Capitolo 2

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A me non piacciono le bugie, le mosse incondizionate, il non sapersi controllare e gli uomini senza patente. Non mi piacciono neanche i risparmi, chi non dice le cose in faccia e chi non sa arrivare direttamente al punto, girovagando con parole e frasi di utilità pari a zero.

Una cosa che non mi piace davvero per niente, che, anzi, detesto, sono i silenzi imbarazzanti. Amo il silenzio, ma quelli imbarazzanti mi portano a professare un sentimento totalmente contrario all'amore, un sentimento che in molti preferiscono neanche nominare, l'odio. Eppure, ora sono qui, e non me ne andrei se solo potessi non risultare una grande idiota.

Andrea stava guidando verso la mia abitazione, era concentrato, non osava neanche dedicarmi un'occhiata semplice, comune. Fra poco sarebbero sbocciate le nove, avevamo passato tutta la serata a chiaccherare, a raccontarci, mentre la preoccupazione dei miei raggiungeva le stelle. Sicuramente appena arrivata a casa avrei dovuto spiegare un paio di cose, con lui o senza di lui, speravo soltanto che potessero avere un po' di pietà nei miei confronti.

La sua auto moderna varcò lo spazioso cancello di casa mia, mostrandomi quella orrenda e noiosa abitazione dove passavo quasi tutti i miei pomeriggi infernali e tutte le notti, così come tutte le mattine.

"Ciao mamma" sbuffai, trovando mia madre Sandra eccessivamente preuccupata. Infondo avevo solo rischiato di morire, niente di grave, niente che dovesse essere una motivazione valida per disperarsi così, io non ero una grande perdita.

"Giulia, tu non sai quanto ho sparato che questo momento arrivasse. Ci hai fatti preuccupare tanto" mi abbracciò, rovinando quel giorno che mi era apparso tanto di aria nuova e liberatoria. "Non è stata colpa mia, non stavolta" ribattei, staccandomi dalle sue braccia.

"Grazie, non so come ripagarti da quello che hai fatto. Hai salvato la vita di nostra figlia. Per favore, entra a casa nostra per una tazza di caffè" sorrise mio papà Giulio, invitandolo ad entrare tra le mura di casa De Lellis.

"Certamente, signore" venne verso di noi, salutando con una stretta di mano il mio creatore maschile. Mia madre invece, doveva, come sempre, differenziarsi, abbracciandolo nonostante non lo conoscesse neanche.

Entrammo tutti assieme, io e lui ci sedemmo sul divano, mia madre andò a prepararci due tazze di cioccolata, dato che lui a quell'ora non beveva caffè. La notte aveva bisogno di dormire, io pure, ma sapevo che non ci sarei riuscita ugualmente.

"Scusa per questo, ma neanche per questo è colpa mia" mi giustificai, sorridendogli timidamente per la grande figura di merda che mi stavano facendo fare. Finalmente trovavo qualcuno di veramente interessante, e loro dovevano rovinare tutto, anche se sapevo che era finita lì, visto che sarebbe anche partito per Verona il giorno dopo. Non sarebbe successo nulla lo stesso.

"Tenete, ragazzi. Raccontaci, Andrea, come sono andate le cose? Non tralasciare dettagli" domandò mia madre, porgendo le due tazze bianche ripiene di cioccolata calda sul tavolino. Lui si piegò in due per prenderla, e intanto iniziò a raccontare la sua versione, l'unica, e pure quella giusta.

"Stavo camminando tranquillamente per le varie vie di Roma, quando ho visto che un camion stava per passarmi accanto. Per evitare che il fumo venisse dalla mia parte sono passato sull'altra parte, l'esplosione è avvenuta a neanche un metro di distanza da me. Sono corso ed ho visto che lei era scioccata, non riusciva a muoversi ed era come.. bloccata. L'ho presa in braccio ed ho chiamato i soccorsi, ma non ce l'hanno fatta in tempo per evitare che anche due uomini in auto presenti lì vicino morissero."

"Hai fatto il possibile, ragazzo. Che cuore d'oro, grazie ancora, veramente" sorrise affettuosamente, ringraziandolo un'ennesima volta.

Lo vidi annuire con un'espressione contenta, probabilmente finta. Se ne andò poco dopo, senza aver passato del tempo in privato con me, non ci diedimo l'addio, non riuscii a ringraziarlo, come se quella forte chimica l'avessi sentita solo io. E forse era così.

Ed eccomi, nuovamente nella mia vita strapiena colma di noia, di punto in bianco ero tornata fra i panni di una semplice studente universitaria di solo vent'anni. Mi era rimasto solo il ricordo di Andrea, mi era rimasto solo il ricordo del Miracolo Della 34A Strada.

Tolsi la giacca, e qualcosa cadde a terra. Mi piegai in due per raccoglierla e capii che si trattava di un bigliettino, lo aprii, leggendone il contenuto. C'era scritto un numero di telefono, e sopra Andrea, per farmi intendere che si trattava del suo numero di telefono. Non sapevo se scrivergli o meno, ma infondo avevo una notte intera per pensarci.

Io non volevo complicarmi la vita.

Il Miracolo Della 34A Strada. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora