Capitolo 16

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Esausti, pesti, infreddoliti e demoralizzati, i guerrieri se ne stavano seduti al riparo di un gruppo di grandi rocce che affioravano dal terreno. Il sole pomeridiano stava calando e i suoi deboli raggi filtravano a fatica tra le alte e spesse fronde degli alberi. Gli occhi guizzavano intorno al minimo suono e i pallidi volti assumevano espressioni spaventate nel timore che il mostro facesse la sua ricomparsa. Fino a poco prima, il drago aveva sorvolato la zona in cerca dei sopravvissuti. Ogni volta che si era stagliato contro il cielo i guerrieri si erano distesi a terra, nascondendosi tra le rocce, tra i cespugli e tra le radici degli alberi. Il suo ruggito raspante ancora echeggiava nelle loro teste, terrificante quanto il Gjallarhorn, il corno di Heimdallr usato dal dio per annunciare il Ragnarǫk.

-Siamo rimasti solo in diciotto?- domandò Grinder furente.

Edill sollevò gli occhi da terra e lo guardò sofferente -Sì, se contiamo Hrolf che ha una gamba spezzata e non può muoversi, e quel pelato che continua a lamentarsi.-

Urgil, che era appoggiato a una pietra muschiosa e osservava la foresta in direzione del campo, si girò con espressione torva -Quell'uomo pelato si chiama Gylfar.-

-Come dici tu, skald. Ma attirerà quella bestia. Se non smette di far rumore sarà meglio sbarazzarsi di lui.-

Urgil si alzò e sfoderò la spada -Provaci.- sibilò. Grinder era troppo scosso per trovare il coraggio di accettare la sfida e restò lì rannicchiato, in silenzio.

-Che cos'era?- domandò qualcuno.

-Sembrava provenire da un altro mondo.- disse un altro -Mai visto un essere come quello.-

-È ovvio.- rispose Gudfred -Era un drago.-

Quella parola, che tutti temevano e che nessuno aveva avuto la forza di pronunciare, atterrì ancora di più lo spirito di quegli uomini. Adesso che aveva un nome, quella minaccia sembrava ancora più concreta.

Haraldr batté la mano sulla roccia -Com'è possibile? L'ultimo drago è morto cento anni fa!-

-Così credevamo.-

-Fuggiamo, stanotte. Torniamo a Stursholt e poi a casa.- propose un guerriero avvolto nel proprio mantello.

L'huskarl scosse la testa -E Hrolf? Non può muoversi.-

-Non pensate a me.- mormorò il ferito. Accanto a lui, Gylfar emise un grido di dolore e si toccò il fianco squarciato sul quale era stata applicata una benda.

Fostrel si mise seduto -Lasciamo qui i due feriti. Uno non può camminare e l'altro è comunque spacciato.-

-Non fuggiremo senza di loro.- sentenziò Haraldr, schifato dalla mancanza di solidarietà all'interno del gruppo. Osservando le facce dei suoi compagni, con suo gran rammarico non trovò molti del suo avviso.

Da qualche parte nella foresta un ramo si spezzò e i guerrieri si acquattarono all'istante, scrutando tra i pini e adocchiando il cielo ormai grigio.

-Chi è?- bisbigliò Rögnvald al fratello maggiore.

-Amici!- chiamò una voce -Amici, siamo noi!- Tra i tronchi comparvero quattro figure e furono tutti sollevati nel vedere Alemund vivo e vegeto venire verso di loro.

-Fratello!- lo abbracciò Rögnvald.

-Temevi fossi morto? Ho sempre detto che hai il coraggio di una femmina!-

Un po' di buonumore era tornato tra i guerrieri nel vedere che alcuni inaspettati compagni erano riusciti a raggiungerli. Forse in giro ce ne erano altri ancora.

-Allora, chi ha della birra?- chiese Alemund ridendo -Fostrel, beone, ce l'hai fatta!-

Fostrel annuì spazientito -Sì, ma adesso basta scherzare. Dobbiamo decidere cosa fare!-

Dieci voci iniziarono a parlare contemporaneamente contro ogni prudenza.

-Aspettiamo la notte e fuggiamo!-

-Seguiamo il corso del fiume!-

-Torniamo all'accampamento e finiamo gli Urlatori!-

-Sei pazzo? Il drago sarà là ad aspettarci! E poi gli Urlatori sono già tutti morti o fuggiti!-

-A Stursholt! A Gotendur!-

Edill si alzò in piedi di scatto, rosso in volto, ed esclamò fuori di sé -Vendichiamoci del drago!-

I suoi compagni ammutolirono. -V-vendicarci del d-drago?- balbettò Fostrel schernendolo con rabbia -E come? Andiamo lì in silenzio e gli rubiamo il mitico tesoro che sicuramente starà custodendo?-

-No,- ribatté Rögnvald riscoprendo l'orgoglio -Lo domeremo. Kall il Cavalca-draghi lo ha fatto in passato.-

-Veramente la storia racconta che Kall uccise il drago.- lo corresse Urgil -"Cavalca-draghi" è un soprannome, una metafora.-

-Una metafora per cosa?-

-Lo so io per cosa.- mormorò Alemund con un sorriso stupido.

Grinder grugnì -Kall aveva il doppio dei nostri uomini, e il drago era addormentato.-

-Pensate a quale gloria ce ne verrebbe!- esclamò Olàfr ignorandolo e sognando già la vittoria.

Fostrel gli si parò davanti, affrontandolo -Come puoi solo pensarlo? Hai già dimenticato tutti i compagni che abbiamo perso?- Un coro di assensi si levò dai guerrieri.

Edill protestò -E lasceresti quella bestia in vita? E se decidesse di attaccare le nostre città? Ho perso un fratello oggi, non voglio perdere anche un figlio!-

Fostrel si avvicinò a Gudfred, incredulo a ciò che stava udendo -Mio signore, tu sei un uomo assennato, convincili a ritornare a casa.-

Da uomo saggio e accorto qual era, Gudfred si sarebbe volentieri incamminato verso Stursholt, ma nel suo silenzio di quegli istanti aveva prestato ascolto non solo alla prudenza, ma anche alla sete di sangue, gloria e fama che gli suggeriva di continuare l'impresa, e in quel momento il giovane condottiero capì che non aveva finito di uccidere. -Stanotte raccoglieremo dal campo di battaglia tutto quello che potrà servirci: lance, scudi, asce, assi di legno... e domani abbatteremo il drago.-

In molti sgranarono gli occhi stupefatti, e Fostrel diede voce ai perplessi -Come conteresti di farlo?- si volse intorno, verso i suoi compagni -Siete ciechi? Avete visto le ali? Le fiamme? Quel drago sputava fiamme!-

-Non possiamo tornare sul campo di battaglia.- concordò Grinder -Laggiù siamo troppo esposti. Il mostro potrebbe trovarci.-

-Faremo attenzione.- Haraldr si grattò il capo e fissò Gudfred -Se torniamo al campo, vorrei spostare i corpi dei nostri uomini. Non mi piace che siano in balia dei lupi.-

Gudfred scosse la testa -No. Non possiamo occuparci dei morti. Non adesso.-

Fostrel era esasperato. Si avvicinò al suo signore e gli si inginocchiò davanti per farlo ragionare. -Gudfred, ragiona. Il drago ci ha distrutti. Non possiamo batterlo. Se lo combattiamo, sarà un altro massacro.-

Rögnvald inspirò a fondo. Per come la vedeva lui, decimati e senza navi, non avevano altra scelta. -Questa volta sarà diverso.-

-Perché? Come può essere diverso?-

Gudfred alzò lo sguardo al fianco della montagna, sulle bianche rovine illuminate dagli ultimi raggi del sole che stava scomparendo tra le cime dei pini. Strinse con rabbia l'elsa della spada finché le dita non gli dolsero, e disse: -Il drago ci ha presi alla sprovvista. Questa volta non sarà così. Questa volta ho un piano.-

La Montagna AnticaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora