열 여섯 | 플래시백

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***Rientro nell'attico accompagnato da occhiate malefiche da parte di Hanna***

Il divano si muove, ho qualcosa sulla pancia.
"Sveglia!" sento urlare, apro lentamente i miei occhi.
"Ma...Hanna" è lei che mi salta addosso, rimbalza continuamente su di me.
"È l'ora di svegliarsi!".
Mi alzo di scatto facendola cadere a terra.
"Ma sei scemo?" mi fa cercando di rialzarsi, mi lancio su di lei facendola ristendere sul pavimento.
"Occhio per occhio, dente per dente" cammino a gattoni su di lei.
"Dai smettila!".
"Si?" comincio a farle il solletico sui fianchi.
"B...a...sta" ride pesantemente, continuo a stimolarle la risata.
"La smetto solo se mi abbracci e mi chiedi scusa" comincio a sorridere anche io.
"Non mi piacciano gli abbracci" è quasi senza fiato, "Uff...ok".
È incredibile quanto lei sia capace di cambiare idea in men che non si dica.
"... 1...2..." comincia a contare quando siamo ormai giunti, "...5...6...ok adesso staccati".
"Devi ancora chiedermi perdono" la stringo ancora di più.
"P-perdono".
La lascio dalla mia presa.
"Comunque" si alza sulle sue ginocchia, "devi farmi un favore".
"Dimmi pure".
"Dovresti farne una copia" mi da le chiavi di casa in mano.
"Ok, porterò Hikari con me" mi dirigo in camera per indossare i vestiti messi anche il giorno prima, non ho voglia di cambiarmi.
"Comprati anche degli asciugamani!" sento provenire dalla cucina.
"Già c'ho pensato, vado a prenderne alcuni da casa mia".
"Bene, perché se solo osi ad utilizzare nuovamente le tovaglie ti mando via da casa!".
"Tranquilla, tranquilla" non ho voglia di sentir' urlare Hanna e mi serve un tetto sulla testa.
Vado all'ingresso spruzzandomi del profumo, già pronto per uscire.
"Hanna, io vado" chiudo la porta d'ingresso alle mie spalle.
Quando sono nell'atrio del palazzo, noto Jennie camminare nella direzione opposta alla mia andando verso casa della mia amica.
"Ciao Jennie!".
"Oh, ciao Seojun..." cala la testa e continua ad avanzare.
Alzo le spalle in segno di confusione ed esco, mi siedo su di una panchina in legno scuro sul marciapiede. Salgo sull'autobus al suo arrivo, all'interno ci siamo solo io e l'autista. Un uomo anziano dai capelli argentei seduto al posto di guida, molte rughe creano ombre sul suo volto scuro. Qualche sosta dopo arrivo finalmente a destinazione, scendo dal mezzo e noto la mia casa grigia.
"Un po' mi manca" sussurro.
Avanzo di qualche passo, arrivo quasi a posare il mio pugno sulla porta in legno.
"E se c'è lui?" faccio per poi bussare.
Apre Hikari.
"Seojun?".
"Come mai sei qui?".
"Sono con Jungkook, stavamo parlando" mi invita ad entrare.
Superando la soglie noto Jimin e l'amico seduti sul divano, raggiunti da Hikari.
"Seo..." il pel' di carota fa alzandosi.
"Non pensare io sia tornato, non ho neanche i bagagli. Ho bisogno solo di qualche asciugamani".
"Hanna non ce li ha a casa?" domanda Hikari.
"SONO-DI-COTONE-EGIZIANO" scimmiotto.
"Li conosco, glie li regalò Jae-Bum durante il viaggio in Egitto".
Apro la bocca in modo sorpreso.
"Ecco perché c'era scritto 'JB' su di essi".
"Hai un'intelligenza molto sviluppata, Seojun" ride Jungkook.
Mi inchino per ringraziarlo seguendolo con la risata.
Jimin, posto ormai alla mia destra, con passi furtivi cerca di avvicinarsi a me. È stupefacente il fatto che lui mi voglia ancora nonostante i miei svariati rifiuti, ormai le nostre braccia si sfiorano.
"Allora io vado" arrossisco andando a prendere le tovaglie da bagno, il mio amante mi segue.
"Davvero non hai intenzione di ritornare?" appoggia la sua mano all stipite della porta.
"Non facciamo diventare questa conversazione imbarazzante".
"Sono serio...".
"Jimin..." apro le ante del mobile, "Non riesco ancora a vederti con gli stessi occhi di prima, seriamente" sono solo io a non voler' migliorare con lui, sono molto testardo.
"Ho cercato di fare di tutto per farti capire, non mi ascolti nemmeno a volte".
"Non è che non ti voglia sentire ma continuo a pensare a ciò che mi hai fatto".
"È una storia passata ormai, non dovresti più pensare a quel momento" si avvicina a me, rimanendo comunque a mezzo metro di distanza.
"Lo so, credo anche alle tue parole, ma davvero non riesco a non vederti come quello che stava per..." il mio discorso viene bloccato da Jimin che mi afferra le spalle.
"Non abbiamo fatto nulla, noi due. È questo che non riesci a capire?!".
"Forse, può darsi".
L'arancio mi massaggia la mandibola con i suoi pollici.
"Sei il solito" sorride leggermente.
"Lo so, sono semplicemente io" lo seguo anch'io.
"Mi fai impazzire quando sorridi".
Arrossisco, sussurrando un "Davvero?'".
"No, forse no" guarda in basso, "Mi fai impazzire sempre" i suoi occhi si incrociano di nuovo con i miei.
Un brivido freddo mi trapassa la schiena, le mie guance rosse come delle ciliege.
"Stanotte t'ho sognato" mi dice.
"Spero sia stato un bel sogno, allora".
"È stato fantastico perché c'eravamo io e te come un tempo".
"Ovvero?".
"Migliori amici".
Tutto il calore va via dal mio corpo, divento freddo e apatico.
"...eravamo su un prato, giocavamo a nascondino".
"Un gioco bellissimo, sì. Comunque io devo andare" afferrò degli asciugamani, li metto sotto il mio braccio destro e cerco di andare via.
"Aspetta..." mi blocca, mettendo i nostri visi uno di fronte all'altro. Molto lentamente, lui, li fa avvicinare fino a far sfiorare le nostre labbra. Giro il mio volto donandogli la mia guancia che viene toccata dalla sua umida bocca, una volta finito gli metto le mie mani sulle spalle.
"Mettiti le idee in chiaro, Jimin. Non posso farti da fidanzato e da migliore amico, appena ti decidi chiamami".
Arrivo al salotto.
"Hikari, vieni con me?".
La ragazza accenna un sì con la testa seguendomi.

Ci fermiamo in una ferramenta.
"Ecco a lei la chiave" la pago e usciamo via, tornando a piedi a casa.
Sono sempre più insicuro sulla confusione di Jimin, si nota chiaramente quanto sia in un momento critico. Prima migliore amico, poi vuole baciarmi e poi litighiamo: non riuscirò mai a capire cosa vuole da me.
Torniamo finalmente all'attico.
"Provo le chiavi" le inserisco nella serratura e le giro per aprire la porta, essa si apre.
Vediamo Hanna tenere Jennie al muro, fissa sulle sue labbra, mentre le mantiene il collo con la mano destra per alzarle il mento e con la gamba sinistra posizionata tra le cosce dell'altra. La neozelandese sembra tremare forse per paura di una reazione violenta da parte della mia amica, anche lei comincia a fissare la bocca di ella.
"Che state facendo?" urlo.
Hanna si stacca dalla ragazza alzando le mani al cielo.
"N-non é come sembra" dice.
Jennie afferra il suo giubbotto nero e scappa via piangendo, chiudendosi la violentemente la porta alle sue spalle.

WE WERE SIMPLE FRIENDS. [pjm;]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora