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Quando si sveglia, Marco non è più al suo fianco

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Quando si sveglia, Marco non è più al suo fianco. Vittorio si stropiccia gli occhi ed allunga le braccia intorpidite davanti a sé. Ha bisogno di farsi una doccia, ma prima deve capire che fine abbia fatto l'altro ragazzo. Aguzza l'udito e sente dei rumori provenire dal bagno, quindi si alza. Si sfila la felpa e la maglietta, almeno una lavata alle ascelle vuole darsela. Lascia gli indumenti sul letto, poi bussa un paio di volte alla porta.

"Pincipé, quanto ce vuoi sta lì dentro?", lo richiama, ma non riceve alcuna risposta. Sente tirare lo sciacquone.

"Aò?". Nulla.
Apre la porta, fanculo la privacy, e si trova davanti Marco completamente vestito, con le mani appoggiate al bordo del lavandino e la testa chinata in avanti. Quando sente la porta spalancarsi si volta verso Vittorio. Ha gli occhi arrossati e stanchi, contornati da occhiaie scure. Sembra che abbia pianto.

"Tutto tuo", esala dopo un momento di incertezza, passandogli affianco e dandogli una spallata per uscire. Vittorio rimane immobile per qualche momento, le sopracciglia corrugate.
"Che hai fatto?", gli chiede. Si volta verso di Marco, che è immobile al centro della stanza, con le mani chiuse in due pugni adiacenti ai fianchi e gli occhi lucidi.
"Secondo te?". Rimane in silenzio per qualche momento, continuando a sostenere il suo sguardo. "Secondo te come posso sentimme dopo avé preso la stessa roba che ha ammazzato mi' fratello, eh?", domanda ad alta voce, incazzato.

Vittorio capisce che non ce l'abbia con lui, ma con se stesso.
"Non potevi fa niente, Mà".
Marco indurisce lo sguardo e serra le mascelle.
"Invece sì, cazzo! Potevo, che ne so...potevo scappà, oppure prenderlo a cazzotti, e invece no, ho messo in pericolo entrambi, Raffaele è un folle, non hai idea". Gli trema la voce.

"Sarebbe andata peggio, forse".

Marco fa un passo avanti, determinato.
"Non parlare di ciò che non sai, Vittò", dice. Questa frase è la goccia che fa traboccare il vaso, perché Vittorio ha già perso la pazienza poche ore prima in macchina con Giorgio, e la perde anche ora.

"C'hai ragione, io non so un cazzo, ma ieri me so ritrovato davanti tre matti co' un coltello che ci hanno minacciato, e uno di questi vengo a scoprì che non solo se la faceva con te, ma che è pure il figlio dello stesso infame a cui devo ventimila euro", si affanna nel parlare, "e scusa se so' cose che non mi riguardano, ma io ho dormito stanotte insieme a te con la speranza di capirci qualcosa il giorno dopo, e ieri sera ti ho dovuto bloccare perché mi ha messo le mani addosso in un fottuto bagno di un fottutissimo locale, e ho sopportato perché lo so che non l'avresti mai fatto da sobrio, ho sopportato pure perché mi fido di te, ma mo' che mi vieni a dire così mi fai rode 'r culo, e manco poco".
"Prima Giorgio, mo' tu, me venite a dì che so' cose che nun so, ma chi cazzo me le deve spiegà?", si blocca. Sente il sangue bollente salirgli al cervello.

Non riesce a decifrare l'espressione di Marco, sembra dispiacere misto a rabbia. Non è più teso come poco prima, però.

Scuote la testa, l'orecchino tintinna; è un piccolo particolare che Vittorio nota sempre.
"Io ti capisco bene, Vittò, meglio di quanto tu sappia", afferma. Il suo sguardo vaga sul busto nudo di Vittorio, sul suo petto. Gli pendono due collane d'oro dal collo, una semplice e l'altra con un crocifisso.

Sotto il cielo di RomaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora