Capitolo 20

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Camila's pov

Mi sembrava una scena già vista: Lauren faticava a camminare, quindi si teneva contro di me mentre la portavo nella sua stanza. Inoltre, si lamentava per il dolore che sentiva alla spalla. Aveva deciso di scendere dalla macchina senza aspettarmi, quindi era inciampata ed era caduta. Adesso, quindi, proprio come una bambina- o per meglio dire, una donna ubriaca-, non smetteva di lamentarsi, emettendo dei piccoli "ouch, ouch, ouch". Sì, somigliava proprio ad una scena che avevo già visto nemmeno due settimane fa.
Guardai male Lauren quando mi disse che le chiavi di casa sua si trovavano in una delle tasche, perché ero sicura di non aver sentito niente quando l'avevo toccata alla ricerca delle chiavi della macchina. Aveva ridacchiato, rendendosi conto che questo trucco non avrebbe funzionato di nuovo. Alla fine, mi disse che potevo trovare la copia sotto il tappeto. Dopo aver aperto la porta, adesso stavamo salendo le scale per poterla portare nella sua camera.
Non sapevano che ore fossero, ma dopo essermi assicurata che fosse arrivata a letto senza problemi, avrei chiamato Shawn e gli avrei chiesto di riaccompagnarmi a casa. Mi dispiaceva rovinare la sua serata con un amico di vecchia data, ma altrimenti non avrei saputo come tornare a casa.
Una volta entrate nella stanza di Lauren, lei si lasciò andare sul letto con un sospiro soddisfatto. Poco dopo, partì una canzone che risuonò dolcemente tra le pareti della stanza. Mi guardai intorno, sconcertata, poi, mi resi conto che Lauren ridacchiava. Alzò leggermente la schiena, ciò fece alzare la sua maglietta e mi incantai a guardare i suoi addominali. Mi mostrò un piccolo telecomando, che aveva fatto partire la canzone una volta che il suo corpo si era poggiato sopra.

<<Credo che io abbia finito, qui>>, dissi, grattandomi nervosamente il retro del collo.

<<Perché? Vieni qui, Camz. Resta con me>>, mormorò, guardandomi con la testa tra i cuscini. I suoi capelli scendevano come delle onde more sul cuscino, mentre i suoi occhi verdi mi invitavano a restare, accompagnati da quel bel sorriso da ubriaca che aveva appena messo su.

<<Non posso Lauren. Devo tornare a casa>>, dissi, scuotendo la testa. Sapevo che se fossi caduta in tentazione, non ne sarei più potuta uscire.
Tuttavia, c'era qualcosa che dovevo dirle. All'inizio, ero stata così codarda da aver deciso di dirglielo in una lettera una volta tornata alla mia vita. Dopo, ero divenuta egoista, ed avevo deciso di non dirglielo proprio. Adesso, mentre lei era qui, mi sembrava il momento adatto per dirglielo. Però, era ubriaca, quindi, quanto avrebbe capito? Quanto avrebbe ricordato domani? Ma la domanda migliore era...se non glielo dico ora, quando potrò avere di nuovo l'opportunità di parlarne? Non volevo essere egoista, ma sentivo che mi mancava il coraggio necessario.
Mi ripresi dal mio sogno ad occhi aperti, quando vidi che si alzava dal letto. La sua figura, presto, sovrastò la mia. Alzai lo sguardo per poter guardare nei suoi occhi verdi, che mi fissavano attenti. Sembrava quasi che avesse paura di spaventarmi, per questo mi guardava con cautela.
Allungò la mano verso il mio viso. Chiusi di scatto gli occhi, quando la sua mano si posò sulla mia guancia. Sospirai di sollievo, come se finalmente avessi trovato il mio posto nel mondo. L'amavo così tanto che mi spaventava, ormai. Era così importante che avrei messo in secondo piano la mia stessa vita, se ciò significava prendersi cura di lei. Per l'amor di Dio, ero persino andata contro tutta la mia famiglia- innumerevoli volte- per poter stare con lei. L'amavo così tanto che ero spaventata, ma al tempo stesso, mi sentivo indistruttibile. La volevo, eppure non sopportavo tutto il potere che aveva su di me. Non mi piaceva che il mio cuore potesse sentirsi appagato solo quando lei era al mio fianco; non gradivo le maledette farfalle che prendevano vita ogni volta che lei mi guardava o toccava; e soprattutto, odiavo sentirmi sua. Tutto il mio corpo la riconosceva, e rifiutava ogni tipo di contatto esterno.
Eravamo due pazze, io e lei, due folli che si facevano del male sia stando insieme che separate. Non sapevo se avremmo mai trovato la nostra pace: insieme, o separate.

Stockholm SyndromeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora