Capitolo XIII

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Tragitto Pescara - Roma.

L'aria era così pesante quando litigavamo, e il pensiero di doverla condividere con tutta quella gente faceva quasi venire il malditesta. Lui era arrabbiato, io pure. Bella roba, no?

Mi mancava e mi dispiaceva non poter passare quelle ultime ore con lui senza il vero lui, ma allo stesso tempo la mia testa lo voleva lontano, anche se il mio cuore voleva che non fosse mai successo nulla, nonostante fosse un bene che i problemi uscissero fuori.

Il treno si fermò, segnando che eravamo appena arrivati. Mi alzai senza chiedergli niente, senza neanche voltarmi per sapere se stava venendo con me. Rifeci vedere il biglietto e una volta uscita, mi sentii tirare per il braccio.

“Come torni a casa? Tieni, questi sono per il taxi” mi diede dei soldi.

“Li ho nella borsa, sta tranquillo, non mi servono i tuoi soldi come non mi servi tu” sbraitai. “Capisco, ma usa i miei. Ciao, Giulia” se ne andò, prima che potessi restituirglili.

Sbuffai e tornai velocemente a casa, grazie all'aiuto in un taxi. Suonai il campanello, aspettando che mia madre mi aprisse, ma venni colpita, visto che ad aprirmi la porta era stato mio fratello Peppe.

“Ciao Peppe!” lo abbracciai, non vedendolo da un po' di tempo.

“Ciao Giulia, sono venuto per parlare con te. È urgente, non l'ho ancora detto a mamma e papà, perché spero che lo faccia tu, ti aspetto in camera tua” disse con tono quasi severo.

Entrai e salutai i miei genitori e Veronica, raccontando della serata "tranquilla" che avevo passato con lei in discoteca e della pessima musica che avevo sentito. Loro avevano nuovamente creduto a tutto, permettendomi di tornare in camera mia.

“Allora, Giulia. Io non sono nessuno per dirti cosa fare, perché neanch'io sono un santo. Su internet gira la foto di te e Andrea Damante, il DJ” spiegò,

“E quindi? Sono andata alla serata e c'era anche lui e così ci ho scattato il selfie insieme a Veronica e sua sorella” mentii, credendo che intendesse quella fatta con le sue due fan.

“Nella foto vi state baciando, Giulia. Non sparare minchiate, non sono come mamma e papà.. e Veronica” aggiunse, facendomi salire l'ansia. Stessi in silenzio, costringendolo a continuare a rimproverarmi.

“Giulia, posso capire uno normale, ma proprio quello. Vado spesso alle sue serate, è un coglione, un morto di fi*a! E vuoi sapere come ho scoperto la foto? Semplice, un mio amico me l'ha mostrata dicendo "Ehi, guarda Damante che figa che ha quasi scopato davanti a tutti ieri sera", e lo immagini come mi sono sentito io? Non fare questo a mamma, questo no” mi fece piangere.

Si dicevano tutte quelle brutte cose su di lui? Su di noi? Allora mi sbagliavo, perché avevano ragione tutti, e lui era così bravo a farmi credere, ad illudermi. Mi stava solo usando per divertimento, e dicendomi che non eravamo una vera e propria coppia stava solo confermando tutto.

“Si tratta di pensare per me stessa almeno una volta, di vivere, e non fare la parte della morta della famiglia per una volta sola. Tu esci e ti spacchi ogni sera. Veronica ha un figlio e un fidanzato. E io? Io sono quella che praticamente è inesistente, ma lo sai come vivevo io prima di stare con lui? E lo sai come vivrò dopo quello che mi hai detto?” dissi, mentre le guance rigavano i miei zigomi.

“Spiegami che cazzo di colpa ho io se mi parlano così male di te. È colpa tua Giulia, colpa tua perché hai scelto il momento sbagliato e la persona sbagliata. Se vuoi scopare almeno fallo in privato e non davanti a tutti come una puttana” gridò.

“Che succede?” intervenì mia madre aprendo la porta.

“Succede che tua figlia sta con un coglione segretamente, ecco che succede” sbottò. Il mio cuore smise di battere per un attimo, non riuscivo a credere che aveva avuto il coraggio di dirlo veramente, non proprio lui, quello che ogni sera portava nel suo appartamento una ragazza diversa, iniziavo a credere che fosse maschilista, e io detestavo con tutta l'anima i maschilisti.

“E quindi? Dove sta il problema? Io sono contentissima, finalmente hai una vita amore di mamma. Lo sapevo che tanto tu non andavi in discoteca ma fumavi nei vicoli, ed era da un po' che cercavo il momento giusto per parlartene e chiederti di smetterla. Tuo padre continuava a dire che era l'età e che anche lui lo faceva da giovane da solo” mi lasciò sconvolta.

“Perché tu Peppe? Vorresti dire che tu sei un verginello? Che non ne hai fatte di cazzate nella vita? Guarda che me le ricordo tutte le risse che hai iniziato, e immagino perfettamente perché volevi andare a vivere da solo, e so che genere di privacy intendevi quando dicevi che te ne andavi per quello. Ma fammi il piacere e un po' di cazzi tuoi!” continuò, facendomi sorridere a trentadue denti.

Per la prima volta avevo il bisogno di abbracciare mia mamma, e ringraziarla, dirle che nessuna era brava come lei e che nessuna avrei voluto al suo posto. Avevo finalmente capito perché non parlavamo e perché lei non mi chiedeva mai niente, di niente.

Ma quando le cose pensavo stessero andando bene, mi venivano in mente i nuovi dubbi che avevo su Andrea grazie a Giuseppe.

Ad un certo punto sentii una vibrazione proveniente dalla tasca della giacca di pelle, e sorrisi quando lessi il messaggio che mi era appena arrivato.

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Neanche io sapevo cosa volevo fare.

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