Capitolo 10: Perso dentro

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Michele

<<Tutto bene? Non hai parlato da quando siamo al bar ? Se è per il viaggio non sono stata io ad invitarli.>>
Sbotta Sara salendo in macchina.
La guardo cercando di mettere da parte la rabbia mista alla delusione. Respiro...
<<Non mi da fastidio che tu vada in viaggio, né tanto meno mi interessa chi sia stato a invitare chi. Mi da fastidio che tu ti sia dimenticata di dirmi una cosa del genere, come tu ti sia dimenticata di poter anche solo ipotizzare che magari io sarei venuto con voi volentieri. Quindi no Sara non va tutto bene.>>
Ancora un altro respiro..
<<Era un viaggio che volevo fare con la mia migliore amica. Qualcosa che non centrava niente ne Con te ne con il resto del mondo. Volevo solo vivermi la mia vita. >> Tuona lei di nuovo. Questa volta però il mio controllo vacilla e ho di nuovo bisogno di evadere, ma so che non è il momento.
<<Dove vai ? >> chiede lei sfiorandomi la mano.
<<Ti porto alla tua macchina, devo tornare a casa. Ho una vita anche io. >>
Parcheggio accanto alla sua auto, senza neanche guardarla. Non voglio incrociare il suo sguardo  perché so quello che sta facendo , so quale sarebbe la mia reazione a vederla in quello stato.
Sento lo sportello sbattere e quel forte boato spinge il mio istinto a partire senza aspettare un secondo di più.
Accelero, sentendo il rumore della macchina andare ad ogni mia spinta in più sul pedale. Non metto neanche il navigatore perché non so neanche se questa sia la strada giusta, e non mi interessa neanche di saperlo.
Voglio soltanto allontanarmi e staccare completamente da ogni emozione, da ogni sentimento. Rimanere solo con me stesso. Io e il mio essere, per quanto agli altri possa sembrare così oscuro e egoista per me è solo adrenalina pura. Non rallento continuo ad accelerare a ignorare il fatto di poter mettere a rischio la mia stessa vita.
Apro il cruscotto tirando fuori Il pacchetto di sigarette nascosto, comprato per queste occasioni, per avere un controllo sulle mie azioni,Un evasione  totale da tutto questo buonismo altrui. Nessuno è perfetto e sicuramente io non sono L unico a non esserlo.
Prendo il pacchetto poggiando sulle labbra una delle sigarette all interno, L accendo e inspiro ed espiro. Inspiro me, espiro gli altri. Inspiro me, espiro Sara. Butto fuori tutto ciò che in questo momento non sta facendo parte di me.
Rilascio i pensieri negativi, le persone negative e metto dentro solo e soltanto tutto ciò che mi rimane di un me che non è in grado di avere relazioni.
Il telefono inizia a squillare, diminuisco la velocità quando vedo il nome sul display.
<<Andrea sto guidando, successo qualcosa ? >>
<<Si volevo sapere se il viaggio era andato bene. >>
La voce di mio fratello non migliora il mio stato, ma neanche la peggiora.
<<Sto tornando o per lo meno credo. Non lo so dove sto andando. >>
Rispondo rendendomi conto veramente di non sapere dove mi trovo.
<<Michele è successo qualcosa? Metti il navigatore e non fare cazzate! >>
Tuona lui con voce preoccupata e minacciosa
<<Andrea ci sentiamo quando arrivo. Buona serata. >>
Chiudo la conversazione. Giro a destra entrando in un aria di sosta con un bar.
Scendo dalla macchina convinto di entrare in quel locale e fare solo la cosa che mi riesce di più in questi casi.
Sbatto lo sportello e quel rumore forte mi riporta a lei.
Scrollo la testa e continuo a camminare verso L entrata.
<<Buona sera  posso aiutarla? >> chiede la commessa dietro il bancone dal sorriso sensuale.
<<Si un Jack Daniels grazie>>
Il suo sguardo da brivido è coerente al corpo e le sue forme. Capelli legati da una lunga coda alta, occhi neri marcati ancora di più dalla matita con il mascara, labbra carnose rosso fuoco, insomma una da prendere e basta.
<<Ecco a te.>> Un altro sorriso.
Sento il telefono vibrare dalla tasca dei pantaloni, spazzando via le mie fantasie su quella barista sexy.
Accetto la chiamata senza neanche guardare.
<<Pronto? >>
<<Michele dove sei? >>
Avrei voluto chiudere il telefono in faccia e spengerlo all istante ma la mia parte emotiva mi diceva di rimanere attaccato a quella telefonata.
<<Sara cosa vuoi ? >>
<< Dimmi dove sei ti prego ! Voglio parlarti. >> piange, proprio la reazione che volevo evitare la stavo appena sentendo dall altra parte della chiamata.
<<Sono per strada fermo in un bar. Ci sentiamo dopo adesso devo andare. >>
Chiudo la conversazione sentendomi osservato dagli stessi occhi e dallo stesso sorriso che avevo trovato prima di essere distratto.
<<Quanto ti devo? >> chiedo ricambiando il sorriso
<<Offre la casa e comunque sei a Civitavecchia.>>
Aveva ascoltato ogni singola parola, aveva capito perfettamente il mio stato confusionale.
Ringrazio e esco prima che le mie voglie si trasformino in azioni.
Arrivo a casa dopo un ora di traffico infernale.
Sbatto la porta sperando non ci sia nessuno, diretto verso la mia camera. Non voglio parlare con nessuno, non voglio vedere nessuno, non sono in grado di fare neanche una sola parola. Mi tuffo nel letto vestito restando fermo, con la speranza che il nuovo giorno abbia un profumo migliore.

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