Camila's pov.
Avevo il turno di notte quella sera, siccome non c'erano emergenze, ero andata a riposare nella stanza che potevamo sfruttare noi medici. Era presente solo un divano- anche scomodo a dirla tutta-, un mobile con una macchina per il caffè – che in questo lavoro era una sostanza essenziale- e una finestra, che tuttavia non permetteva a molta luce di trapelare,quindi eravamo quasi sempre circondati dal buio. Per questo le luci erano quasi sempre accese.
Avevo gli occhi chiusi, anche se la stanchezza per aver studiato gli argomenti di un esame che avrei dovuto dare tra poco si faceva sentire, siccome non riuscivo proprio a dormire. Era impossibile farlo, soprattutto durante un turno di notte. Quei pochi minuti che avrei impiegato per svegliarmi ed alzarmi dal divano, sarebbero potuti risultare fatali per l'emergenza che sarebbe potuta arrivare da lì a poco. Comunque, non avevo mai dormito su quel divano, poiché lo ritenevo completamente impossibile. Mi sembrava di sentire alcune molle del divano infastidirmi la schiena. No, non eravamo un ospedale scadente, ma a quanto pare, un povero medico stanco non poteva riposare. Anche se, era poco probabile che la stanchezza non avesse la meglio anche su quel divano.
Adesso, avevo raggiunto i miei ventisette anni ed era da dieci anni che non tornavo nella mia città. Erano sempre stati i miei genitori e Sofi a venire qui, quindi avevo persino dimenticato come fosse fatta la mia vecchia casa. Sapevo che mio padre non voleva che la incontrassi, per questo mi proibiva severamente di ritornare in città. Dal canto mio, ero sicurissima che non l'avrei nemmeno riconosciuta se l'avessi vista per strada, ma ciò non significava che lei avrebbe fatto lo stesso. Immaginavo che la sua vita non girasse intorno a me, ero sicurissima che avesse voltato pagina da parecchio tempo ormai, ma comunque non sapevo come avrebbe reagito se mi avesse rivista. Come avrei reagito io, se mai l'avessi rivisita.
Pensavo a lei di tanto in tanto: mi chiedevo cosa stesse facendo, a cosa pensasse, a cosa si dedicava. Spesso, mentre guardavo la luna- che sempre mi aveva ricordato lei-, mi chiedevo se lei stesse fosse da qualche parte a fare la stessa cosa. Guardare la luna e pensare che in confronto tutto il mondo era così piccolo, che magari proprio un satellite mi unisse a lei, mi faceva avvertire un po' di speranza. Speranza in che cosa? Questo non lo sapevo nemmeno io con precisione. Forse speranza che non avesse intrapreso la stessa strada del padre, che non fosse arrabbiata con me...Tuttavia, adesso pensavo a lei molto di meno rispetto all'inizio.
Quando la mattina successiva alla mia ultima conversazione con lei, andai via da mia zia, passavo tutti i giorni chiusa nella mia camera, rifiutandomi persino di mangiare. L'unica cosa che mi mandava avanti, era la speranza che un giorno lei sarebbe venuta a prendermi. Perché speravo che non avesse rinunciato a me, che mi caricasse sulle sue spalle per poter scappare lontano. Insieme.
Uscii dalla mia stanza soltanto quando, un paio di mesi dopo, mia zia mi disse che Shawn era ritornato dal suo viaggio scolastico. Shawn era mio cugino, ma non lo vedevo da tantissimo tempo. Frequentava una scuola militare, ed aveva ottenuto già tante raccomandazioni. Nessuno negava che una volta terminata la scuola, si sarebbe subito arruolato. Possiamo dire che fosse un vizio di famiglia, cercare di salvare vite, intendo. Mio padre era un poliziotto, io volevo diventare una dottoressa e Shawn voleva essere un militare. Lavori che, per quanto duri, alla fine della giornata ti facevano sentire sempre una specie di eroe. Certo, spesso fallendo, ci avrebbero guardato come se fossimo i peggiori dei criminali ma non c'è nulla di più bello di sapere che hai salvato una vita. Che grazie a te, la nazione può essere più sicura e tranquilla.
Comunque, Shawn aveva chiesto un permesso specificatamente per poter passare del tempo con me e per quanto sentissi la mancanza di Lauren, non potevo lasciare da solo il mio cuginetto. Fu allora che iniziai ad uscire dalla mia camera, e lui mi mostrò la città. Nel tempo libero, mi insegnò a guidare e mi spiegò alcune tecniche di autodifesa. Alla fine, grazie a Shawn ed alcuni suoi amici, che dopo un po' divennero anche miei, riuscii ad uscire fuori da quella stanza e iniziai a pensarla il meno possibile.
Per un po', mi rifiutai di parlare con mio padre, per questo era mia zia a tenerlo informato su quello che mi succedeva. Dopo un paio di giorni, soprattutto quando iniziai a passare del tempo con Shawn, mi passò l'arrabbiatura nei suoi confronti e presi nuovamente a parlargli.
Inutile dire che ogni volta che mi venivano a trovare, mi sentivo la ragazza più felice del mondo. Era la mia famiglia, e non riuscivo a credere di poter vederli solo in rare occasioni e per poco tempo.
Senza che me ne rendessi conto, trascorsero dieci anni. Proprio come desideravo, divenni una dottoressa ed ottenni degli stage come tirocinante in piccoli ospedali. Avevo da poco iniziato a lavorare in questo ospedale, ma comunque potevo dire di essermi integrata bene. I medici erano ottimi, lavoravano sempre in maniera affiatata e prestavano attenzione ad ogni singolo dettaglio. Avevo conosciuto un paio di loro, con i quali avevano intrapreso anche dei rapporti di amicizia. Erano stati molto gentili con me, e se io temevo di poter rovinare la squadra che si era creata, loro si erano dimostrati molto disponibili e mi avevano fatta sentire integrata in poco tempo.<<Dottoressa Cabello>>, disse Alyicia, facendomi aprire di scatto gli occhi. Alyicia era una delle infermiere che ricevevano alla scrivania esterna, e sembrava proprio che i nostri turni coincidessero in tutto e per tutto. Era una ragazza simpatica, molto spiritosa e soprattutto, sembrava essere piena di vita. Non avevo mai visto degli occhi brillare con una luce come la sua, così come non mi era mai sembrato di vedere una tanta energia e felicità in una donna così piccola.
<<C'è qualche emergenza?>>, chiesi, alzandomi di scatto dal divano. Lei scosse la testa, ma mi guardò con gli occhi spenti, quasi vacui. Se non c'era alcuna emergenza, allora perché mi guardava come se fosse successo qualcosa di brutto?
<<C'è una chiamata per lei>>, disse, mordendosi nervosamente il labbro inferiore.
<<Alycia, ti ho già detto che puoi darmi del tu. Sei più grande di me>>, dissi, alzandomi dal divano. Mi stiracchiai un momento la schiena, cercando di ignorare la sensazione che mi si fosse conficcata una molla nel retro della schiena.
Uscimmo insieme dalla stanza, e ci dirigemmo verso la sua scrivania, che si trovava in fondo al corridoio sulla sinistra.<<Ti lascio da sola>>, disse Alycia, dirigendosi verso il distributore automatico. Presi la cornetta del cellulare, guardando la sua figura che si allontanava con le sopracciglia aggrottate. Perché il mio cuore aveva preso a battere in quella maniera?
<<Pronto?>>, chiesi, passandomi una mano tra i capelli.
<<Kaki>>, disse mia madre. Chiusi gli occhi, rendendomi conto che stava piangendo. Era successo qualcosa di grave, e siccome il lavoro di mio padre non era semplice, potevo perfettamente immaginare che gli fosse successo qualcosa. Ancor prima che mi dicesse cos'era successo, sentii le gambe cedermi e mi sedetti sulla sedia, fissando il vuoto davanti a me.
<<C'è stata una sparatoria un paio di ore fa...hanno colpito tuo padre>>, disse. Anche se immaginavo che fosse una cosa simile, comunque non ero pronta a quelle parole.
Da quel momento in poi, ho solo immagini sfocate di quello che successe. Partendo da mia madre che mormorava il mio nome, passando per Alycia che mi scuoteva chiedendomi se stavo bene e terminando con io che perdevo i sensi.A/a
Avete sentito la notizia, no?
Non posso dire di non essere triste, ma non posso dire nemmeno che non ci avevo pensato mai.
Be', non mi va di scrivere dei romanzi. Mi sembra ovvio che ognuna di noi abbia avuto una reazione diversa, ma so per certo che tutte ci siamo sentite salvate da loro cinque.
Loro si meritano tutto il nostro affetto, il nostro appoggio e il nostro amore.
Saranno sempre cinque, solo che adesso invece di due dischetti, dobbiamo comprarne di più.
Nel frattempo, andiamo a fare maratone di Better Together/Juntos, Reflection, 7/27 e Fifth Harmony.
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Stockholm Syndrome
FanfictionCamila Cabello ritorna nella sua città nativa dopo essere stata via per un paio di anni. Camila, possiamo dire, sfugge da qualcosa...o forse qualcuno. Lei non sa che le cose sono cambiate e non può immaginare che proprio ciò da cui vuole scappare, r...