CAPITOLO 22

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Dopo un'intensa giornata di cammino, decidemmo di fermarsi per accamparci e riposare un po'.
Avevamo perso tutto nel covo degli spaccati ma, fortunatamente,il gruppo B fu disposto a cederci qualche coperta per la notte.

Non mangiavamo da due giorni e il nostro corpo ne risentiva, se non avremmo messo sotto i denti qualcosa da lí a poco saremmo svenuti.

"Qualcuno di voi ha un nastro e un coltello?" Chiesi al gruppo B.

Una ragazza dai capelli biondi e naso a patata si avvicinò a me e, slegandosi i capelli, mi porse un nastro abbastanza elastico, per poi rivolgermi un sorriso.
Io le misi una mano sulla spalla e la confortai "lo riavrai tra poco, promesso" e la ragazza, che se non ricordavo male aveva detto di chiamarsi Sonya, mi rivolse un'altro sorriso e tornò dove era poco fa.

"Andiamo, ce l'avete un coltello, non voglio mica ammazzarvi" le supplicai ancora, così una ragazza dai capelli lunghi e neri e dai tratti asiatici mi porse un coltellino con una faccia scocciata.

Era fino, ma abbastanza lungo per ciò che mi serviva.
"Grazie, te lo ridarò tra poco", lei sbuffò e mentre se ne andava mormorò un "Certo che me lo ridarai".

Non diedi peso alla reazione della ragazza e mi misi all'opera.
Spezzai un ramo abbastanza ricurvo da un albero e legai alle estremità il nastro.
Beh, non sarebbe stato un arco di cui vantarsi, ma sarebbe stato efficace per quello che serviva.

Allontanandomi dal gruppo mi misi alla ricerca di qualche preda e, dopo un'ora ero riuscita ad uccidere solamente una quindicina di uccelli.

"Almeno non dobbiamo mangiare insetti" mormorai e mi venne la pelle d'oca solo al pensiero di sgranocchiarne uno.

Stavo per tornare dal gruppo quando uno scricchiolio di rametti catturò la mia attenzione, aguzzai la vista e riuscii a vedere un cerbiatto.
Era un animale così pacato, leggiadro e sembrava una creatura così fragile che quasi mi dispiaceva per quello che stavo per fare.

La scelta era semplice: o lui o noi.
E noi non potevamo andare avanti di uccellini per altri due giorni di cammino, o saremmo morti senza mai arrivare a destinazione.

Così inspirai ed espirai, chiusi un occhio e lanciai il coltello che, con mia grande sorpresa, andò a conficcarsi proprio sulla tempia dell'animale.

Mi sentii una persona orribile ma, qui come alla Wicked, o eri una preda o un predatore, così mi caricai l'animale in spalla con il resto degli uccelli e tornai dagli altri.

***

"Buon'appetito" sbeffeggiai la ragazza asiatica che mi aveva prestato il coltello, buttandogli ai piedi l'animale con ancora il coltello nella tempia, per poi andarmene.

"Grazie mille Sonya" ringraziai la biondina porgendole il nastro.

"Beh, grazie a te" disse scoppiando a ridere, riferendosi agli animali che avrebbero riempito la nostra pancia.

Arrivò Gally e rivolgendomi un sorriso ordinò "Bene, voi ragazze spennate gli uccelli, noi ragazzi scuoiamo il cerbiatto, tu, Elena, hai fatto abbastanza per oggi, vatti a riposare un po" mi fece un po' ridere quel tono autoritario che aveva assunto, ma non avevo nulla da obbiettare, così annuii e mi sdraiai con la schiena poggiata ad un albero.

Ripensai per un attimo a tutto ciò che era successo, fino ad un mese fa, non avevo neanche ipotizzato di poter sopravvivere senza la Wicked e tutti quei sistemi di sicurezza ed ora, seppur non vivevamo nell'estremo lusso e non disponevamo di acqua calda per lavarci o letti con comodi materassi, sentivo che tutto era perfetto.
Come se fosse la cosa giusta, come se stessi seguendo alla lettera il percorso del mio destino e fossi esattamente dove dovevo essere e, senza pensarci, mi addormentai.

"Ehi dormigliona, la cena è pronta" mi risvegliò una voce, la voce più calda e confortante che conoscessi, la voce di Newt.

"Oh, grazie" sbiascicai con ancora la voce impastata dal sonno.

Lui iniziò ad ingozzarsi dopo avermi porto qualcosa che assomigliava ad una costoletta, o almeno credo ed io, senza pensarci sú la addentai, divorandola in un istante.

"Avevi fame" mi sbeffeggiò lui,

"Tu no?" Lo sfidai,

"Ehi, non prendertela, sei carina quando sei affamata" continuò il ragazzo scompigliandomi i capelli, ed io lanciai l'osso, ormai spolpato, per terra e, lanciandogli uno sguardo di sfida, iniziai a fargli il solletico.

"Ferma!" Continuava a supplicarmi lui tra una risata e l'altra "Mi arrendo, mi arrendo".

Io continuai a fargli il solletico e lui, scalciando e dimenandosi, ribaltò la situazione e ci ritrovammo io stesa a terra e lui a cavalcioni sopra di me che mi teneva per i polsi.

"Ora mi devo vendicare" disse lui prima di iniziare a ripagarmi con la stessa moneta.

"Okkei, okkei, scusa, scusa" dissi io tra una risata e l'altra e lui smise subito di farmi il solletico.

Si alzò e mi porse la mano, così io accettai e mi ritrovai ad un palmo dal suo naso.

"Devo farti vedere una cosa" mi sussurrò all'orecchio prendendomi per il polso e trascinandomi non so dove.

"Dove stiamo andando?" Ansimai, riprendendo fiato,

"Lo vedrai" perché doveva essere sempre così misterioso?

Dopo qualche altro minuto di camminata si arrestò e disse "Siamo arrivati" rivolgendomi un bellissimo sorriso.

Dio quel sorriso, quanto lo amavo.

"È bellissimo" fu l'unica cosa che riuscii a dire, rimanendo stupita di quanto la natura potesse essere così bella.

Un enorme lago, piatto e calmo, con la luce della luna che risplendeva sullo specchio dell'acqua, sembrava una foto, eppure era così reale.

Senza pensarci mi iniziai a spogliare e lui si girò coprendosi gli occhi con le mani.

"Non pensavo che saremmo arrivati a questo punto così presto"

"Stupido, ci facciamo il bagno" risposi io ancora allibita dal fatto che lui avesse pensato una certa cosa.

"Io non so se so nuotare Ele"

"Beh, io si, ci sarò io con te"

Detto ciò, lui seguì la mia idea e iniziò a togliersi maglietta, scarpe e pantaloni.

Mi prese la mano ed insieme iniziammo a correre verso l'acqua, non mi sono mai sentita così libera.

Ovunque tu sia vivi dentro di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora