13. Un legame indissolubile

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In macchina nessuno dei due dice una parola.
Non ho idea di dove stiamo andando.
Ogni tanto mi guarda con un sorriso incerto, poi torna a guardare la strada.
Io non oso chiedere nulla, anche se la curiosità mi divora.
Non so cosa aspettarmi.
Sono quasi le otto di sera e sta incominciando a piovere.
Claudio parcheggia davanti ad una clinica.
Io lo guardo perplessa, ma lui mi dice solo "Andiamo"
Ha un tono pacato e mi guarda in modo rassicurante.

Mentre saliamo in ascensore i nostri sguardi si incrociano ma io non riesco a dire niente.
Aspetto che sia lui a spiegarmi il motivo per cui siamo qui.
Lui mi guarda, come se non sapesse da dove cominciare, ma non mi dice una parola.
Quando le porte dell'ascensore si aprono, siamo davanti al reparto di neurochirurgia.
Lui entra, io lo seguo.
A metà del corridoio ci viene incontro una giovane dottoressa, avrà più o meno l'età di Claudio.
È molto carina, di una bellezza naturale e discreta.
"Buonasera Claudio" lo saluta lei sorridendo.
"Ciao Laura, come sta stasera?"
"Molto meglio rispetto a come l'hai vista stamattina. L'abbiamo trasferita dalla terapia intensiva al reparto da poco. Venite."
"Scusate, Laura lei è Alice."
Ci scambiamo una stretta di mano.
Io sono molto imbarazzata, anche perché non ci sto capendo niente.
Entrando nella stanza, mi trovo di fronte ad una signora sulla settantina, pallidissima e con la testa fasciata. È sveglia e ci guarda.
"Ciao mamma" le dice Claudio avvicinandosi e prendendole la mano.
Io rimango in disparte.
"Claudio..." lei lo saluta con la voce impastata e come se non lo vedesse da una vita.
Lui è visibilmente commosso, come se non si aspettasse nemmeno di essere riconosciuto.
Guarda Laura che gli fa un cenno affermativo con la testa, sorridendo.
Lei sembra voler parlare ma è molto affaticata.
"No no, non ti devi stancare mamma"
Lei guarda dalla mia parte e mi sorride.
"Claudio, chi è quella ragazza?" Chiede con un filo di voce, tendendo la mano verso di me.
"Mamma, lei è Alice" le risponde, sorridendomi.
Io istintivamente mi avvicino, e le prendo la mano. Lei me la strige.
"Che bello vedervi insieme" dice lei come se già sapesse chi sono.
Io ricambio il suo sorriso.
"Piacere di conoscerla, signora"
"Ora però la signora Lucia deve riposare, quindi vi chiedo di salutarla e di uscire" Laura ci richiama all'ordine.
Io esco, lasciando Claudio un momento da solo con la madre.
Dopo pochi minuti esce anche lui.
"Io sono molto ottimista" dice Laura "per come stavano le cose giovedì, prima dell'intervento, non mi aspettavo una ripresa così rapida. Certo, ora dobbiamo aspettare ancora qualche giorno per capire se la ripresa sarà completa, ma credo che ci siano ottime probabilità che torni com'era prima della crisi"
"Grazie Laura, di tutto. Ci vediamo domani." le dice Claudio stringendole la mano.
"Buonanotte Claudio, buonanotte Alice".

Io sono frastornata.
Claudio ha l'aria di uno a cui è caduta addosso tutta la stanchezza del mondo.
L'unica cosa che riesco a fare, quando ci ritroviamo soli in ascensore, è abbracciarlo con tutta la forza che ho. Lui sembra sciogliersi nel mio abbraccio. Rimaniamo così finché le porte non si aprono.
"Mia madre ha avuto un ictus 10 anni fa, la settimana di Natale. Da allora non è più autosufficiente ed è ricoverata in una clinica. È sempre stata lucida e presente. Da un paio di settimane però è iniziato a cambiare qualcosa. Prima erano solo momenti di confusione. Poi questi episodi sono diventati sempre più frequenti. Ha iniziato ad avere difficoltà di parola, tremori e la situazione è peggiorata rapidamente. Dalla TAC è emerso un ematoma subdurale emorragico.
Abbiamo deciso di tentare l'intervento chirurgico, anche se le condizioni di mia madre non erano proprio delle migliori. È stata operata venerdì. E stasera per la prima volta ha parlato e mi ha riconosciuto"
Abbiamo tutti e due le lacrime agli occhi. Io non riesco a dirgli niente.
Lui mi prende il viso tra le mani e mi bacia. È un bacio liberatorio.
"Vieni da me?" Più che una domanda è una supplica.
Annuisco.
"Ma quindi, non eri al congresso?"
" Ho fatto un po' avanti e indietro"
Allora era lui davvero quello che ho visto venerdì sera.

Lo guardo mentre guida verso casa sua.
Sembra sfinito.
Lui se ne accorge.
"Non ho un bell'aspetto lo so. E non sarò neanche una gran compagnia stasera. Ho bisogno di mangiare, di fare una doccia e di dormire. Ma non lasciarmi  solo..."
"Non ne ho la minima intenzione" gli dico accarezzandogli la mano. Lui mi sorride stanco.
"Grazie" mi dice lui
"Di cosa?"
"Di esserci"

Sdraiati nel suo letto, abbracciati, io avrei mille domande da fargli.
Ma mi sembra che mi abbia detto già abbastanza per oggi.
Non è il momento di chiedere altro. Gli accarezzo i capelli, lui ogni tanto mi da un piccolo bacio sulla fronte. Restiamo così, in silenzio, finché il sonno coglie entrambi.

È quasi l'alba.
Mi sveglia Claudio che si agita nel sonno. Probabilmente sta avendo un incubo.
Guardarlo così  addormentato mi suscita tenerezza.
Si sveglia di soprassalto.
Lo abbraccio per tranquillizzarlo.
Lui mi guarda, gli ci vuole un po' per calmarsi.
Mi sorride e poi mi stringe forte a sé.
"Non posso stare senza di te" mi sussurra all'orecchio.
Poi mi bacia. Sono baci lenti, dolci  che mi trasmettono affetto, tenerezza.
Ma presto la passione prende il sopravvento e ci travolge.
Lui non si stacca mai dalle mie labbra, mi accarezza, mi stringe e torniamo ad essere una cosa sola.
Io sento un legame indissolubile tra di noi, come se aver condiviso la sua ansia e il suo sollievo ci avesse unito ancora di più.

"Perché non me l'hai detto Claudio? Avrei potuto starti vicino" Gli chiedo, accoccolata tra le sue braccia.
"Non lo so, non sono abituato a condividere i miei problemi. È come se, tenendoli chiusi da qualche parte dentro di me e ignorandoli, potessero farmi meno male."
"Ma tu hai una sorella se non sbaglio"
"Sì, Sabrina vive a Milano ma in questo periodo è a Londra per lavoro, dovrebbe arrivare domani."
"E tuo padre?"
"Se n'è andato quando avevo dodici anni. Non ho idea di che fine abbia fatto e non mi interessa."
Sospira.
"Alice, non devi pensare che io non mi fidi di te, perché non è così."
"Io faccio davvero fatica a capirti Claudio, perché quando c'è qualcosa che non va, sentire le persone che mi vogliono bene vicine, mi aiuta molto"
"Io sono sempre stato abituato ad arrangiarmi da solo, non voglio che i miei problemi pesino sugli altri"
"Ma a chi ti vuole bene fa piacere starti vicino quando hai bisogno. Non è un peso."
"Alice queste cose io le sto imparando da te. E oggi ho capito, forse per la prima volta, quello che mi stai dicendo"
Mi guarda intensamente, come se mi vedesse per la prima volta.
Ed anche io lo vedo sotto una luce diversa.
Non avevo mai pensato che potesse essere così solo e vulnerabile.
Pensare a quello che deve aver passato, non solo in questo periodo, ma in tutta la sua vita, mi riempie di tristezza e mi fa capire meglio alcuni ĺati oscuri del suo carattere.

L'allieva.... quattro anni dopoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora