Capitolo 17

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Uno dietro all'altro i guerrieri risalirono lentamente il fianco della montagna carichi di armi, scudi e legno. Erano partiti all'alba, dopo aver recuperato dal campo di battaglia ogni cosa che potesse tornare utile al loro prossimo terribile scontro e dopo aver dormito brevemente al riparo della foresta. Dallo squarcio sul fianco, Gylfar aveva perso troppo sangue e, con un colorito pallido come il latte, aveva abbandonato il mondo dei vivi durante la notte. Il corpo era stato adagiato vicino al fiume, dove i resti carbonizzati delle due barche ancora fumavano. Hrolf invece aveva insistito affinché venisse lasciato tra le rocce nella foresta, ad aspettare il ritorno dei suoi compagni trionfatori sul drago. Sapeva bene che la vittoria era molto probabilmente un miraggio ed era consapevole che la sua stessa vita era in pericolo, non solo per l'eventualità che i suoi amici non sarebbero più tornati per trasportarlo a Stursholt, ma anche per le fiere che si aggiravano nella selva, sempre in cerca di una preda ferita. Ciononostante aveva deciso di rimanere lì con la gamba rotta, rifiutandosi di essere un peso per gli altri. In effetti, trasportarlo lungo le pendici del monte avrebbe richiesto grande sforzo, e i guerrieri accolsero quindi la sua decisione. Anche Haraldr cedette dopo poco alla sua volontà, sebbene fosse visibilmente addolorato. Ogni vita spezzata in quell'impresa rappresentava una grande sconfitta per lui.

Le provviste erano andate perdute con la distruzione dei drakkar, e fu solo per volere degli dei se trovarono nel campo degli Urlatori il corpo di un cervo, appeso a dei grossi bastoni e miracolosamente intatto. Terminata la scarpinata si sarebbero occupati del pasto.

In testa al gruppo, con lo scudo in schiena e un fascio di lunghi rami sulla spalla, Gudfred guardò indietro, verso quei diciannove impavidi che lo stavano seguendo in quella che probabilmente sarebbe stata la loro morte. Una morte gloriosa, pensò. A valle, gli ultimi deboli roghi stavano bruciando ciò che restava delle capanne, e il campo di battaglia era striato di strisce nere di cenere. Da quel punto non erano più visibili le buie caverne che si aprivano alla base della montagna. Gudfred non avrebbe potuto immaginare ambiente più terrificante nel quale il mostro avrebbe potuto rifugiarsi. Quella era la via per i domini della morte.

Riprese a camminare passando tra rocce e pini, finché la foresta si aprì su uno spazio spoglio da alberi, ma dal quale salivano grosse e alte pietre simili a colonne, bianche e temprate dagli elementi. Formavano tre cerchi concentrici, o questo era quanto si intuiva dallo schema geometrico ormai provato dal tempo. All'altra estremità, opposta a loro, una torre a pianta quadrata si elevava per quasi trenta piedi, dominando i dintorni. Il vento sibilava minaccioso tra i monoliti e sembrava che qualche spirito maligno abitasse quel luogo sacro, nascosto tra i massi in parte crollati e distesi a terra. Le ombre formavano giochi di luce sinistri e dall'aspetto soprannaturale che rendevano nervosi gli uomini, già scossi dai recenti avvenimenti.

I guerrieri si sparpagliarono contemplando quel posto con soggezione, e Urgil, appoggiandosi alla superficie ruvida e bianca di un'alta roccia, mormorò tra sé: -Quanta gloria in questo luogo, eppure adesso è tetro e in rovina.- Mancò poco che piangesse dall'emozione; sotto le sue dita tremanti percepiva la storia dei loro antenati. Era in quel luogo che si narrava che il valoroso Kall avesse ucciso il drago addormentato. La sua storia era descritta sulle rune che ornavano molti di quei macigni, e Urgil avrebbe volentieri trascorso giornate intere a leggerle. Facilmente avrebbe trovato l'ispirazione per un'altra canzone.

Nella sua vita aveva sempre narrato le storie degli altri, vicende di eroi e mitiche battaglie; con l'approssimarsi dello scontro, realizzò con sorpresa che forse il destino gli aveva riservato l'onore di essere parte di una di esse. Già si vedeva citato in rima, cento anni dopo, quando un giovane bardo avrebbe raccontato di come un famoso skald avesse vissuto le avventure finora solo sognate.

Gudfred invece studiava con occhio diverso quel sito antico; immaginava la battaglia che doveva ancora iniziare e cercava i punti critici dai quali colpire e dai quali ritirarsi

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Gudfred invece studiava con occhio diverso quel sito antico; immaginava la battaglia che doveva ancora iniziare e cercava i punti critici dai quali colpire e dai quali ritirarsi. -Haraldr!- chiamò. L'huskarl nerboruto raggiunse il suo signore. -Nascondete le armi e assicurati che nessun angolo di questo luogo ne resti sguarnito. Dobbiamo essere in grado di colpire da ogni parte.-

Haraldr piegò la testa pelata -Sì, Gudfred.-

L'erede di Gotendur si fermò al centro del campo sacro, dove un piccolo spiazzo si apriva piatto ed erboso, libero da pietre. "È questo il punto." decise. -Alemund, Grinder!- chiamò ancora. I due uomini gli si accostarono. -Ammassate le assi e tutto il legname qui, al centro. Più tardi taglieremo dei rami e faremo altrettanto. Dobbiamo raccoglierne il più possibile.-

-Sì, fratello.- rispose Alemund, e scattarono a elargire disposizioni.

Infine Gudfred si fermò di fronte alla torre e la osservò a lungo, con sguardo glaciale. -Rögnvald,- disse finalmente al fratello che gli stava accanto appoggiato alla grande ascia in completo silenzio -accompagnami all'interno.-

L'edificio, quadrato, era buio e freddo. Una scala in pietra saliva ai tre piani superiori, e i due fratelli la percorsero con difficoltà, evitando di inciampare sui massi che una volta componevano il tetto e la pareti dei muri all'ultimo piano, ora crollati sulla struttura sottostante. Arrivati in cima si affacciarono a una delle pareti inesistenti, quella che dava sullo spiazzo, e guardarono i compagni affaccendarsi per nascondere le armi e piazzare la legna tra i monoliti. Qualcuno trasportava anche gli arbusti che sarebbero serviti a celarsi alla vista del mostro. La trappola sarebbe stata pronta a breve.

-Tratterrai il drago il più a lungo possibile?- domandò Gudfred.

-Sì.- rispose Rögnvald. Il vento gli gonfiava la criniera bionda.

-E cercherai di procurargli quanto più danno possibile, e magari ucciderlo?-

Rögnvald si voltò e gli poggiò una mano sulla spalla -Sì, fratello, non fuggirò davanti a lui. Nessuno lo farà. Se riusciremo, lo uccideremo.-

-Così sarà, lo so.- Gudfred gli sorrise tristemente -Quella creatura viene dal regno dei morti. Sarà meglio per tutti se vi ritornerà.- Trasse un lungo respiro e l'aria fredda gli riempì i polmoni. "Gloria e sicurezza, abbiamo solo da guadagnarci." rifletté.

Lontano, mezzi sommersi sulla riva del fiume al margine del campo insanguinato, intravide i resti carbonizzati delle navi. Sembrava che i corpi neri senza vita e abbandonati ai lupi stessero ancora gridando dal terrore, guerrieri e Urlatori accomunati dallo stesso destino. Cos'era accaduto al druido? Aveva trovato anche lui la fine sotto i colpi della spada o nel turbine infuocato della bestia? "Non ha più importanza, ormai." pensò Gudfred chiudendo gli occhi.

Si sentiva così stanco.

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