Capitolo 23

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Appena sentite quelle parole, entrambi si congelarono sul posto. Potevo capire il loro stupore dopo aver gettato quella bomba, così all'improvviso. Ma anche io avevo avuto una reazione simile quando avevo visto il test di gravidanza venire fuori positivo.
All'inizio avevo associato le mie nausee alla tristezza, alla realizzazione di aver perso di nuovo l'amore della mia vita. Una mattina, tuttavia, mia madre mi aveva sussurrato una cosa fuori alla porta della stanza e per quanto mi avessero congelato quelle parole, avevo iniziato a rifletterci su. Mi aveva detto che lei sospettava che il vomito poteva essere causato da un qualcosa che lei conosceva benissimo, dato che ci era passata due volte: ero incinta.
Faticavo a crederci, poi mi ero ricordata che io e Lauren non avevamo mai usato protezioni. Sapevo che le pillole che prendevo- che servivano a tenere sotto controllo i miei attacchi di panico dal giorno dell'incidente-, avessero un minimo effetto anticoncezionale, ma ciò non significava che non potessi comunque restare incinta. Immaginai che fosse successo lo stesso, quindi accettai di comprare un test di gravidanza. Le uniche a saperlo eravamo solo mia madre ed io, perché entrambe sapevamo che papà si sarebbe sentito male se l'avesse saputo. Anche se, adesso, lo sapevano anche Lauren e Niall, che voleva ancora ucciderla per cercare di conquistarmi. 

<<Tu...cosa...?>>, domandò Lauren, con gli occhi colmi di commozione.

<<Sono incinta di sei settimane>>, dissi. Lei fece un calcolo veloce, poi un sorriso si formò sul suo volto mentre mi guardava.

<<Quindi, la casetta sull'albero...è successo nel nostro posto speciale>>, disse, in cerca di una conferma. Annuii, confermando la sua teoria. Nostro figlio era stato concepito proprio nel nostro posto speciale, in quello dove andavamo a nasconderci da tutto e tutti quando il mondo ci faceva paura e volevamo restare da sole.
Il nostro momento di dolcezza venne interrotto da Niall, che si avvicinò di nuovo a me. Si inginocchiò davanti a me, guardandomi con i suoi occhi azzurri, adesso pieni di lacrime e rimorso. Mi faceva quasi tenerezza vederlo in quello stato, perché immaginavo che se le cose fossero andate in maniera diversa, lui non avrebbe fatto tutto questo. Sarei dovuta restare al suo fianco, anche quando mi ero avvicinata a Lauren.
La sua mano si alzò, tremolante, verso di me- o meglio- il mio stomaco. Gli sorrisi in maniera incoraggiante, permettendogli di capire che poteva toccarmi. Era impossibile che sentisse il bambino muoversi, però, anche a me piaceva toccare il mio stomaco, perché  mi sembrava di sentire il calore che emanava quella piccola vita che cresceva dentro di me.

<<Giù le fottute mani dalla mia ragazza e il mio bambino>>, disse Lauren, suonando davvero infastidita. Le lanciai un'occhiata veloce, intimandole di stare zitta. Ero riuscita a distrarre Niall, e non volevo che lui tornasse al suo piano iniziale di ucciderla. Il mio bambino doveva crescere con entrambi i genitori.

<<Tu...sei...incinta>>, sussurrò Niall, comportandosi come se non avesse proprio sentito Lauren. Annuii, guardando i suoi occhi, che erano fissi sulla mano che teneva sul mio stomaco. Sembrava proprio che non riuscisse a crederci.

<<Wow...io...non posso uccidere Lauren, no?>>, disse, facendola suonare una domanda piuttosto che un'affermazione.

<<Credo che io e il bambino te ne saremmo molto grati se la lasciassi vivere>>, dissi, cercando di usare un tono di voce dolce ma scherzoso al tempo stesso. Niall era un ragazzo malato, ma che con il giusto aiuto, sarebbe stato in grado di riprendersi la sua vita tra le mani. C'era un mio caro amico che si sarebbe preso cura di lui e sicuramente, l'avrebbe aiutato a migliorare. Adesso che ricordavo chi fosse, non avrei fatto di nuovo l'errore di lasciarlo da solo. Adesso, mi sentivo in dovere di prendermi cura di lui. Era colpa mia se era così disorientato, se vedeva solo oscurità intorno a sé.
Si rimise in piedi, quindi si mise alle mie spalle e con il coltello, tagliò i nodi che tenevano unite le mie mani. Non pensai nemmeno di massaggiarmi i  polsi, perché la prima cosa che feci fu correre verso di Lauren per poter slegare anche lei.
Appena lo feci, si alzò in piedi e mi tenne stretta tra le sue braccia, sussurrandomi all'orecchio che mi amava e che non potevo renderla più felice.

Stockholm SyndromeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora