lui.
Non avrei dovuto bere così tanto. Non avrei dovuto lasciarmi andare in questo modo. Me ne sto pentendo ancora prima di quanto pensassi.
«Sono una stupida io sono qui ad ubriacarmi e lui è lassù» dico gridando e indicando il cielo. Le mie lacrime si fanno strada sulle guance.
«Okay, calmati...» dice lui per consolarmi. Come fa a consolarmi se non sa niente di me... non sa chi sono e non gliene frega niente.
«No, non mi calmo! Lui è morto per me... per consentirmi di vivere ed io come una cretina sto buttando quella vita che lui ha sacrificato per me!»
Lo vedo perplesso, ma non fa domande ed io lo ringrazio mentalmente.
Voglio andare via.
Mi giro e faccio per andarmene ancora singhiozzando.
«Dove vai?» mi chiede gridando per farsi sentire.
«Me ne vado!» rispondo, ma lui mi prende per il braccio e mi fa girare per guardarlo.
«Dove vuoi andare ubriaca in questo modo?!»
«Non lo so ma me ne vado!» annuncio e cerco di togliere il braccio dalla stretta della sua mano. Mi stringe il braccio più forte.
Resta in silenzio un istante fissandomi, poi distoglie lo sguardo e mi dice: «Vieni con me.»
Che cosa? Sta scherzando? Non ho alcuna intenzione di andare con lui!
«Assolutamente no!» ribatto contrariata.
«Ah, bene. Sentiamo dove vai a piedi a quest'ora della notte.»
«Non... non lo so.» mi guardo intorno nel parcheggio pieno di ragazzi ambigui. Forse è meglio se vado con lui dopo tutto.
«Dai, vieni» mi ripete e inizia ad incamminarsi. Lo seguo fino ad arrivare di fronte ad una macchina nera molto bella. Luccica. O almeno così sembra. È un giochetto provocato dall'alcol?
«È tua?» chiedo mentre entriamo nel abitacolo.
«Si. La cosa ti sorprende?» chiede sorridendomi.
«niente affatto.» mento sorridendogli a mia volta.
Partiamo senza dire un'altra parola.

Questione di scelteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora