Capitolo 10

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Alemund non si era mai sentito a suo agio nell'attendere che gli eventi compissero il loro corso. Così, in quelle giornate vuote di azione e avvenimenti degni di nota, si ritrovò a passare gran parte del tempo nella grande sala a bere coi suoi compagni. Quella sera, seduto ad un tavolo coi suoi fratelli, assaporava dunque l'ambrato liquore e scherzava, finché un bisogno impellente lo spinse all'esterno. Avvezzo ormai da anni a generose bevute, dopo l'ennesimo brindisi sentiva solamente la testa un po' leggera, sensazione che quasi svanì quando una ventata d'aria fredda lo colpì nell'istante in cui ebbe spalancato l'enorme portone. Si lasciò alle spalle le risate e la narrazione concitata di un vecchio ubriaco ad un gruppo di bambini sulle avventure di Kall il Cavalca-draghi. Richiuse la porta dietro di sé e si sistemò la pelliccia, attraversando la piazza innevata. Quella boccata d'aria fresca gli ci voleva proprio. Si appoggiò ad un palo e urinò sul manto candido che copriva la strada mentre ammirava il vapore emanato dal suo respiro. Se fossero seguite un paio di giornate di sole, quel sottile strato di neve probabilmente si sarebbe sciolto. Le vie erano deserte. Dalle case imbiancate risalivano dei rigagnoli di fumo che andavano ad unirsi alle stelle.

Quando ebbe finito, guardò in alto, verso la notte serena e si accorse di essersi sorretto ad uno dei pilastri della torre. Una sentinella stava montando la guardia avvolta in una pesante coperta. Alemund sorrise senza un apparente motivo, e cominciò a ritornare verso la grande sala quando qualcuno gridò: -Gente in vista!- La vedetta stava indicando in direzione del bosco -Gente dalla foresta!-

Alemund socchiuse gli occhi ma non vide altro che alberi immacolati nella notte; tuttavia non se ne sorprese, la sua vista faceva difetto da qualche anno ormai. Una mezza dozzina di paesani uscì timidamente dalle proprie abitazioni, incuriositi e intimoriti dall'allarme.

-È lo jarl Guttorm!- esclamò la sentinella sollevando festosamente l'arco.

In quel momento Alemund li vide. Delle figure , una decina forse, stavano uscendo dalla foresta nei dintorni della strada del nord e si stavano avvicinando alla città. Storse la bocca. A grandi balzi raggiunse la sala grande e spalancò con violenza uno dei battenti dai guerrieri intagliati. All'interno tutti lo fissarono. -Degli uomini giungono dal nord!- Ansimando, guardò Gudfred negli occhi e il fratello capì. Subito dopo, come portata dal vento, giunse la notizia: -È Guttorm!-



I sedici uomini usciti dal bosco furono condotti alla grande sala e rifocillati. I loro volti erano maschere scavate dalla stanchezza e dalla fatica, e i loro corpi esausti dolevano per le ferite. Uno di loro, con la faccia tra le mani, scoppiò a piangere. Mai Rögnvald aveva visto un guerriero disperarsi così intensamente. Servì loro della birra mentre alcune donne accorsero con pelli e coperte per riscaldarli. Il guaritore era stato fatto chiamare e presto sarebbe arrivato per prendersi cura dei suoi sventurati pazienti. Il re fece il suo ingresso accompagnato da sua figlia e, afferrata una sedia, si sistemò vicino ai nuovi arrivati. Fiutando cattive notizie, domandò sconvolto: -Cos'è successo?-

Guttorm ebbe appena il coraggio di guardarlo per un istante.

-In tutta la mia vita non ho mai visto la neve così rossa.- disse uno dei guerrieri trangugiando la zuppa bollente accanto al fuoco.

-Le grida!- esclamò un altro tremando per il freddo o forse per l'emozione che i ricordi gli suscitavano -Urlavano come demoni. Non sono umani.-

Nel frattempo, un esausto guerriero si era accasciato su una panca piombando in un sonno profondo. Lo jarl intanto restava in silenzio, troppo umiliato per rispondere.

-Sembravano non avere mai fine, come le onde sulla spiaggia.-

Re Brogest, con un'espressione colma di compassione che non gli era familiare, poggiò una mano sulla spalla del giovane condottiero. -Guttorm, dimmi cos'è successo.-

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