15.

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Momenti.
Erano solo momenti quelli passati insieme.
Ermal non riusciva a dargli un altro nome che non fosse quello. Per fortuna la sua mente durante il giorno era occupata dagli instore e quando riusciva a fermarsi era solo per dormire qualche ora. Erano i suoi mesi quelli. Anche se la stanchezza sembrava fosse quasi insopportabile, doveva farcela, doveva cavalcare l'onda del successo per quei pochi mesi. Sapeva bene come funzionava quel mondo, anche se sperava vivamente di essere ricordato il più a lungo possibile. Aveva imparato che quando si ha una cosa non devi aspettare che vada via, devi affrontarla e soprattutto sfruttarla. Per lui quello era un momento ricco di impegni e in fondo ne era felice. Era la vita che voleva da bambino, il sogno che finalmente si realizzava.
In campo artistico non poteva di certo lamentarsi, non poteva desiderare niente di più di quello che stava vivendo.
Come stava lui interiormente era tutt'altra cosa.
Giorno dopo giorno si creava in lui un senso di incompletezza, come se gli mancasse una parte importante della sua essenza. Cercava di mascherarlo nel migliore dei modi, agli altri e soprattutto a sé stesso. Voleva dimostrare a sé stesso che non aveva per forza bisogno di qualcuno al suo fianco per poter camminare in questa vita. Ma nel profondo sapeva benissimo che non era così. Sapeva bene di aver bisogno anche lui di un abbraccio rassicurante, di due semplici braccia che l'avrebbe protetto da ogni cosa.

Aveva sorriso quando, dopo giorni, anzi settimane, senza sentirlo, aveva visto il telefono illuminarsi ed il nome di Fabrizio lampeggiare sullo schermo. Non aveva tardato a rispondere.
«Ermal dimmi che non dobbiamo partire tra due giorni per Lisbona!» si lamentò ed Ermal rise per la sua reazione poco pacata.
«Ciao anche a te.» aveva ridacchiato prima di rispondere alla sua domanda «Si Fabrì.» aveva sorriso immaginandolo nel panico totale prima di partire «C'è qualche problema?» domandò.
«Problema Ermal? Non so nemmeno come si dice 'ciao' in portoghese.» aveva urlato disperato ed Ermal era scoppiato a ridere pensando a quanto l'avrebbe preso in giro quei giorni.
«Puoi sempre parlare inglese.» gli aveva consigliato.
«Mi prendi per il culo Ermal? L'unica cosa che so dire in inglese è 'Can I go to the toilette, please?' E non credo che mi servirà!» il riccio era scoppiato nuovamente a ridere mentre il romano aveva sbuffato disperatamente.
«Ti tradurrò tutto io, stai tranquillo.» aveva cercato di rassicurarlo tra una risata e l'altra.
«Secondo te io mi dovrei fidare? Chissà che mi fai dire poi con le tue traduzioni.» si era lamentato nuovamente. Fabrizio era sempre stato ansioso ma Ermal non pensava che arrivasse a preoccuparsi così tanto, sembrava sempre tranquillo all'apparenza.
«Del resto come stai?» chiese.
«Sto bene dai, tu piuttosto ti sei ripreso?» gli aveva domandato, era ancora abbastanza preoccupato per averlo lasciato settimane prima da solo in albergo dopo aver pianto tutto il giorno.
Certo Ermal non poteva dire di essere la persona più felice del mondo ma diciamo che si stava abituando, non stava né male né bene, semplicemente stava.
«Si, tranquillo.» l'aveva rassicurato ma Fabrizio non ci aveva creduto fino in fondo. Aveva imparato a capirlo, a leggere dietro ad ogni sua parola. Avrebbe aspettato un paio di giorni per guardarlo negli occhi e capire realmente se mentisse o meno.

Il giorno della partenza era arrivato, Ermal era ormai a Lisbona da qualche ora mentre Fabrizio aveva avuto la sfiga di aspettare in aeroporto per ore. Non aveva niente da fare se non smanettare sul telefono alla ricerca di qualcosa che potesse catturare la sua attenzione.

A Ermal:
Quasi quasi non ci vengo più a Lisbona, tu puoi cavartela benissimo da solo

Inviò il messaggio e rise da solo per qualche secondo, poi si guardò intorno per osservare se qualcuno l'avesse visto. La noia lo stava facendo impazzire e l'unico motivo che aveva per divertirsi era stuzzicare Ermal da lontano.
Sorrise quando il telefono si illuminò dopo pochi secondi dal suo invio.

Da Ermal:
Tu prova a fare una cosa del genere ed io vengo lì con il primo aereo solo per prenderti a calci

Rise di gusto alla lettura del messaggio quando una voce meccanica l'aveva riportato alla realtà, finalmente era arrivata l'ora di partire. Aveva trascinato la valigia lungo l'aeroporto e quando fu seduto sui sedili dell'aereo inviò un messaggio prima di spegnere il telefono definitivamente.

A Ermal:
Sto partendo ricciolì, a tra poco😘

Il leggero vento di Lisbona scompigliò i suoi capelli già disordinati e con lo sguardo iniziò a cercare l'entrata di quell'enorme aeroporto.
L'idea di non essere nel suo paese, di non essere capito e di sbagliare qualsiasi cosa lo stava tormentando, sarebbero stati dei giorni difficili per lui.
Si affrettò a trascinare con sé la sua valigia quando lo vide in lontananza a chiacchierare con coloro che lo avevano accompagnato. I ricci erano sparpagliati sulla testa, qualcuno ricadeva sui suoi occhi dandogli la solita aria sbarazzina.
Non appena lo vide, un sorriso si fece spazio nel
viso sciupato di Ermal.
«Finalmente.» sussurrò a pochi centimetri dal suo viso prima che il romano lo strinse forte in un abbraccio. Si lasciò cullare da quelle braccia forti mentre all'orecchio continuava a sussurrargli «Finalmente.» senza sosta, come un mantra.
Gli mancavano sempre le sue braccia, anche dopo pochi secondi, quando l'abbraccio si sciolse. Erano sempre rassicuranti, le sue braccia. Così forti e muscolose da dargli tutta la tranquillità e la sicurezza di cui aveva necessariamente bisogno.
Si sentiva più protetto con lui al suo fianco.
Avevano camminato spalla contro spalla, parlando di tutto ciò che gli aspettava per quei pochi giorni a Lisbona.
«Dai Ermal dimmi che stai scherzando.» ridacchiò portandosi la mano sui capelli dopo aver appreso che dovevano imbattersi a fare varie attività circensi.
«No Fabrì, sul serio.» aveva riso leggermente.
«Madonna mia, ma questi so scemi ma per chi ci hanno preso? Per du ragazzini?» scosse la testa ridendo, preoccupandosi per tutte le figure che avrebbe fatto in quei giorni.

Di figure ne aveva fatte abbastanza, ma anche Ermal non era da meno, nonostante facesse il finto colto.
La giornata era passata veloce tra scherzi e risate.
«Non vedo l'ora di andare a dormire.» aveva sorriso debolmente il riccio affiancando Fabrizio prima di salire in ascensore.
Entrambi si erano precipitati al suo interno in silenzio.
«Puoi venire in camera un secondo, prima di andare a dormire?» aveva chiesto superandolo.
Fabrizio aveva annuito seguendolo verso la sua stanza, era talmente stanco che non si era nemmeno chiesto il perché di quella sua richiesta.
«Devo parlarti di una cosa.» aggiunse aprendo la porta della sua camera.
Fabrizio in modo naturale andò verso la finestra per ammirare il panorama che gli si presentava davanti, era uno spettacolo. Poi si voltò verso Ermal che sistemava la valigia all'angolo della stanza.
«Che dovevi dirmi?» domandò seguendolo con lo sguardo.
«Ah sì, emh.» il riccio aveva camminato a passi svelti verso di lui, accorciando le distanze.
Si posizionò davanti a lui e sorrise leggermente «Non dovevo dirti niente Fabrì.» biascicò prima di far scontrare le labbra con le sue. Le sue mani si piazzarono subito dietro la testa del moro che preso alla sprovvista mugulò sulle sue labbra.
Ermal baciò quelle labbra morbide per due, tre, quattro volte, a stampo senza andare troppo oltre. In tutta risposta, il romano sorrise a quel contatto ed il riccio ebbe lo stimolo per baciarlo nuovamente, con più enfasi. La sua lingua scivolò nella sua bocca e Fabrizio ricambiò per qualche secondo quel gioco di lingue.
Poi si staccò e prese un respiro.
«Dio Ermal..» lo guardò fisso negli occhi «Stiamo esagerando.» sussurrò leggermente prima di chiudere gli occhi per evitare lo sguardo travolgente del riccio.
Li riaprì di scatto, trovandosi due pozzi scuri che scrutavano il suo viso.
«Cazzo.» imprecò osservandolo «L'ultimo Ermal.» disse piano baciando le sue labbra con uno schiocco «L'ultimo.» sussurrò di nuovo prima di avventarsi su di lui, letteralmente.
Gli mise una mano dietro al collo portandolo il più possibile verso di lui e l'altra ad accarezzargli la guancia, Ermal si aggrappò alle sue spalle trasformando quel bacio leggero in uno poco casto, travolgente e fin troppo passionale.

Ecco un nuovo capitolo, spero vi piaccia!
Il prossimo arriverà più presto (spero di farcela) dato che vi ho lasciato un po' con l'amaro in bocca😏  Un bacio😘

In fondo siamo umani. ||MetaMoro.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora