Russian Roulette

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Ritrovare Stefano davanti il cancello di casa mia, mi ha fatto uno strano effetto; lo vedo cambiato soprattutto fisicamente. La barba gli contorna il viso, i capelli neri sono spettinati, un jeans gli fascia le gambe, mostrando la sua corporatura magrolina, la camicia a quadri sopra i pantaloni. 

"Non sono venuto per le scuse" disse lui. 

"E per cosa sei venuto?" gli domandai alzando le spalle. 

"Sono venuto a sapere che non vivevi più a Milano e sono venuto a trovarti" disse lui sorridendomi. 

"Tua moglie?" 

"E' a casa" 

"Non sa che sei qui?" domandai guardandolo negli occhi. 

Scosse la testa. 

Annuì. "Come immaginavo. Io non ho mai saputo di lei e lei non ha mai saputo di me" 

"Se tu non mi avessi lasciato all'aeroporto, a quest'ora tu saresti mia moglie, perché quella notte di Capodanno avrei chiesto a te di sposarmi" disse lui. 

"Lasciarti all'aeroporto è stata la cosa migliore che potessi fare, e se non ti avessi lasciato lì, avrei detto di no alla tua proposta" dissi dura. 

"Non stavi bene con me?" chiese lui, con un barlume di speranza. 

"All'inizio si, non lo posso negare, ho provato cose che fino a poco tempo fa non provavo; ma appena abbiamo iniziato a convivere a Milano, giorno per giorno ho capito che non era la vita per me" iniziai. "Non eri mai a casa, mi hai detto non so quante stronzate, e io come un'ingenua ci credevo; perché per me era la prima volta." conclusi. 

"Io sono stato bene con te, ma ho sbagliato a lasciarti andare per Rebecca" disse lui con tono affranto. "Hai mai pensato che ti tradissi?" 

"Non ti dico che non l'ho mai pensato, ma non è stato un pensiero così forte, fino a quando tua nonna non mi ha dato la conferma." dissi dura. 

"Gli ho chiesto io di chiamarti e di dirti tutta la verità, perché era giusto che tu sapessi." 

"Mi hai dato l'ennesima conferma che sei sempre stato un uomo senza palle, perché se le avessi avute me lo avresti detto!" dissi urlando. 

Si avvicinò tempestosamente a me. "Io ho sempre avuto le palle, e adesso te lo dimostrerò!" disse guardandomi con un'espressione che non prevedeva niente di buono. 

"Che pensi di fare?" domandai confusa. 

Mi mise la mano davanti la bocca, e poi iniziammo a camminare verso il cancello di casa. 

Arrivati alla porta. "Apri la porta" mi intimò lui. 

Feci come mi ordinò e Bey uscì fuori di casa, e lasciò me e Stefano entrare in casa, chiuse la porta con un calcio e mi sbatté sulla porta. 

Mi levò la borsa e iniziò a baciarmi avidamente. 

"Stefano smettila" dissi urlando mentre le lacrime solcavano il mio viso.

Mi spogliò, si abbassò i pantaloni e i boxer ed entrò in me. Piangevo, speravo che arrivasse qualcuno e mi venisse a salvare. Appena venne, mi buttò sul divano e se ne andò lasciandomi lì. Bey ritornò in casa e con la testa chiuse la porta e si avvicinò a me. 

"Tranquilla Bey, sto bene" dissi rassicurandola. 

Presi i miei vestiti da terra e andai a farmi una doccia. Dovevo levarmi lo schifo che avevo addosso, e dovevo rendermi presentabile per Jade, sperando di non crollare davanti a lei, per ciò che era avvenuto. 

Appena finì di farmi la doccia, mi guardai allo specchio e vidi ciò che Stefano aveva fatto al mio corpo. Lividi, succhiotti. Se Federico avesse saputo una cosa del genere, lo avrebbe ammazzato di botte. 

"Bey, domani devo andare dai carabinieri" dissi guardandola. Si avvicinò e iniziò a leccarmi. 

"Chanel?" Quella voce l'avrei riconosciuta tra mille altre voci. Era Luna. 

Sentì i suoi passi per la casa, fino a che non la vidi riflessa nello specchio in camera. "Vedo che in questo fine settimana vi siete dati da fare" esclamò Luna guardando il riflesso. 

Mi venne un groppo in gola, e alcune lacrime solcarono il mio volto. "Ho detto qualcosa di sbagliato?" domandò Luna avvicinandosi. 

"Non è stato Fede..." iniziai tra un singhiozzo e l'altro. 

"Lo hai tradito?" domandò incalzante. 

Scossi la testa. "E' stato Stefano" dissi abbracciandola. 

"Ti ha stuprata?" disse ricambiando l'abbraccio. 

Riuscì solo ad annuire. Aprì l'armadio e prese i primi indumenti che le capitarono in mano, me li indossò e mi portò fuori casa. Entrammo in macchina e Luna sfrecciò per le strade torinesi. Ci fermammo e con la vista appannata riuscì solo a leggere "Carabinieri" 

Mi fece scendere e entrammo dentro la caserma. 

Luna si avvicinò ad uno dei poliziotti e iniziarono a parlare, mentre io mi ero seduta in una di quelle sedie raggomitolata. 

Un ragazzo mi si avvicinò e mi fece cenno di seguirlo. Entrammo in una sala e ci mettemmo tutti e tre seduti. 

"Signorina, mi dia i documenti e mi racconti cosa è successo" 

Non riuscivo a fare nulla, ero agitata, sconvolta, non credevo neanche di essere lì. 

"Signorina, so che è difficile..." iniziò lui. 

Presi un respiro profondo e iniziai a raccontare ciò che era successo, mentre il poliziotto annotava tutto. 

Arrivò una dottoressa e mi fecero entrare in un'altra sala, mi fece spogliare e mi fece un'esame. 

Dopo l'esame, il poliziotto fece le foto ai lividi e i succhiotti sparsi sul mio corpo. Mi fecero rivestire e dopo aver fatto la denuncia e tutto ciò che dovevamo compilare, io e Luna uscimmo dalla caserma. 

Ritornammo a casa e Luna si mise ai fornelli a cucinare qualcosa. Il telefono iniziò a squillare e i brividi mi pervasero la schiena. Luna prese il cellulare e rispose. 

Chiacchierò con il tizio e si spostò in cucina in modo che non entrasse nel mio campo visivo. 

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