XIX

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"Li mortè, pesa quanto 'n divano de Mondo Convenienza", si lamenta Giorgio

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"Li mortè, pesa quanto 'n divano de Mondo Convenienza", si lamenta Giorgio. Stanno trascinando Marco nell'automobile che er Duca ha preso in prestito da suo padre. Ovviamente, nessuno dei due genitori di Giorgio sa che loro figlio vaga per le vie di Roma alle tre e mezza di notte (o mattino?), per di più senza patente.

Ha provato a fare gli esami teorici tre volte, fallendo miseramente. La macchina la sa guidare alla perfezione, gli manca solo un foglio di carta che lo attesti. Roba da nulla, insomma.

"Mo te ne stai bono bono, Marcolì", si rivolge all'amico che con sguardo vitreo fissa qualcosa davanti a sé. Gli allaccia anche la cintura, non si sa mai, poi lui e Vittorio salgono davanti.

Il ragazzo dagli occhi azzurri guarda Marco tramite lo specchietto retrovisore.
"Me pare 'n po' assente, dici che se riprende o rimane scemo così pe' tutta la vita?", domanda. Giorgio cambia marcia ridendo.
"Dagli mezz'ora e torna a parlare", lo rassicura."Dove andiamo?", domanda.
Vittorio esclude a priori casa di Marco per buoni motivi.
Anche casa sua è da eliminare, non può entrare con un ragazzo sotto effetto di stupefacenti lì dentro.

"Vai verso Rione Monti, poi da lì proseguo a piedi".
"Che ci sta?", chiede curioso.
"Lui e gli amici suoi ci hanno tipo 'n monolocale minuscolo dove sfanculà", spiega Vittorio.

Controlla che Marco stia bene, lì dietro, anche se bene non è la parola adeguata per descrivere il suo stato fisico e psicologico attuale.
È imperturbabile.

"Chissà quante bombate ve ce siete fatti fino a mo', eh?", allude Giorgio con malizia.
Vittorio scuote il capo. "In realtà ancora non abbiamo scopato".

L'altro ragazzo si acciglia. "Seee, nun ce credo, tu che tieni l'amichetto tuo nelle mutande, vallo a dì a quarcun'altro". Gli dà una pacca sulla spalla.
"Guarda che mica te sto a perculà, è vero", ribatte. Giorgio lo guarda sott'ecchi.
"Famo che ce credo", decreta. Prende una curva troppo larga e per poco non vanno a sbattere contro il marciapiede. Recupera appena in tempo la situazione con qualche bestemmia di troppo.

"Eddaje Giò, so sopravvissuto a tre froci psicopatici e devo andà a morì in macchina co' te? Nun me pare 'r caso", lo rimprovera Vittorio appigliandosi alla maniglia posta all'altezza della sua nuca.
"Ancora mi devi spiegare che è successo".

Vittorio si prende un po' di tempo, anche per lui è difficile ricostruire i numerosi avvenimenti della serata.
"Ho scoperto do' abita mi' padre, punto primo...punto secondo, io e Marco siamo andati in un locale e abbiamo incontrato il suo ex, uno matto da legare che, indovina un po'? È il figlio del Messicano. Hanno parlato un po' ma sinceramente nun ci ho capito 'na mazza, poi questo ha tirato fuori la coca e ha costretto Marco a sniffarsela con lui".

Wow, detto così è ancora più squallido.

Giorgio annuisce e, ancora una volta, Vittorio ha la netta impressione che sappia già tutto. Stavolta però non resiste.

Sotto il cielo di RomaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora