XI

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"E questi so' Dario", Marco indica un ragazzo con i capelli lisci e tagliati corti ai lati, "Antonio", è il più basso di tutti, con due occhi verdi e profondi

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"E questi so' Dario", Marco indica un ragazzo con i capelli lisci e tagliati corti ai lati, "Antonio", è il più basso di tutti, con due occhi verdi e profondi. "E Gabriele", l'ultimo dei tre è seduto sul bracciolo del divano e gli stringe la mano con vigore.

"Er trio Medusa", annuncia solennemente Dario indicando se stesso e gli altri due amici. Marco soffoca una risata.
"Macché, so' er Trio Monnezza", ribatte buttandosi tra gli amici che si sono spalmati sul divano a due posti. Vittorio rimane in piedi davanti a loro, non sapendo bene come comportarsi. Fuori dalla sottospecie di cantina in cui si sono rinchiusi sta diluviando, hanno appena fatto in tempo a mettere piede in quella stanza interrata.

Marco gli ha spiegato che la usa assieme ai suoi amici come luogo di incontro; appartiene al padre di Antonio che però l'ha ceduta a sua volta al figlio, il quale ne ha fatto, assieme all'aiuto dei suoi amici, un piccolo rifugio. C'è un biliardino sgangherato, un bersaglio per giocare a freccette e un televisore piccolo e datato su cui guardano di tanto in tanto le partite di calcio. L'unica finestra è quella in alto, piccola e stretta, proprio sopra il divano. Le pareti sono grezze, in stucco, e su una di esse c'è una porticina, oltre la quale probabilmente c'è un bagno.

"Siediti, Vittò, non fare il timido", lo incita Marco, spingendo Dario verso il bracciolo così da fare spazio sul divano. L'ospite si siede in modo scomposto, le sue ginocchia premono contro quelle di Marco, che gli batte il palmo della mano sulla coscia con finta casualità. Vittorio non può fare a meno di notarlo.
"Quindi voi qua che fate?", chiede guardandosi attorno. È uno spazio abbastanza ampio, ma scarno di mobilia e un po' umido.
"Cazzeggiamo per tutto il tempo", risponde Antonio.
"Fumiamo, guardiamo le partite, ci portiamo qualche pischella, 'ste cose qui", prosegue Dario.

"L'ultima volta che ho visto entrare una ragazza qui dentro è stato molto tempo fa, comunque", s'intromette puntigliosamente Marco.
Gabriele scuote il capo pieno di ricci scuri. "Vedi de nun dì fregnacce, l'ultima volta che tu hai portato qualcuno qui...", si blocca perché Antonio allunga un braccio e gli dà uno scappellotto dietro al collo.
"...Vabbè, mejo che me sto zitto", mormora abbassando lo sguardo sulle sue scarpe da ginnastica nuove.
"Mejo, si", Dario rafforza il concetto lanciando un'occhiata di sfuggita a Vittorio, che ha assistito al dialogo con una velata curiosità, senza chiedere nulla. Ancora una volta sente che indagare non sia la cosa adatta da fare.

La televisione è accesa su un programma di automobili ma nessuno lo sta seguendo seriamente. Antonio accende uno spinello e fa qualche tiro prima di passarlo direttamente a Vittorio. "Prima gli ospiti", dice. C'è più tabacco che erba, lì dentro. La passa a Marco ed osserva le sue labbra accostarsi al filtro.
In un battibaleno la stanza è pregna dell'odore di fumo e Dario sale con i piedi sul divano per arrivare ad aprire la minuscola finestrella sopra le loro teste.

Un po' d'aria fresca entra all'interno della stanza, fuori è già buio e Vittorio si accorge di aver ricevuto un paio di chiamate da sua madre.

"É meglio che vada, s'è fatta 'na certa", decreta alzandosi in piedi. Gabriele guarda l'orologio e concorda.

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