20. Promettimi che non succederà più

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Esco dall'Istituto piuttosto arrabbiata.
Io non lo capisco, fino a due giorni fa sembrava un'altra persona.
Mi si affianca Enrico Cortesi.
"Ciao Alice. Hai fatto tardi anche tu vedo"
"Si infatti" gli rispondo.
"Ti do un passaggio fino a casa"
"No grazie, non c'è bisogno" ci manca solo che Claudio mi veda insieme a lui.
"Dai, mi fa piacere" insiste lui "e poi fa anche un bel freddo stasera".
"No davvero, preferisco camminare un po'."
"Allora ti accompagno a piedi" mi dice prendendomi per un braccio.
Io mi ritraggo istintivamente.
"No grazie" rispondo e mi accorgo che il mio tono di voce è brusco "preferisco andare da sola".
Lui mi guarda e nel suo sguardo vedo un guizzo strano, come di rabbia.
"Come vuoi" mi dice e se ne va.
Ma cosa gli è preso? È sempre stato gentile con me. Cos'hanno tutti oggi?

Sono quasi le 23 e di Claudio nessuna traccia.
Ma che starà facendo.
Ho provato a chiamarlo ma non mi ha risposto.
Gli ho anche mandato un massaggio ma non lo ha neanche visto.
Sarà passato da sua madre.
Lui nega, ma io sono sicura che c'è qualcosa che non va.
Comincio anche ad essere un po' preoccupata.
A mezzanotte non riesco più a contenere l'agitazione.
Lo chiamo di nuovo.
Naturalmente non risponde.
Gli lascio un messaggio in segreteria: "Claudio, ma dove sei finito?"
Niente.
Non so cosa fare.
Dove andare a cercarlo.
Ho anche pensato di chiamare Calligaris, ma che gli dico?
Forse sto solo esagerando ed è ancora in laboratorio.
Oppure mi sta tradendo.
Le sto pensando tutte.
Devo fare qualcosa.
Prendo un taxi e vado in Istituto.
La sua macchina non c'è.
Il custode mi dice che il dottor Conforti è uscito da circa tre ore ed era solo.
Tre ore??
A questo punto sono davvero disperata.
Lo richiamo di nuovo. Niente. Ancora la segreteria. "Claudio, ti prego. Se senti il messaggio chiamami. Anche solo per dirmi che stai bene. Non so cosa fare. Sono disperata." La mia voce è rotta dal pianto.
Il taxista mi guarda preoccupato.
"Sigorì, tutto a posto? Dove andiamo?"
"Non lo so" dico piangendo.
Mi faccio riportare a casa.
"Sicura di stare bene?"
"Sì grazie" congedo il taxista.

All'una sono seduta sul divano e ho pianto tutte le mie lacrime.
Sento girare la chiave nella serratura.
Vado alla porta.
Grazie al cielo è tornato.
Ha la faccia sconvolta.
E io, dopo la gioia di vederlo vivo, sono travolta da un'ondata di rabbia accecante.
Lo ucciderei con le mie mani.
"Ma si può sapere dove diavolo eri finito? Ti rendi conto di che ore sono?"
Lui guarda e scoppia a ridere.
"Eri preoccupata? Come vedi sono vivo"
È palesemente ubriaco.
"Ma quanto cavolo hai bevuto?"
"Non abbastanza!"
Si dirige verso il mobile bar e prende una bottiglia.
Mi scagliò contro di lui.
"Eh no, adesso basta!" Gli gridò contro strappandogli la bottiglia di mano.
Lui si gira di scatto, come una furia, e mi urla dietro alzando una mano in aria.
Io rimango impietrita.
Lui si accorge di quello che stava per fare e si riscuote, abbassando la mano.
Spalanca gli occhi, come se si stesse risvegliando da un brutto sogno.
Io scappo verso la porta, impaurita.
Lui corre verso di me e mi blocca.
"O mio Dio Alice, scusami. Ti prego, perdonami"
"Claudio lasciami, mi fai paura"
"Ti prego, non te ne andare. Ti prego." E crolla in un pianto disperato.
Non l'ho mai visto piangere così.
Mi si butta tra le braccia ed io non posso far altro che rispondere al suo abbraccio.
Non gli chiedo nulla, in questo momento mi sembra troppo disperato.

Lo trascino sul divano e rimaniamo così, abbracciati, con lui che singhiozzia sul mio collo per un tempo indefinito.
"È mio padre" mi dice tutto ad un tratto, rompendo il silenzio.
Io non capisco. "Che vuoi dire?" Gli chiedo titubante.
"L'uomo trovato morto nel casolare, è mio padre"
"Claudio, ma, che dici? Ne sei sicuro?"
Annuisce "Ho fatto il test del DNA"
Sono sconvolta io, immagino lui.
Mi guarda negli occhi.
Io non so che dire.
"Ma come hai fatto a riconoscerlo?"
"Il tatuaggio. All'inizio non ci avevo fatto caso. Poi l'immagine di quell'ancora ha iniziato a rimbalzarmi in testa continuamente. Così ieri sera sono andato da mia madre per cercare di capirci qualcosa. E i miei dubbi sono stati confermati"
Il suo tono di voce è tornato più o meno tranquillo.
"Ti va di parlarne?"
"No, ma resta qui con me"
"Va bene, ma vieni a letto. Almeno ti distendi un po'."
Annuisce. Lo aiuto a svestirsi e a mettersi a letto e mi stendo di fianco a lui che si avvinghia a me.
Ci appisoliamo per la stanchezza.
Quando mi sveglio, all'alba, sono da sola nel letto.
Sento il rumore dell'acqua nella doccia.
Se ripenso a ieri sera mi sembra di aver vissuto un incubo.
Lui esce dalla doccia, con l'accappatoio e i capelli bagnati.
Viene da me, mi accarezza il viso serio.
"Alice, mi dispiace per quello che è successo stanotte. So che hai avuto paura di me e questo mi fa impazzire. Non succederà mai più."
"È passato" gli dico io, baciandogli le labbra.
Lui continua a guardarmi negli occhi.
"Faresti una cosa per me?"
"Certo, cosa?"
"Vieni con me da Calligaris?"
Annuisco. So quanto gli costi dover raccontare il suo passato, che vorrebbe cancellare anche dalla sua memoria, all'ispettore.

Entriamo nell'ufficio di Calligaris mano nella mano.
Claudio non sembra intenzionato a staccarsi da me.
L'ispettore guarda le nostre mani unite con un sorrisetto malizioso, poi ci guarda in faccia.
Dobbiamo essere uno più sconvolto dell'altra, perché il sorriso gli svanisce istantaneamente dalle labbra.
"Che succede ragazzi?"
Ci sediamo e Claudio, come sua abitudine, va  subito al sodo, senza troppi giri di parole.
"L'uomo ritrovato nel casolare.... è mio padre, Vittorio Conforti".
Calligaris impallidiace.
"Claudio, ma sei sicuro?"
"Si Roberto, ho già comparato i nostri DNA, è lui senza margine di dubbio"
Calligaris sospira rumorosamente.
"Raccontami quello che sai di lui"
"L'ultima volta che l'ho visto avevo 12 anni, era la vigilia di Natale. Aveva perso il lavoro da qualche mese. Con mia madre litigavano spesso. Lui tornava a casa sempre ubriaco, era violento, ci picchiava, tutti e tre."
"Hai un fratello?"
"Una sorella più piccola. Lei aveva 8 anni. La vigilia di Natale dopo uno scatto di ira, ha buttato all'aria mezza casa e se n'è andato. Non l'ho più rivisto e non avevo idea di che fine avesse fatto. Poi ho visto quel tatuaggio e mi è venuto il dubbio che fosse lui."
"Dovrò parlare anche con tua madre e con tua sorella"
"Certo, immagino. Mia madre ha avuto un problema neurologico importante da cui sta uscendo, ancora non le ho detto nulla. Magari le parlo io prima."
"Certo. Ma in casa non ne avete mai più parlato? Voglio dire dopo che se n'è andato. Pensi che tua madre sapesse che fine aveva fatto?"
"Non lo so Roberto. A noi non ha più voluto parlarne."
"Va bene Claudio, per ora basta così. Farò una ricerca negli archivi della polizia per vedere se ha avuto a che fare con la giustizia. Naturalmente ti faccio sapere."
"Io parlerò con mia madre e mia sorella. Sabrina vive a Milano, le dico di venire a Roma prima possibile."
"Bene, grazie"
Claudio, che per tutto il tempo non mi ha mai guardato, ma non mi ha lasciato la mano un attimo, si gira verso di me.
Ha l'espressione sfinita di chi si è tolto un peso enorme dalle spalle.

La giornata in Istituto mi sembra infinita.
Sono stanca morta, ho un sacco di pratiche noiosissime da sbrigare e la testa da tutt'altra parte.
"Ma che avete tu e Conforti stamattina? Potreste anche dormire un po' invece di fare solo sesso la notte" mi dice Lara al centesimo sbadiglio.
Io la guardo malissimo.
"Lascia perdere va.... Magari fosse quello il problema..."
"Allora che cos'è? Avete litigato di nuovo?"
"Lara, lascia stare. Non ho voglia di parlarne"

A metà pomeriggio si affaccia alla porta Enrico.
"Alice posso offrirti un caffè?"
Io guardo Lara stupita. Ci mancava solo lui oggi.
"No grazie, vorrei finire qui per andare a casa presto.
"Bene, magari stasera lo accetti un passaggio"
Io sgrano gli occhi incredula, di nuovo?
Dietro le spalle di Enrico, compare Claudio.
"Non credo proprio, visto che viene a casa con me"
Si scambiano uno sguardo infuocato.
Per un attimo temo che Claudio gli molli un pugno in faccia.
Ma per fortuna non succede ed entrambi se ne tornano da dove sono venuti.
Lara mi guarda stranita.
"Ma Cortesi non lo ha ancora capito che vuoi due state insieme?"
"Non lo so Lara, so solo che non vedo l'ora di andarmene stasera."

Finalmente io e Claudio siamo a casa.
Io sto tentando di preparare un risotto.
Claudio mi abbraccia da dietro, baciandomi sul collo.
"Alice dobbiamo parlare di ieri sera" il suo tono è serioso. E di che vuol parlare ora.
"Se penso che ho alzato una mano su di te, mi sento male. Ho visto la paura nei tuoi occhi e ho pensato di essere uguale a mio padre".
"Claudio, non è successo niente e ora sei qui a parlarne con me. Questo vuol dire che non sei uguale a lui."
"Ma tu avevi paura di me."
"Si è vero ho avuto paura. Ma ho avuto più paura che ti fosse successo qualcosa. Ho passato ore senza sapere dove sbattere la testa, dove cercarti. Non sapevo cosa fare. Ero disperata. Promettimi che non succederà più. Dimmi che vuoi stare da solo. E io capirò. Ma almeno fammi sapere che stai bene."
Lui mi ascolta, guardandomi negli occhi. Il suo sguardo è tenero, comprensivo.
"Te lo prometto" e mi bacia con una dolcezza straziante.
"Tu come stai?" Gli chiedo.
"A parte un mal di testa devastante... mi sento come se fossi uscito da una centrifuga... Ma.... cos' è quest'odore?"
"Il risotto!!!..... Nooo..... si è bruciato!"
Lui ride.
"Bene, ordiniamo due pizze!"

L'allieva.... quattro anni dopoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora