Capitolo 5✔️

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Il giorno seguente Jeff era già in piedi, dato che la notte precedente l'aveva passata sveglio a sorvegliare Nicole. Sarebbe stato diverso se avesse avuto una corda a disposizione, era bravo con i nodi e non gli ci sarebbe voluto molto per legare la ragazza in modo che non potesse muovere un muscolo, ma preso dall'euforia di una libertà ritrovata dopo mesi di prigionia, non ci aveva pensato a procurarsela.

Piccola falla, anche se alla fine non era mai stato un problema per lui rimanere sveglio di notte, era abituato a quei ritmi estenuanti. Erano le 5:00 del mattino e il killer decise che sarebbero partiti adesso.

- Forza svegliati! - La scosse con noncuranza - Muoviti dobbiamo andarcene.

Nicole aprì gli occhi, cercando di mettere a fuoco l'ambiente circostante. In un primo momento non capì dove si trovasse, ancora intontita dal sonno e dal brusco risveglio, ma poi subito dopo i ricordi della notte precedente vennero a galla, spiattellandole in faccia la realtà che stava vivendo.

- Mettiti questi - Jeff le lanciò un cappellino bianco, di stoffa leggera e un paio di occhiali da sole dalla montatura scura - assicurati di oscurare per bene il viso.

Nel frattempo prese da uno zaino posto lì vicino una sciarpa blu scuro, che avvolse con cura attorno al collo e fin sopra il naso, coprendo così anche la bocca e le guance segnate dalle cicatrici. Nicole osservò proprio quello zaino, lo stesso che aveva in spalla quando aveva sfondato la porta di casa sua. Si domandò cos'altro potesse esserci lì dentro, magari un'arma? Avrebbe potuto usarla in caso la situazione si fosse messa davvero male, magari per difendersi... o addirittura per riuscire a scappare. Ma ce l'avrebbe davvero fatta contro di lui? Impossibile.

Abbandonò quei pensieri nel momento stesso in cui il killer le intimò di muoversi, era già davanti alla porta, col cappuccio alzato. Si trattenne dal sospirare e si avvicinò, ma prima che potesse varcare la porta si ritrovò la punta del coltello sotto il mento. Sbiancò in un istante.

- Mi raccomando, occhio ai colpi di testa. Non ti serviranno a niente - La guardò dritta negli occhi, come se il solo farlo potesse dargli il potere di intuire ad una facilità disarmante i suoi pensieri.

- S-sì.. ho capito.

Deglutì a vuoto, seguendolo senza fiatare un passo più indietro. Questa volta non la teneva bloccata per il polso mentre camminavano, sapeva che non sarebbe scappata. Non era stupida, era perfettamente consapevole di essere in netto svantaggio fisico rispetto a lui. L'avrebbe riacciuffata in due minuti, per poi farle solo Dio sa cosa.

Camminarono per circa tre ore, in religioso silenzio e con soltanto il rumore degli uccellini e delle foglie secche che scricchiolavano sotto i loro passi. Nicole avrebbe tanto voluto sapere dove stessero andando, ma non si azzardò a parlare. In quel lasso di tempo lo aveva osservato, e si era accorta che nonostante fossero passate ore il suo modo di camminare risultava sempre lo stesso. Quel ragazzo sembrava non patire alcun tipo di stanchezza, la sua postura era sempre la stessa.

Era evidente che avesse una resistenza fuori dal normale, temprata da tutti quegli anni passati a sopravvivere in condizioni estreme. A scappare dalle pattuglie di polizia, scavalcare abitazioni, cercare scorciatoie e nascondigli che gli permettessero di non essere mai trovato.

Quando ad un tratto lo vide arrestare finalmente il passo, si ritrovò davanti ad un vecchio rifugio abbandonato, nascosto tra gli alberi e la vegetazione. Il posto sembrava essere in pessime condizioni, ma di certo era meno mal ridotto della casetta di legno della notte prima. Infatti, nonostante quel posto probabilmente fosse abbandonato da decenni, dentro era meno sporco di quanto potesse sembrare. Probabile che qualche senzatetto ne avesse usufruito poco tempo prima.

Presa dalla stanchezza decise di sedersi su una delle sedie di legno nella stanza. In quella che un tempo era la cucina. Si portò una mano alla stomaco.

- Ascolta Jeff..

- Hai fame? - La precedette lui, girandosi a guardarla.

- Sì ma..

- Ti ho chiesto se hai fame, rispondi.

- Sì.. ho fame.

- Prendi - Aprì una delle tasche davanti dello zaino e le porse una barretta di cioccolato.

Nicole la afferrò titubante, rigirandosela tra le mani. La carta era ancora sigillata, non poteva averci inserito qualcosa dentro. Lo sentì sbuffare.

- Forza mangia! Non ci ho mica messo del veleno dentro.. puoi stare tranquilla - Ne prese una anche per sé stesso e la scartò - Per ora.

Lo guardò dubbiosa, poi si decise finalmente a morderne un pezzo. Le sembrò la cosa più buona e dolce del mondo in quella situazione, anche perché in quel momento aveva davvero una grandissima fame, attenuata per metà dalla tensione costante che sentiva scorrerle in tutto il corpo. Appallottolò la carta vuota per poi alzare lo sguardo. Jeff continuava a fissarla.

- Che.. c'è?

- Alzati - Scattò all'improvviso.

Prima che potesse opporsi in qualche modo, la prese per un braccio e la condusse al piano di sotto, dentro uno scantinato buio.

- Che cosa stai facendo?! - Si impanicò.

- Ti conviene non urlare se non vuoi finire sgozzata come un maiale.

Con uno spintone la fece finire sul pavimento, vicino a quella che sembrava essere una catena attaccata alla parete, con quell'oscurità era difficile distinguere gli oggetti. Sfilò una chiave dalla tasca e con essa aprì il lucchetto della catena, dopodiché la legò alla sua caviglia, richiudendo subito dopo il lucchetto con un click.

- Almeno così avrò la certezza che non scapperai - Rise leggermente, afferrando la maniglia della porta - Vado a risposarmi, per colpa tua non ho chiuso occhio. Non ti azzardare a fare casino o ti cucio la bocca con ago e filo - Uscì dalla stanza sbattendo la porta, privandole dell'unica fonte di luce che passava per quello spazio angusto.

Rimasta finalmente sola, il suo livello di allerta scese drasticamente, sciogliendole i muscoli e facendole sentire più chiaramente anche il bruciore della ferita alla spalla. Prese un profondo respiro mentre i pensieri le iniziarono ad affollare la mente, violenti e improvvisi. Si sciolse in un pianto liberatorio, silenziosissimo. Per la sua situazione, per quello che era successo a Ethan, per ciò che sarebbe accaduto da lì in avanti.

In tarda serata, quando per la prima volta dopo tutte quelle ore sentì dei passi provenire dal piano di sopra, alzò di poco la schiena mettendosi a sedere. Si era leggermente assopita, quando improvvisamente la porta si spalancò e la fioca luce che proveniva da fuori le colpì il viso. Strinse gli occhi di poco, ma non potè comunque fare a meno di notare che nella mano sinistra del killer c'era il suo immancabile coltello da cucina.

- Ecco qua... è finita.

Non si azzardò a riaprire gli occhi, anzi li strinse ancora di più. Sentì il suo corpo iniziare a tremare. Aveva paura, stava per succedere. Con l'udito riuscì a captare i suoi movimenti, si era avvicinato, e improvvisamente sentì il suono di qualcosa che veniva poggiato a terra.

- A più tardi, dottoressa.

Non si mosse di un millimetro, aspettando soltanto che se ne andasse per poi riaprire finalmente gli occhi. Una volta rimasta sola i suoi polmoni si riempirono d'aria, era rimasta in apnea. Quello che trovò accanto a sé fu un piatto con sopra poggiati due panini e un bicchiere d'acqua. Li osservò incredula, non aveva intenzione di ucciderla, non le aveva fatto del male. Si sentì stordita, ma anche incredibilmente leggera. Era ancora viva.

Prese in mano il bicchiere e senza pensarci sù ne bevve un sorso, non era acqua fresca ma andava bene lo stesso. Quell'attimo di sollievo però fu destinato a dissiparsi pochi secondi dopo, prendendo consapevolezza delle sue reali intenzioni. Sapeva bene cosa avrebbe fatto quella notte, la spirale di odio e sofferenza messa a tacere per quei pochi mesi stava per ricominciare. Osservò distrattamente il bicchiere mezzo vuoto, sicuramente in quel momento non avrebbe spezzato la sua vita... ma ne avrebbe di sicuro distrutta un'altra.

Sick Game • JeffTheKillerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora