Cap 10

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Avviso.
Questo capitolo sarà pieno di flashback(che comunque riguardano la storia). E sarà piuttosto malinconico.Spero vi piaccia comunque!


Frustrazione e rabbia.
Si,era questo che provava.
Non era triste.
Non lo sarebbe più stata per quell'idiota di un generale. Pensò Riza,mentre attraversava,infreddolita,un ponte. Quel ponte assomigliava molto a quello dove le aveva sparato quel trafficante. Un brivido le salì lungo la schiena,e non solo per l'aria fredda di fine settembre. Si fermò a osservare il fiume sotto di lei. Era da un ponte come quello che era iniziata quella storia assurda. Ma grazie a quest'assurdità ora lei conosceva la vera natura dell'uomo che diceva di amarla.
E dire che lo conosceva da così tanto tempo.
Sospirò.
Forse non gli erano bastati tutti quegli anni a combattere fianco a  fianco,custodi di un segreto che,ancora oggi,richiamava entrambi: il potere di Roy era stato la causa del dolore di Riza.
Questo lo sapevano entrambi,ma entrambi volevano ritrovare quel legame,quell'amore che si era insediato nel cuore di entrambi negli anni di apprendistato di Roy in casa di suo padre.
Sospirò ancora,sta volta pervasa dalla malinconia per quei giorni così felici,quando aspettavano solo che Roy avesse finito di studiare(perché tanto il maestro non usciva mai dal suo studio) per chiacchierare e darsi baci ancora inesperti. E, alla fine, addormentarsi l'una tra le braccia dell'altro.
In quel momento una voce la chiamò.
-Capitano,il suo cappotto!- Era Havoch. La ragazza gli fu grata,la temperatura era calata notevolmente,questa settimana.
-Lo sa,capitano...il generale resta chiuso in ufficio fino alle 11 a volte- Era l'ultima carta che poteva giocarsi.
Ci pensò a lungo ma alla fine decise di fare leva sulla compassione.
Perché era davvero quello che suscitava in quel momento Roy,anche più di Riza.
Certo,lei si sentiva tradita e abbandonata dall'uomo che amava, ma come doveva sentirsi il generale ad aver tradito e abbandonato la donna di cui era follemente innamorato?
Era quello che doveva dirle,non importa se in seguito il generale lo avrebbe licenziato, nella migliore delle ipotesi (nella peggiore si sarebbe ritrovato carbonizzato).
Quei due se lo meritavano.
Ma lei non gli diete il tempo di parlare.
-Quello che fa il generale non è più un mio problema.-Rispose la donna,con un sorriso stanco e malinconico.
-Ma..-
-Ascoltami. Non è che non lo ami ancora,lo sai bene che darei la mia vita per lui. Ma...per lui non è lo stesso. E non mi sembra giusto continuare ad aspettare una persona che non se lo merita.
Gli auguro tutta la fortuna del mondo, e sarò la prima ad esultate quando raggiungerà i suoi sogni. Ma evidentemente io non faccio parte di questi.-
-Non puoi dirlo sul serio! Ne avete passata una dopo l'altra...tu non puoi...-
-Va tutto bene. Io continuerò per la mia strada e lui per la sua. E saremo felici. O,almeno,lui lo sarà. Ne sono certa.-

Roy buttò malamente la giacca sul divano. Da una dispensa prese una bottiglia di scotch e un bicchiere. Si sedette e iniziò a versare il liquore. Sperò che l'effetto dell'alchool non tardasse ad arrivare.
Non doveva pensare.
Mandò giù un sorso.
"Non pensare"
"Non pensare"
"Se non pensi starai meglio"
-NO CHE NON STARÒ MEGLIO!- Si ritrovò a urlare. Perché diamine non riusciva a starle vicino senza ferirla?
Questa era una bella domanda.
Il generale si ritrovò a ridere di sé stesso.
"Sei patetico" Si disse. "Non sai starle lontano,ma non fai altro che ferirla."
Quella situazione lo stava logorando dentro.
Quanto tempo era che non la toccava o la baciava? Erano settimane, e ne sarebbero passate altre. E da quanto il suo capitano non gli sorrideva,timidamente quando erano con gli altri, e apertamente quando erano soli? Troppo tempo. Ma se l'era cercato,dovette ammetterlo.
Come diavolo gli era saltato in mente di dirle che stava meglio senza di lei? 
Lei non se lo meritava. Anzi,se c'era qualcuno che si meritava appieno di soffrire,quello era lui.
Perché l'aveva ferita,ancora una volta.
Se ne era andato per inseguire i suoi sogni,lasciandola sola con un padre che l'aveva trattata più come un oggetto che come una figlia.
Era tornato,si. Ma solo per il funerale del suo vecchio maestro.
Quando lei gli mise di fronte la realtà e la possibilità di esaudire i suoi sogni, lui seppe solo ringraziarla. Perché era troppo debole per rivelarle  ancora una volta i suoi sentimenti.
La rivide nell'ultimo posto sulla faccia della terra nel quale voleva rivederla(e la voglia di rivederla era d'avvero tanta:): a Ishval, a soli 18 anni.
Lei era un tiratore scelto,uno tra i migliori del paese.
Si sentì morire quando rivide quegli occhi... da assassina.
Si era sporcata le mani (quelle mani che tanto aveva baciato durante il suo apprendistato) del sangue di centinaia di persone... e ancora una volta lui non le rivelò cio che provava.
Anzi, le fece ancora più male. Fisicamente stavolta. Per cancellare una cicatrice dentro di lei,dovette fargliene altre sulla sua bellissima schiena. Roy non fece bene neanche quella cosa,perché troppo straziato dalle sue lacrime dannatamente silenziose, per non fare preoccupare...lui.
Quella notte,dopo averle fasciato la schiena, non potè resistere: la baciò come mai l'aveva baciata fino ad allora. Il senso di colpa,però, lo stava stritolando,così se ne andò,lasciandola sola, di nuovo.
Era sempre lei che tornava da lui, era lei la più forte tra i due.
Tornò anche quella volta.
E sta volta Roy decise che se la sarebbe tenuta con sè per sempre.
Una dichiarazione implicita da parte di entrambi...ma pur sempre una dichiarazione.
Da allora niente li aveva più separati,neanche Bradly, visto che continuarono a tenersi in contatto anche allora.
La sua smania di vendetta per la morte fi Hughes ci aveva provato, ma ancora una volta lei lo aveva tirato su da quell'abisso di odio.
Ma lui l'aveva inevitabilmente ferita ancora, e lei aveva rischiato ancora di morire a causa sua.
Sta volta,però,non avrebbe permesso a se stesso di essere il più debole. Sarebbe stato forte tanto quanto lei.
Almeno ci avrebbe provato.
Per una volta doveva smettere di fare l'egoista.
Doveva abituarsi all'idea che lei non sarebbe più stata sua.

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