Capitolo XIX

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L'immagine della mia famiglia tutta unita, senza nessuno nella sua stanza a farsi i cazzi suoi, nessun problema, era davvero preoccupante. L'ultimo messaggio di Andrea mi aveva rassicurata: mostriamogli che siamo migliori.

Continuavo a ripetere quella frase nella mia testa sperando che da un momento all'altro potessi avere il potere di saper controllare la mia ansia, ma era inutile. Lui sarebbe arrivato a momenti, non gli avevo più scritto, essendo impegnata ad apparecchiare la tavola quasi in modo romantico.

Mia madre aveva acquistato dei tovaglioli rossi, come simbolo dell'amore che c'era fra di noi, secondo lei. Veronica aveva invece esagerato totalmente, comprando delle candele eleganti, probabilmente utili a far sembrare l'atmosfera più tranquilla e rilassante.

I due uomini di casa, ovvero mio papà Giulio e Giuseppe, erano seduti sul divano, quest'ultimo era quasi arrabbiato, dato che non avevamo più parlato dal nostro ultimo scontro, sentivo che sarebbe successo qualcosa di brutto.

Ad un certo punto sentii il campanello suonare, esso attirò l'attenzione di tutti, ma sopratutto la mia. Mi affrettai ad andare ad aprire prima che lo facesse qualcun altro, quasi cascando a causa dei tacchi a spillo gentilmente prestati dalla mia sorella maggiore, nonchè l'unica che avevo.

“Ciao bellissima” sussurrò, baciandomi la guancia prima che qualcuno potesse venire a salutarlo. Mia madre mi venne dietro, salutandolo allegramente, fiera di me, di lui e di noi.

“Piacere di nuovo, signora. Fingiamo di non esserci mai visti” sorrise, ricambiando l'abbraccio che lei gli stava dando. Si staccarono presto, dando tempo a mia sorella Veronica, che lo accolse felicissima.

Mio padre gli strinse la mia mano e gli diede un mezzo abbraccio, assieme ad un mezzo sorriso. Poi, toccò a Giuseppe, ed era quella la parte che mi preuccupava più delle altre.

Si diedero la mano freddamente, ma nessuno commentò, e ci trasferimmo automaticamente nella sala da pranzo. Presi posto accanto ad Andrea, dopo averlo invitato a sedersi, senza che potesse essere a disagio un solo secondo.

Mia madre servì il primo piatto, per poi sedersi. “Allora, Andrea, raccontaci un po' di te” disse mio padre, mentre spargeva il suo piatto di formaggio grattugiato.

“Insomma.. sono nato in Sicilia, a Gela. I miei si sono divorziati quando ero piccolo, ma grazie a questo sono riuscito a rafforzare il rapporto con entrambi. A diciannove anni mi sono trasferito a Verona per cercare di lanciare la mia vita da DJ, ora ho ventisette anni e giro per l'italia, anche se non sono ancora molto famoso” spiegò.

“È conosciuto perché posta foto mezzo nudo su Instagram” aggiunse Peppe, voleva non far approvare la nostra storia da mio padre, così da dividerci.

“Peppe! Smettila! Se ti sta sul cazzo sono problemi tuoi” lo rimproverai.

“Dovrebbe importarti. Sai, Giulia, sono stufo di darti dell'ingenua. Ma sai cosa? Non ti dirò che te l'avevo detto, perché magari non ci sarà nessuna ironia da fare, dato che forse cercherai di commettere una pazzia come hai fatto in passato. Ti fidi più di lui che di me, Giulia?” continuò, risultando ripetitivo e fastidioso.

“Sì, nessuno si fida di te in questa casa. Quante ragazze sconosciute avevi portato qui? Quante urla abbiamo sentito tra queste mura? È la prima volta che sento queste emozioni, e mi piacciono, e anche tanto. Lasciami vivere in pace, Dio” mi alzai, andandomene via da quella cena appena rovinata.

Andrea mi raggiunse nella mia stanza, chiedendomi cosa mi era preso. Non era la prima volta che sentivo quelle cose, eppure sentendole davanti alla famiglia, ad Andrea, mi regalavano una rabbia eccessiva che non faceva parte del mio sacco.

“Voglio andarmene da questa casa, andiamocene a Verona” mi alzai dal letto, chiedendogli una cosa che lui mi aveva chiesto da molto, ma che solo in quel momento mi ero accorta di volere immensamente.

“Giulia, io non credo sia il momento giusto per partire. Ti direi mille volte di sì, ma prima devi sistemare delle cose con la tua famiglia. Tu sai quanto ti amo e quanto vorrei passare ogni ora con te, ma qualcosa mi impedisce di farti fare questo passo, io sento che non ne siamo in grado ora” disse, tenendo le mani sulle mie guance affettuosamente.

“Sono sicura, Andrea. Prima stavo pensando a quanto sei diventato essenziale, tu sei arrivato e ti sei preso tutto di me. Portami con te, perché senza non posso farcela. No, potrei provarci, ma non riuscirei a fare neanche quello” continuai.

“Dovresti parlarne con i tuoi prima, e ascoltare cosa dicono. So che sei arrabbiata, ti capisco, sul serio, ma devi prima tranquillizzarti. Magari capirai di aver sbagliato, e io non voglio che sbagliamo, perché gli sbagli portano a litigare e i litigi portano a lasciarci” ammiccò.

“A me non interessa se è troppo presto, se risulta una decisione affrettata. Noi ci amiamo, questo basta e avanza” ribattei, venendo interrotta da mia mamma.

“Giulia, dai, torna. Facciamo finta di niente, che ne dite? Se Peppe dice qualcosa di scomodo, fate finta di niente e vedrete che smetterà” propose, probabilmente immaginando il mio stato d'animo.

“Tua madre ha ragione, vieni.. con me” aggiunse Andrea, sorridendomi appena. Riuscì a convincermi, c'era ancora la possibilità che quella cena non fosse un vero e proprio schifo, magari anche con l'aiuto dei miei.

Tenendo Andrea per mano, tornai, guadagnandomi le occhiate di tutti, le loro epressioni erano strane, e spesso, durante la mia vita, mi ero soffermata a immaginare cosa pensassero o cosa credessero.

“Allora, Andrea, questo anello che significa?” intervenì mio padre, rompendo il silenzio tombale che si era creato, insieme al disagio che quasi tutti provavamo: chi di più, chi di meno.

“Ehm.. siamo fidanzati ufficialmente, ho le più buone intenzioni con Giulia, signore” rispose educatamente, ma sopratutto in modo sincero, cosa che contava più di tutte le altre per un rapporto più stabile e duraturo.

“Cose come farla trasferire da te a Verona? Vi abbiamo sentiti, ragazzi, la prossima volta abbassate la voce un po'. Per me è un sì, ho sentito bene cosa le hai detto, e mi fido di te, ragazzo” gli rispose affettuosamente, usando un termine in particolare che aveva infastidito mio fratello.

“Anche per è un sì, tu hai salvato la vita di nostra figlia una volta e sento che ora la stai migliorando. Il problema però è l'università, come farai tesoro?” chiese, toccando un punto a cui non avevo ancora pensato.

“C'è un università di Moda a pochissimi chilometri dal mio studio di registrazione, la potrei accompagnare io ogni mattina in macchina. Poi andrei a prenderla, lavoro solo di mattina e spesso la sera, ma verrebbe con me, questo è sicuro” rispose Andrea al mio posto.

“So che sembra una pazzia. In quella università ci sono tutor specializzati che seguono gli studenti da dove sono rimasti a dove sono arrivati gli altri, ne potrei assumere uno nel caso Giulia non si trovasse a pari” continuò, tentando con tutte le forze di portarmi con sé.

Io mi stavo limitando a sorridere, piena di gioia, con la mente che già raffigurava immagini di noi due che passavamo la giornata nella nostra casa. Era tutto così fantastico.

“Io penso che entrambi abbiano le migliori intenzioni, perciò secondo me dovremmo lasciarla andare. È grande ormai” parlò Veronica.

Lunedì sarebbe stato il giorno della nostra partenza.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 25, 2018 ⏰

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