Capitolo 11

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Dinah si affrettò a raggiungere Chris, fece scivolare il suo braccio intorno la vita di Lauren, facendo attenzione a non muovere troppo la spalla ferita. Insieme, la portarono lungo il corridoio.
<<Camila...puoi aiutarla, vero?>>, chiese la bionda, cercando agitatamente i miei occhi.
Mi ci vollero un paio di minuti per capire cosa mi avesse detto, dato che la mia attenzione passava tra la ferita di Lauren e i suoi occhi verdi che mi fissavano, brillando con un qualcosa che avrei definito come vergogna. Sembrava quasi che non volesse che la vedessi in quello stato.
Annuii, non riuscendo a trovare le parole per rispondere alla domanda di Dinah. Seguii i due ragazzi che portavano la mora in soggiorno, e poi l'adagiavano sul divano. Lauren emise un grugnito in risposta, chiudendo gli occhi in preda al dolore.

<<Mi servono un paio di forbici, del disinfettante e delle garze>>, dissi, accendendo le luci in soggiorno. Appena quelle parole abbandonarono le mie labbra, loro due si affrettarono a cercare quello che avevo chiesto.
Mi avvicinai a Lauren. Controllai il suo battito: era un po' accelerato, ma sapevo che era solo a causa dell'adrenalina scatenata dall'incontro così brusco che le avrebbe lasciato un segno permanente. Inoltre, toccandole la fronte, notai che la sua temperatura era normale. Quindi, immaginai che non fosse molto grave.

<<Ecco>>, disse Chris, porgendomi le forbici. Dinah era dietro di lui e mi diede il resto delle cose che avevo chiesto.
Mi disinfettai le mani, poi afferrai le forbici e con esse, stracciai la maglia di Lauren. Sperai che non ci fosse affezionata.
Non potei evitare di passare in rassegna il suo petto ed il suo addome, ricoperti di inchiostro nero. Notai che il tatuaggio che si intravedeva sul suo collo, erano delle ali di angelo e spalancai gli occhi, osservando sconvolta il continuo.

<<Potevi chiedermi di toglierla>>, mormorò, in un tono scherzoso. Mi bastò osservare i suoi occhi per capire che, oltre ad essere ferita, era anche ubriaca.

<<Chi lavora in ospedale tra di noi?>>, chiesi, lanciandole un'occhiata veloce. Lei ridacchiò, alzando il braccio non ferito.

<<Touchè>>, disse, ridacchiando.
Adesso che la maglia non era più un problema, iniziai ad ispezionare la ferita.

<<Fottuto bastardo>>, dissi a voce bassa. Lauren ridacchiò.

<<Dottoressa, che termini sono mai questi?>>, disse, roteando gli occhi. 

<<Che succede?>>, chiese Chris, guardandomi preoccupato. Girava nervosamente avanti e indietro, con gli occhi fissi su di Lauren.

<<Chiunque l'abbia sparata, le è arrivato alle spalle>>, dissi. <<Lauren doveva essere seduta a bere, quando il nostro amico ha deciso di sparlarla>>, aggiunsi, osservando la sua spalla.

<<E tu come lo sai?>>.

<<Una ferita dice parecchie cose>>, rivelai. 

<<Il proiettile non ha danneggiato muscoli o ossa. Tuttavia, non è uscito dalla ferita>>, dissi.

<<Questo che vuol dire?>>, domandò Dinah, grattandosi il retro del collo. Lessi il terrore nei suoi occhi e la preoccupazione. Ci teneva proprio tanto a Lauren.

<<Oh, no...ti prego...>>, sussurrò Lauren, cercando il mio sguardo.

<<Avete dell'alcol?>>, chiesi, guardando gli occhi verdi che ora mi fissavano terrorizzati.

<<Non farlo ti prego...>>, mormorò.

<<Farò piano, te lo prometto>>, dissi.
Dinah ritornò con una bottiglia di liquore e ma la porse. Presi i resti della maglia e guardai Lauren, che adesso sembrava essere un tantino più lucida.

Stockholm SyndromeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora