Capitolo 15

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Il giorno della battaglia era arrivato. Alemund e i suoi compagni avevano camminato per buona parte della notte tra la fitta e minacciosa vegetazione della foresta, avendo come unica guida la debole luce degli astri. L'aria odorava ancora di fumo. Avevano visto i tronchi neri e bruciati dalla battaglia che era stata persa da Sveigdir, il figlio di re Brogest, e avevano mormorato preghiere affinché non ne condividessero la sorte.

Quando l'accampamento degli Urlatori apparve davanti a loro, poco prima dell'alba, i guerrieri dimenticarono la stanchezza e una intensa ferocia si impadronì del loro cuore. La sete di sangue li stava chiamando e presto loro avrebbero risposto. Nascosti tra i pini, aspettarono il sorgere del sole. Dei tiepidi rigagnoli di fumo salivano dalle sommità delle tende e delle misere baracche di rami intrecciati. Alle prime luci, qualche figura isolata uscì dal proprio rifugio per soddisfare i bisogni della natura, e poi rientrare a ripararsi al caldo. Da qualche parte, un bambino scoppiò a piangere. I quindici guerrieri in attesa tremavano dal freddo ma nessuno osava lamentarsi. Presto quel luogo sarebbe divenuto rovente.

-Ci divideremo in cinque squadre da tre uomini ciascuno.- disse Alemund sottovoce -Sparpagliatevi e date tutto alle fiamme. Quando sarà il momento, accenderemo le torce e imbracceremo le armi.-

-Sarà un giorno di grande gloria.- Fostrel stava accarezzando il manico della sua ascia, pregustando già il sapore della lotta.

-Uccideteli tutti. Nessuno di loro deve vedere la prossima alba.-

Gli uomini annuirono; conoscevano bene il loro mestiere. Alemund guardò ancora l'accampamento e alzò gli occhi al cielo, impaziente. Il suono di un corno risuonò forte e a lungo. Poi se ne udirono molti altri echeggiare in una profonda cacofonia e la quiete dell'accampamento fu scossa. Uomini vestiti di stracci, pelli e armature recuperate dai nemici caduti uscirono dalle loro abitazioni confusi e assonnati, chi prendendo le armi, chi tranquillizzando le proprie donne. Gli Urlatori osservavano spaventati in direzione del fiume, verso la fonte di tanto sciagurato baccano. Erano stati presi alla sprovvista. Alemund ghignò.



Le due navi si erano accostate alla riva e avevano annunciato il loro arrivo con gli strumenti di guerra. I corni risuonavano potenti e le grida dei guerrieri minacciavano morte, mentre tutto questo frastuono scivolava sull'erba gelata lungo la piana fino all'accampamento degli Urlatori. I combattenti saltarono sulla spiaggia, ad eccezione di dieci uomini che restarono sulle imbarcazioni imbracciando gli archi, continuando a inveire contro il nemico. A quasi mille piedi di distanza, un nutrito gruppo di Urlatori si stava radunando. Assecondando la loro consueta tattica, presero a strillare per intimorire l'avversario, ma erano visibilmente turbati dall'inaspettata presenza di quegli ospiti indesiderati.

-Urlate più forte di loro!- intimò Haraldr portandosi avanti agli altri con la sua enorme ascia -Urlate a quelle bestie chi siamo!-

Gudfred si avvicinò a Rögnvald -Fratello, mettili in linea e assicurati che non sfondino lo schieramento.-

-Come sempre, fratello.- Il gigante biondo si fece largo tra i compagni. Quel giorno appariva veramente spaventoso: il suo fisico possente era ricoperto di ferro e la faccia era dipinta di strisce di terra. Batté con violenza l'ascia sullo scudo e richiamò all'ordine -Amici, formate una linea! Tra poco arrosseremo le nostre lame. Unite gli scudi, che nessuno passi!-

Gudfred prese con sé Urgil e altri due uomini, nel caso qualcuno fosse riuscito a sfondare lo sbarramento. -Gridate! Suonate i corni! Sfidiamoli!-

Il boato crebbe in entrambi gli schieramenti, che si schernivano a vicenda, finché un centinaio di Urlatori partirono all'attacco correndo sul campo .

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