Capitolo 13

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Quella mattina il re scese al porto. Restò in disparte, all'inizio del pontile, cercando di non mescolarsi alla folla che gremiva esultante. Ritrovata la speranza, la gente di Stursholt inneggiava ai loro nuovi campioni, ma re Brogest aveva ormai perso la fiducia. Era convinto di aver compreso quale fosse il suo destino, e scrutando il futuro vedeva soltanto un cammino buio terminante in una morte piatta e desolata. Non aveva partecipato al sacrificio tenuto dai tre fratelli per aggraziarsi gli dei, e c'era chi lo considerava come un suo segno di debolezza e chi temeva potesse essere di malaugurio. La sua assenza non era stata sicuramente apprezzata dai guerrieri di Gotendur, ma nessuno era venuto a lamentarsi da lui direttamente. Per due lunghi giorni aveva perso il contatto umano; solo sua figlia Thora era venuta a trovarlo, ma anche lei sembrava distante, troppo presa dalla preparazione di quella nuova spedizione. Non si sorprese, quindi, che pochi quella giornata si accorgessero di lui, nascosto com'era all'ombra dell'umile abitazione di un pescatore. Da quel punto poteva vedere i guerrieri salire sulle navi, e un gigante biondo, di una spanna più alto degli altri, farsi largo tra la calca e scavalcare con un grande balzo la murata della sua imbarcazione.

-La mia ascia!- chiamò a gran voce Rögnvald -Dov'è?- Un uomo, dal molo, gliela passò. -Fratelli, partiamo! Arrossiamo le nostre lame con il sangue di quei bastardi!- Il gigante era solito nascondere la sua paura sotto un atteggiamento impetuoso, aspetto che molti non riuscivano a capire e che li induceva quindi a credere che non ne provasse. In quei giorni Rögnvald aveva pensato spesso a sua moglie e a suo figlio appena nato, e solo da poco il timore di non rivederli mai più si era insinuato in un angolo della sua coscienza. Sentiva che una parte della sicurezza che provava quotidianamente lo aveva abbandonato, ma doveva sforzarsi, per il bene suo e dei suoi uomini, di non mostrarlo.

Urgil saltò a bordo e prese posto. -Anche in armi, sei sempre elegante, skald.- constatò Rögnvald. Urgil infatti, sebbene avesse abbandonato la lunga ed elaborata tunica blu per una più semplice color stoppia e un pesante giaco di maglia, riusciva ad apparire sempre distinto. Ricambiò il complimento con un sorriso e osservò la folla. Scrutò ogni singola faccia, sperando di veder spuntare quella del suo signore, ma il re non si vedeva da nessuna parte. "Così partirò senza la sua benedizione." meditò "Spero che capirà che lo faccio per lui e per la mia città." Ciononostante, fu lieto di intravedere il bel volto di Thora, quella donna che amava quasi come una sorella, ma la principessa sembrava non avere attenzioni che per un uomo. Con gli occhi azzurri velati di commozione e tristezza, ricambiava lo sguardo di Gudfred che, in piedi e immobile sullo scafo della barca, la fissava con una strana intensità. "Che sia davvero amore?" si chiese lo skald.

Le due navi vennero spinte lontane dal pontile e gli uomini affondarono i remi nell'acqua

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Le due navi vennero spinte lontane dal pontile e gli uomini affondarono i remi nell'acqua. Con grandi bracciate gli avventurieri si fecero distanti da quella torma chiassosa che aveva ritrovato grazie a loro una, seppur minima, speranza. Urgil osservava l'insediamento con dolore, domandandosi se avrebbe ancora rivisto la sua gente, le strade che portavano alle piccole case di legno e il mercato, e se avrebbe ancora cantato nella grande sala al cospetto del suo re...

-Skald!- gli urlò Alemund dall'altra imbarcazione -Cos'è quella faccia? Tornerai alle donne e al bere, e tornerai da eroe con una grande storia da raccontare!-

"Speriamo." Pensò Urgil senza rispondergli. Alemund rise e ordinò ai marinai di ritirare a bordo gli scudi che erano stati appesi per far scena sulle fiancate delle barche.


Gudfred rimase a lungo a fissare la principessa, finché ella non divenne una figura indistinta nella folla, e lui decise che era ora di distogliere lo sguardo. Si sedette a prua del suo drakkar, appoggiato alla balaustra, e guardò l'orizzonte, seguendo la linea della costa e attendendo il momento in cui avrebbe visto comparire la foce del fiume. Meditò sulla sua vita, sugli ultimi giorni e sulla battaglia che li stava aspettando, e non sfuggì alla frustrazione che colpisce tutte le persone inclini alla riflessione: non gli riuscì, per quanto si sforzasse, di cogliere il futuro, incertezza e incognita di ogni esistenza.

Estrasse la spada dal fodero e la distese sulle ginocchia. Era di buona fattura; il fabbro migliore di Gotendur l'aveva forgiata in vista del conflitto con i Varni. In quella battaglia, sui ciottoli appuntiti della spiaggia, la lama aveva saggiato il gusto del primo sangue. Tre predoni avevano trovato la fine su di essa, ma i lupi incisi sui due lati sembravano ancora affamati e gli Urlatori li avrebbero presto saziati. Gudfred si domandò se quell'arma sarebbe un giorno divenuta il vanto dei suoi figli, o se invece fosse destinata a essere smarrita in qualche oscuro campo di battaglia, infangata dalla sconfitta. Purtroppo non era pregiata quanto quella di suo padre, la mitica Uddoni creata dagli ottimi artigiani franchi, custodi di segreti sulla lavorazione del metallo. Quand'era bambino aveva giurato che avrebbe vantato un'arma simile, una spada degna di un re, ma l'avrebbe ottenuta grazie a una vittoria, non con il denaro. Come suo padre, avrebbe abbattuto un nemico terrificante, e dal suo corpo esanime avrebbe strappato il suo trofeo.

Quando furono abbastanza lontani da Stursholt, Haraldr gli si avvicinò -Tuo padre sarà fiero di te quando saprà che hai battuto il famoso Guttorm.-

Gudfred voltò la testa e gli sorrise "Sarebbe bello se accadesse" pensò, ma disse: -Sai bene che mio padre mi benedirà con una parola e con un'altra mi maledirà subito dopo.- Haraldr abbassò il capo in modo eloquente, dispiaciuto. Amava quella famiglia che da uomo libero serviva da anni, e i dissensi nati in essa lo sconfortavano.

-Non crucciarti, amico mio.- lo riprese calorosamente Gudfred -Ognuno ha le sue pene. Non serve che tu soffra anche per me.-

Le due navi continuarono la loro corsa, sempre in vista della riva ma sufficientemente lontane da evitare scogli che avrebbero frantumato le assi di legno come ramoscelli. I nocchieri si destreggiavano abilmente tra le correnti, all'ombra delle pareti rocciose che si alzavano e si abbassavano come dei giganti colti nell'atto di inginocchiarsi al signore-mare. Lontano, sotto un velo leggero di nebbia, Rögnvald scovò la foce del fiume, nascosta dietro un solitario faraglione. -Eccolo.- mormorò. Un attimo dopo, le voci dei marinai si levarono e il timone a dritta aggiornò la rotta. -Ringraziamo Njordh!- gridò qualcuno -Che nasconda la nostra navigazione lungo il fiume ai nostri nemici!-

Con le vele gonfie di un vento che soffiava dal mare, le due navi virarono verso la gloria.

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