Capitolo 9

25 8 9
                                    

Il secondo giorno dalla partenza dei guerrieri, i membri di spicco del contingente di Gotendur si ritrovarono nella casa di un nobiluomo del posto, morto in battaglia al fianco del principe Sveigdir. Vi era trambusto tra le pareti di legno, e ognuno gareggiava con gli altri nel far sentire il più forte possibile la propria opinione, assennata o meno che fosse. Solamente i tre fratelli rimanevano in silenzio aspettando che i loro dieci compagni finissero di sfogarsi. Ma quegli uomini avevano fiutato l'odore della guerra e li si era poi fatti allontanare, ed era perciò cosa ben ardua che quegli spiriti si quietassero.

Seduto su uno sgabello al centro della stanza, Gudfred si era estraniato da quella piccola folla ringhiante, e si era perso nell'attutito scroscio della pioggia che tamburellava sul tetto. L'urto di due grosse mani sul tavolo di fronte a lui lo riportò alla situazione presente. -Non vi è alcuna gloria nello stare qui, inerti!- tuonò Grinder, un uomo alto e forte, con una lunga cicatrice che gli rigava la folta barba bionda.

-Saremmo dovuti partire anche noi!- gridò Fostrel con le mani ai fianchi e il mento che superbo puntava al cielo.

-La nostra codardia sarà ricordata!- predicò qualcuno in fondo.

-La nostra codardia?- domandò Grinder -Non la mia! Non sono un codardo!-

Due uomini si urlarono insulti e, con le facce quasi a contatto in atto di sfida, cominciarono a spintonarsi. Fu allora che Gudfred ne ebbe abbastanza e lanciò un'occhiata d'intesa a Haraldr. L'huskarl pelato batté due volte a terra il manico della grande ascia e il chiasso in breve tempo scemò.

-Lo jarl Guttorm aveva molti più uomini di noi,- iniziò Gudfred -ed entrare in guerra al suo fianco avrebbe significato sottostare alla sua autorità. Sappiamo tutti cosa ha promesso il re al vincitore. Io sono qui per questo. Non abbiamo preso il sentiero del nord per non avvantaggiarlo.-

Un mormorio sorpreso e sdegnato percorse quegli uomini, colpiti da tanto franco egoismo.

-Torniamocene a casa!- suggerì Edill dal lungo mantello e dal bracciale dorato. -A casa!- e un altro paio di voci si unirono alla sua -Lasciamo che si sbranino da soli!-

-Io dico- li interruppe Grinder -di trarre profitto da queste circostanze. Io dico di prenderci il trono.-

Gudfred si voltò di scatto verso Alemund, che però non ricambiò lo sguardo. Che fosse stato lui a suggerire a Grinder quell'idea? Gudfred poteva non ascoltare il fratello, ma forse avrebbe ascoltato i suoi uomini.

-Guttorm è lontano- continuò il guerriero -e questo è quindi il momento propizio. Conquistiamo il trono per il nostro signore Treyr!- Un timido coro espresse il suo consenso, messo subito a tacere da un ovvio quesito.

-E una volta conquistato come faremo a mantenerlo? Guttorm tornerà e avrà sempre più uomini di noi.-

-Non sappiamo se Guttorm tornerà, né con quanti guerrieri. Fortifichiamoci e prepariamoci. Se faranno ritorno saranno stanchi e provati dalla battaglia.-

-Adesso basta, Grinder. Fai silenzio!- comandò Haraldr -Qualcuno ti sentirà!-

-Chi? Fuori piove e ci sono i nostri a far la guardia. Questa è la scelta più saggia e coraggiosa. Attacchiamo finché siamo in tempo!-

-Non prenderò il trono col tradimento.- Nell'abitazione calò il silenzio. Tutti gli occhi si posarono su Gudfred. -Re Brogest può far risalire la sua stirpe fino a Kall il Cavalca-draghi e non sarò io a farla estinguere così.-

-Cosa vuoi fare, quindi, Gudfred?-

-Attenderemo il nostro turno.-

Grinder rise di scherno -Attendere? Guttorm batterà gli Urlatori e quando tornerà non vorrà rivali. Ci ucciderà. Tuo padre attaccherebbe il re adesso!-

La Montagna AnticaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora