Capitolo 7

29 8 14
                                    


Alemund batté forte il boccale sul tavolo, spandendo un po' della sua birra -Centoquarantasei guerrieri!- esclamò contrariato.

-Sì, fratello, sono più del triplo dei nostri.- aggiunse Rögnvald dopo un lungo sorso.

I tre figli dello jarl Treyr erano seduti ad un tavolo in compagnia di Urgil, lo skald di Stursholt. La festa infiammava attorno a loro tra risate, scherzi, discorsi altisonanti e abbondanti libagioni. La carne era servita stufata e arrostita e un grosso cinghiale girava allo spiedo sopra un fuoco acceso al centro della sala.

-Vi siete infilati in una situazione difficile.- disse Urgil con il tono di chi la sa lunga -Sarà complicato superare la storia del vostro troppo esiguo seguito.-

-Vorrà dire che ci distingueremo in battaglia come abbiamo sempre fatto.- affermò Rögnvald pienamente convinto, riferendosi alle loro vecchie esperienze contro i predoni Varni.

-Sarà dura distinguersi accanto all'Uccisore di giganti.- lo rimbeccò Alemund -Nemmeno tu saresti in grado di scagliare la lancia e pareggiare la sua distanza.-

-Dammi un'ascia con un buon filo e vedrai come le taglio io le teste dei giganti!-

Urgil sbuffò divertito -Spera di non incontrarlo mai un gigante, perché il vostro muro di scudi non reggerebbe e saresti stritolato tra le sue dita in men che non si dica.-

-Tu hai mai visto un gigante?- gli chiese Alemund ansioso di conoscere una nuova fantastica storia.

-No, ma canto spesso di loro. Nelle poesie molti sono gli eroi costretti ad affrontarli.-

Deluso, il giovane abbassò gli occhi e bevve un altro sorso di birra. Sarebbe arrivato il giorno, si diceva spesso, nel quale avrebbe toccato con mano le meraviglie narrate in quelle storie; quel giorno, magari durante una delle sue esplorazioni, avrebbe compiuto gesta tali da essere ricordate.

-Chi guida i vostri uomini?- chiese Rögnvald a Urgil.

-Questa è una bella domanda. I nostri capi sono morti col principe.-

-Non è rimasto neanche il comandante dei guardiani della casa?-

Il bardo scosse il capo -La sua testa era una di quelle infilate sui pali alla collina, se è stata correttamente riconosciuta. A dire il vero, non mi sorprenderebbe se il re incaricasse me del comando.-

Rögnvald sollevò il calice -Skål, allora.-

-E casa nostra?- domandò Alemund al fratello -Con te e Haraldr qui con noi, chi ne sarà il guardiano?-

Rögnvald si passò le dita tra i folti capelli biondi -Beh, non dubito che il piccolo Eirik si sia già offerto come capo degli húskarlar...-

I due uomini scoppiarono in una risata nell'immaginarsi il fratello minore tutto serio e impettito con un'ascia e uno scudo troppo grandi, l'espressione torva e la voce acuta da ragazzino.

Gudfred ascoltava tutte queste parole con lo sguardo altrove, osservando re Brogest e lo jarl Guttorm seduti al desco del signore. Sembravano andare molto d'accordo, e il guerriero si comportava come se fosse uno di famiglia, come se quel luogo e il potere spettassero già a lui. Rideva, scherzava e discorreva con le persone più in vista di Stursholt e tutti gli riservavano sguardi e atteggiamenti rispettosi. Gudfred non s'ingannava: la fama e il ricco seguito dello jarl giocavano in suo sfavore.

Circondata dalla sua piccola corte di donne, un'altra figura attirò la sua attenzione. La principessa Thora era ancora più attraente rispetto a quella mattina: le fiamme del grande fuoco al centro della sala si riflettevano guizzando sul candido viso dalla forma ovale, e una serie di trecce bionde le si raccoglievano in un cerchio sulla sommità del capo e ricascavano elegantemente sul collo e sulla schiena. Il suo viso era degno di una canzone: le gote leggermente arrossate facevano da contorno a un naso piccolo e diritto, e a una bocca dal labbro superiore un po' più grande e sporgente dell'altro, perfetto per accogliere dei baci. Gli occhi sembravano essere stati forgiati dall'impetuoso e freddo mare del nord. Seduta composta nel suo abito di lana del colore dell'ardesia, stonava in quell'ambiente chiassoso, e quel contrasto non fece che aumentare l'interesse di Gudfred per lei. Il guerriero pensò che la sua pelle bianca e liscia dovesse odorare di pino.

La Montagna AnticaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora